Pink Floyd: breve storia di un mito che non tramonta mai

Un mito che non tramonta mai. Dai primissimi passi, ancora semiclandestini, datati 1966 a Londra, quando quattro amici destinati a cambiare il corso del Rock, piegando il sound in dimensioni sperimentali, in senso psichedelico.

Capaci di determinare quella rivoluzione in così poco tempo sono Syd Barrett, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright.

Maestosa nella loro illuminata potenza visionaria, i Pink Floyd hanno distillato la carriera con oculata riservatezza per una fama che neppure l’abbandono di Barrett e quello di Waters, seguito dalle fisiologiche dispute legali, avrebbero minacciato. L’apparizione estemporanea al Live 8 è stato un episodio isolato, che non ha condotto a nessuna organica reunion.

Il cinema ha tenuto in gran conto la musica dei Pink Floyd, con un utilizzo spesso oculato e prezioso dei grandi registi. La stessa band sperimenterà il mezzo con un film-documentario Live at Pompei, 1972, spettacolare ripresa di un concerto tra gli scavi archeologici. Poco più che ventenni, i Pink Floyd approdano al disco d’ esordio con una discreta fama guadagnata nell’area underground londinese.

Il pedigree psichedelico di Waters, Wright e Mason, studenti del Politecnico, e di Syd Barrett aggiuntosi al terzetto nel 1966, viene fuori in un album stravagante, The Piper at The Gates of Dawn, fuori dalle mode.

Il padre creativo del progetto è Barrett, che ha capacità evocative e fantastiche fuori dal comune. Le composizioni sono in gran parti strumentali.

Con A Saucerful of Secrets (1967), la formazione rischia subito la crisi a causa dell’ abuso di allucinogeni di Barrett e quindi auto-emarginato.
L’impronta dei Pink Floyd è meno nitida e risente del clima difficile.
Un album con tracce profonde e impetuoso.

Dopo un’incerta esperienza nella colonna sonora dell’omonimo film di Barbet Schroeder, con David Gilmour che rimpiazza ufficialmente il disperso Barrett, i Pink Floyd si concentrano in un doppio album ambizioso ed estremo: Ummagumma (1979).

Metà registrato dal vivo nel giugno del 1969, metà nato in studio, con lunghe improvvisazioni dei singoli membri del gruppo.

Atom Heart Mother (1970), forte della copertina di Storm Thorgerson che resterà radicata nella memoria collettiva del Rock, la mucca pensosa di Hipgnosis. L’album proietta il gruppo tra i grandi della scena internazionale. Visionario e alternativo, un’opera epica grondante di pathos e sinfonica con composizioni che rappresentano un sicuro lasciapassare.

Il gruppo ha ormai connotati molto netti e non sfugge al diritto-dovere di tornare sui propri passi. Meddle (1971) è ancora una lunga composizione che copre un’ intera facciata. Poi Echoes, ipnotica, e tra gli altri, One of These Days. Spazi grandiosi per un Pop-Rock metafisico.

The Dark Side of The Moon (1973) è uno dei massimi successi commerciali della storia del Rock. Anni di presenza ininterrotta nelle classifiche. Ad oggi le copie vendute sono oltre i 45 milioni.

L’album che segna l’ esplosione planetaria dei Pink Floyd è un mix di ingredienti buoni per tutti i palati. Melodie, orizzonti aperti ed effetti speciali.

Wish You Where Here (1975) dedicato fin dal titolo all’ antico compagno dei primordi Syd Barrett. L’album è persuasivo e affascinante. La canzone Shine on You Crazy Diamond è un palese omaggio a Syd.

Si festeggia il decennale e le pile sembrano un po’ scariche. Con Animals (1977), il quartetto punta sui suoni, più che sulle canzoni. Contenuti rimacinati allo stile, ricompattando materiali scovati nel cassetto.

Le suggestioni più cupe dei Pink Floyd si trovano in The Wall (1979). I fantasmi della mente di Roger Waters, si agitano in un doppio album passato alla storia anche per la lettura cinematografica del regista Alan Parker.

Da Another Brick In The Wall a Comfortably Numb. Il fascino del nichilismo.

The Final Cut è l’ultimo capitolo dei Pink Floyd al quale non seguirà nessun tour, pubblicato il 21 marzo 1983, ennesimo concept album incentrato sul sogno del dopoguerra.

Nella copertina c’è scritto “di Roger Waters, eseguito dai Pink Floyd”. Un passato non più ripetibile che sancisce la fine dei Pink Floyd con la formazione al completo.

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