I Miss You: perché i Blink 182 ci ricordano la nostra giovinezza

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I Blink 182 li ricordiamo tutti per le loro canzoni in American Pie, oltre che per le mainstream What’s My Age Again?, All the Small Things e Adam’s Song, che ci hanno accompagnato nella gioventù.

De Longe, Hoppus e Barker sono paragonabili a tre eterni studenti del college, il cui compito principale è divertirsi. Il successo vero e proprio arriva con il disco Enema of state, del ’99, il punk-rock, college rock, e l’alternative, sono la loro caratteristica principale. Ma l’era da collegiali spensierati finisce anche per loro, e cominciano ad indagare, più di quanto avessero fatto fino ad allora, nelle proprie vite. Nel 2003 si chiudono in studio e registrano l’album omonimo, dove si riscontra una ricercatezza maggiore nella musicalità, e i testi sono più emozionali e per una traccia, la numero 12, All of this, compare pure Robert Smith alla voce. Quel Robert Smith, quello dei Cure, fonte di ispirazione per il disco e per l’atmosfera Dark-rock rilasciata da alcuni pezzi, uno fra tutti, I miss you.

I miss you, uscito come singolo nel febbraio 2004, racchiude l’essenza del disco stesso, diretto ed emozionalmente spietato. Il trio, tralascia i distorsori e si da all’acustico, basso, chitarra, batteria (quella è sempre acustica, ma ora più pacata), suonata da Barker con le spazzole, e il pianoforte. Non vanno dimenticati gli archi che discostano il pezzo dallo stile classico dei californiani.

blink-182 - I Miss You (Official Video)

Piccoli grandi cambiamenti verso l’elaborazione e l’ingresso nell’emotività del pubblico stesso, già a partire dall’intro di basso, con ditate lievi che supportano le pennate di chitarra molto leggere e accordi abbastanza ricercati. Il pianoforte aiuta a renderla quasi una colonna sonora di un qualche film, dando un’atmosfera da pioggia alla fermata dell’autobus senza l’ombrello, d’inverno alle sette di sera. Il testo, cantato da Hoppus e De Longe, strofa per strofa, come si evince dal titolo, parla di un lascito, con un ampio paragone al film animato Nightmare Before Christmas, con Jack e Sally, che si muovono nella canzone paragonati ai protagonisti. C’è di mezzo un lascito, un allontanamento esacerbato all’infinito nell’atmosfera dark punk, dove l’angelo dall’incubo del primo verso è quella lei che non c’è più, col paragone appunto a Jack e Sally, festeggiando Halloween il giorno di Natale, sperando che non finisca. E poi la continua ricerca di lei, la fustigazione che l’autore si infligge e la ricerca di quella persona per interrompere il silenzio e l’ansia nella notte, quando pesa di più sul petto, quando toglie le energie, quando non fa sognare e non fa dormire, e si fissano le ragnatele nella stanza.

Infine un imperativo, quello di cambiare e non sprecare il tempo con lui, “sei già la voce dentro la mia testa” ripetuto per sei volte come l’”I miss you” ad libitum, fuso con l’atmosfera spigolosa e ansiogena, ma allo stesso tempo fondamentale per la trasmissione del pathos, aumentato dal violoncello che mantiene la tonalità in Si minore. Fondamentale il tono della voce dei cantanti, quasi sussurrato e sommesso, e a tratti arrabbiato, quasi stanco di subire il flagello della mancanza.

De Longe e Hoppus, interpretano in maniera ineguagliabile il testo, abbandonando il tono da teenager e assumendone uno adulto e maturo, riescono a raggiungere l’obiettivo di saltare il gradino e diventare ancora più grandi di quanto già erano, riuscendo ad essere poliedrici e duttili. Il filmato molto scuro, quasi tetro, e i componenti della band vestiti eleganti con strumenti atipici per il punk rock, come il contrabbasso tra le mani di Hoppus, rigorosamente con le unghie laccate di nero, De Longe appare meno ragazzino del solito. Dietro la batteria di Travis, con la sua tipica cresta di quegli anni, ritma il pezzo. Due ragazze che si baciano e si ricercano in un bosco, e altre immagini dark come un gatto calvo (Canadian Sphinx) e dei ragni grassi oltre che una scena che richiama “La morte di Ophelia” di John Everett Millais, con una ragazza annegata a testa in giù, si frappongono a quelle della band che suona in un clima molto anni 30.

A qualcuno di noi potrà ricordare i tempi delle superiori, quando il compagno di classe depresso per la tipa dei tempi che l’aveva mollato, se la metteva a palla nei primi Ipod, anche se alla fine era depresso perché i Blink si erano separati

La loro storia un po’ la si sa: come detto poco fa, separazione nel 2005, reunion nel 2009, nel 2015 De Longe lascia per seguire progetti paralleli non musicali, e Matt Skiba che lo sostituisce con onore da 5 anni, anche se non è la stessa cosa senza Tom. E alla fine un po’ quei vecchi Blink mancano, nonostante gli ultimi dischi siano a passo coi tempi e oltremodo musicalmente moderni, o forse ci mancano i tempi della gioventù.

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