La simbologia de La bella addormentata nel bosco

Posted by

La bella addormentata, meglio conosciuta con il titolo “La bella addormentata nel bosco”, è una delle più famose fiabe della tradizione europea, sviluppatasi nel corso dei secoli in numerose varianti, che affonda radici nel periodo storico indicato come “Basso Medioevo”.  La fonte più antica che, in qualche modo ingloba l’antecedente racconto di Brunilde, l’eroina addormentata inserita nella Saga dei Vichinghi, è considerata il “Roman di Perceforest” del 1340, vicenda ambientata all’epoca dell’annoso conflitto tra Greci e Troiani. La narrazione è incentrata sulla principessa Zellandine che, innamoratasi di Troylus deve affrontare la diffidenza del padre. Questi, infatti, per verificare se il promesso sposo sia degno della figlia, dopo la sua partenza, fa piombare Zellandine in un sonno profondo. Al suo rientro, il principe si unisce all’addormentata durante il sonno, generando un bambino. Sarà il piccolo, al momento della nascita, che risveglierà sua madre, rimuovendo il filo di lino capace di provocare l’incantesimo del sono. Al termine del racconto, Zellandine e Troylus convolano a nozze. 

Di circa tre secoli dopo, precisamente del 1634, è la versione “Sole, Luna e Talia del Pentamerone”, scritta da Giambattista Basile, la prima che può definirsi una vera e propria fiaba sul tema. In tale narrazione, il sonno non si presenta quale risultato di un incantesimo, ma di una profezia: il principe stupra la principessa ed uno dei figli, generati dalla violenta unione, provvede a risvegliarla. Si tratta di una storia molto diversa da quella che sarà composta, qualche decennio dopo, da Charles Perrault, con il titolo ancora oggi in voga, “La belle au bois dormant”. Il racconto trae spunto da quello di Basile, ma con notevoli edulcorazioni. Perrault cercò di rimuovere gli elementi più conturbanti, esaltando, invece, valori etici allora considerati fondamentali per una donna, come la pazienza e la passività. Abbastanza simile al contenuto della fiaba di Perrault, è quello della narrazione del 1812, Rosaspina, compresa nel Kinder und Hausmarchen dei fratelli Grimm. Quest’ultima è anche quella maggiormente somigliante alla versione moderna e resa nota al grande pubblico, attraverso la produzione cinematografica Disney.

Non mancano ulteriori tradizioni che possono aver influenzato l’intreccio della trama della “Bella addormentata”. Tra queste, in particolare, menziono l’antica credenza scandinava sulle “norne”, una sorta di maghe capaci di predire il “destino”, alla venerazione delle quali dovevano rinunciare tutti coloro che si convertivano al Cristianesimo. In alcune storie, come quella di Norna-Gestr, si racconta che erano state invitate tre di queste indovine ad un banchetto che doveva celebrare la nascita di un piccolo nobile. Una di queste, irritata perché era poco considerata, avrebbe lanciato una terribile maledizione sul bimbo. L’intreccio può aver ispirato i personaggi di Malefica e delle tre fatine buone nelle versioni più moderne della fiaba di cui ci stiamo occupando.

Per meglio trattarne, in seguito, la simbologia, ritengo opportuno ripercorrere i punti salienti della trama, così come riportata nella popolare versione Disney. Alla festa di battesimo della tanto attesa figlioletta, concepita in età avanzata, un re ed una regina di chiara iconografia europea invitano tutte le fate del regno, affinchè possano onorare la pargola, arricchendola di importanti doni spirituali. In particolare, tre di queste vengono scelte come madrine, regalando alla piccola la bellezza ed il talento del canto. Al momento del terzo dono, sopraggiunge Malefica, una fata malvagia che infligge alla bambina una maledizione, offesa per non essere stata inclusa tra gli invitati. La maledizione è tremenda: la principessina è destinata a morire il giorno del sedicesimo compleanno, pungendosi con un arcolaio. La terza madrina, che non è riuscita a manifestare il proprio dono, non ha la capacità per annullare la maledizione, ma la mitiga, trasformandola in un sonno profondo che può portare al risveglio, solo con il bacio del vero amore. Le tre madrine, per la verità, nella versione Disney, sono descritte con tratti divertenti ed, in alcuni casi, perfino ridicoli, mentre Malefica è, senza dubbio, il personaggio più riuscito dell’intera vicenda, prestandosi, come vedremo successivamente, a reinterpretazioni recenti ardite ed interessanti. 

Il re, allora, fa distruggere tutti gli arcolai del regno e acconsente a malincuore in accordo con la moglie, a mandare la bambina a vivere con le tre fate madrine in una casetta situata in un luogo segreto nel bosco, fino al compimento del sedicesimo anno di età. La principessa cresce in grazia e bellezza e, durante una passeggiata nel bosco, si innamora di un ragazzo che, soltanto molto tempo dopo, scoprirà essere il principe Filippo, al quale era stata promessa come sposa fin dalla nascita. Malefica, intanto, la cerca invano per quei lunghi anni, ma quando si arriva al giorno del sedicesimo compleanno, grazie all’aiuto del fidato ed astuto corvo, scopre l’inganno orchestrato dalle tre fatine ed, approfittando del suo ritorno al castello, attira la fanciulla nella stanza di una torre e la fa pungere con l’arcolaio. A quel punto il triste destino si è compiuto. Consapevole del contro-incantesimo perpetrato da una delle tre fate, Malefica fa catturare il principe, per evitare che questi, con il suo bacio, desti la principessa dal sonno perpetuo. Ma il coraggioso ed innamorato principe, con l’aiuto un po’ maldestro delle fatine, riuscirà a fuggire ed a sconfiggere la terribile Malefica che, come ultimo tentativo, si trasforma in un imponente drago. La vicenda si conclude con il bacio del vero amore che rompe l’incantesimo e con le nozze dei due giovani che, finalmente, scoprono la loro vera identità.

Alcuni autori hanno voluto sottolineare gli importanti riferimenti psicoanalitici sottesi nel racconto della “Bella addormentata nel bosco”. In particolare, Bruno Bettelheim scorge in questa fiaba la descrizione di un vero e proprio percorso iniziatico, come se si volesse preparare i bambini ad affrontare i cambiamenti che inevitabilmente interverranno con la crescita fisica e psicologica. Nonostante tutte le precauzioni prese dai genitori, la principessa “si punge” sanguinando, con esplicita allusione alla prima mestruazione che avviene durante la pubertà. Scossa da questa sconvolgente esperienza, la ragazza piomba in uno stato di torpore che, nella fiaba, assume i contorni di un sonno profondo. La principessa Aurora non a caso è chiamata in altre versioni Rosaspina, con chiaro riferimento ai rovi della foresta che la proteggono durante il lungo sonno. Soltanto quando la bella addormentata avrà raggiunto anche la maturità emotiva, oltre a quella fisica, sarà pronta per l’amore, la sessualità ed il matrimonio, dopo il bacio simbolico e liberatorio del principe. Questo gesto, inoltre, può rappresentare la rottura dell’incantesimo del narcisismo, rendendo la fanciulla giudiziosa e socievole. Con il bacio del principe avviene l’incontro tra due opposte, ma complementari, energie: quella femminile, addormentata e sopita con quella maschile, viva e rigenerante. Si può paragonare il principe al sole primaverile che vivifica la natura dormiente dopo la lunga stagione invernale. In maniera trasfigurata la fiaba ci riporta a ciò che accade nell’esistenza di numerosi esseri umani, quando si passa da una fase priva di consapevolezza, che porta tristezza e sofferenza, ad una nuova vita di luce e di speranza. Quando non si decide di intraprendere la via del risveglio, la disperazione e l’angoscia conducono al sonno profondo dell’anima che giace in uno stato di isolamento rispetto agli impulsi del mondo circostante. Al termine della vicenda, i due giovani si sposano, incarnando lo spirito delle “nozze alchemiche”, quel particolare tipo di magia spirituale in grado di trasformare ogni cosa.

Molto interessante è la spiegazione di Marie Louise Von Franz, una celebre psicoanalista di nazionalità svizzera, allieva di Jung. Secondo la studiosa, che ha analizzato in maniera approfondita i simboli di molte fiabe, la figura di Rosaspina/Aurora indicherebbe il prototipo di una fanciulla colpita da una figura materna in qualche modo ostile. Sotto il profilo psicologico, infatti, una madre che si comporterà in maniera fredda e distaccata con la propria figlia, punendola anche con frasi che feriscono, ne determinerà una crescita difficile e tormentata. La bambina/adolescente, di conseguenza, non riuscirà a vivere in pieno e con serenità la propria femminilità che, in qualche modo, resterà addormentata. Nella fiaba la parte materna cattiva e disfunzionale, quel comportamento cioè che diventa negativo per la figlia, prendere forma nel personaggio della fata malvagia. In tale contesto, le energie creative della fanciulla rimarrebbero come bloccate, potendosi “risvegliare” soltanto dopo un profondo percorso psicologico in grado di aiutarla. Nella versione in cui figura il nome di Rosaspina, il tempo adeguato per il “risveglio” è indicato simbolicamente in “cento anni”. Al contrario, l’aspetto materno buono e favorevole alla crescita spirituale della donzella è rappresentato dalle fatine buone che, grazie al loro supporto costante e tenace, non solo mitigano la “maledizione” della strega malvagia, ma riescono a condurla verso il risveglio definitivo. Nel complesso, appare evidente come il “sonno” stia ad indicare il tempo durante il quale la giovane non vive a pieno la propria personalità femminile.

Non può sfuggire come il nome di Rosaspina richiami per assonanza la misteriosa organizzazione dei Rosacroce. La “spina” possedeva un profondo significato simbolico per i Templari, in quanto era associata alla corona di spine di Gesù Cristo. Alla stessa madre di Gesù si riconosceva il titolo di “Giglio tra le spine”, con riferimento anche ad un passo del Cantico dei Cantici, uno dei libri più controversi dell’Antico Testamento biblico. A ciò si aggiunge una criptica frase attribuita al mitico Mago Merlino, emblema della saggezza druidica: “la spada è la spina dorsale del drago”.  La rosa, poi, implica una moltitudine di arcani valori simbolici di carattere esoterico, come la morte, il sacrificio e l’assoluta segretezza. In svariati riti iniziatici di società occulte, ancora oggi diffuse, si lasciava una rosa sul tavolo principale, situato nel luogo dove si teneva la riunione, ad indicare la necessità di osservare il riserbo più totale, pena l’esclusione o, nei casi più gravi, anche l’eliminazione fisica dell’inadempiente. La rosa è diventata, col tempo, anche un significativo espediente linguistico e semantico, come riportato da Umberto Eco nel fortunato romanzo “Il nome della rosa”: stat rosa pristina nomine nomina tenemus (“la rosa esiste solo nel nome e il nome che possediamo è nudo”).

La fiaba della “bella addormentata nel bosco” può essere letta anche in chiave cosmologica, come la metafora dell’addormentarsi della terra in inverno in attesa del risveglio primaverile. Il principe rappresenta appunto la primavera che, con il suo bacio, risveglia la principessa. Non bisogna dimenticare che il bacio è adoperato come simbolo di comunicazione tra l’interno e l’esterno, con particolare riferimento ad una forma di affinità spirituale. In alcuni contesti lo scambio del bacio può assumere il significato di scelta di sottomissione all’autorità divina, nonché diffuso in alcuni circoli di esoteristi come emblema di trasferimento dell’anima fra gli iniziati.

Nella vicenda di “sleeping beauty”, la visione dello scorrere del tempo è essenziale.   Dapprima si assiste ad un’Aurora che vive la sua crescita spensierata, mentre tutti coloro che la circondano vivono nel terrore che la tremenda maledizione si possa avverare. Poi Aurora cade in un sonno profondo che, in maniera trasfigurata, può essere concepito come una sorta di sospensione della propria esistenza.

Anche la numerologia assume un significato pregnante nell’intreccio della trama, come lo stesso numero 16, indicato come l’età da raggiungere, affinchè la maledizione della fata malvagia si verifichi. Il numero 16 corrisponde alla “Torre” degli Arcani maggiori dei tarocchi che implica la punizione dell’orgoglio e della presunzione, ma la somma delle due cifre (6+1) equivale a 7, il numero dell’armonia e della perfezione.  Il nome Aurora, quello adoperato per la principessa nella popolare versione Disney, è associato al numero 5 che simboleggia la creatività, la libertà di scelta e la curiosità di conoscere la natura, culminante nella tradizionale quintessenza, l’etere, che gli Antichi intravedevano oltre i quattro consueti elementi cosmologici: fuoco, terra, aria e acqua.

Nel 2014 abbiamo assistito ad un capovolgimento dell’intreccio presentato nella versione tradizionale di Sleeping beauty. Malefica è presentata come una creatura tormentata, in origine buona e bellissima con ali grandi e possenti, che abitava nel pacifico regno della brughiera, con altri esseri fantastici che vivevano in perfetta armonia con la natura. All’età di 16 anni, Malefica si innamora perdutamente dell’umano Stefano, dopo aver coltivato con lui una tenera amicizia fin dall’infanzia, suggellando il profondo sentimento con il bacio del vero amore. Ma Stefano sparisce, diventa un importante dignitario del re, che da sempre è in lotta con il regno fatato. Il sovrano promette di cedere il trono a colui che ucciderà Malefica, divenuta la paladina delle creature del bosco. Stefano inganna la sua innamorata e, durante la notte, quando lei dorme fra le sue braccia, cerca di ucciderla, ma non ha il coraggio di compiere fino in fondo la sua turpe azione. Ed allora escogita qualcosa di più vile ed umiliante, le taglia le grandi ali, per portare al re la prova della sua impresa.  Al risveglio, Malefica impazzisce dal dolore  per il tradimento e per la delusione subita, erigendo una barriera di rovi per impedire qualsiasi contatto tra il regno degli umani e la brughiera. Quando Malefica apprende la notizia della nascita della piccola Aurora e della cerimonia del suo battesimo, si presenta al castello reale a sorpresa, imponendosi con la sua magnetica personalità, interpretata da una splendida Angelina Jolie. A questo punto la fata, divenuta malvagia, scaglia la  maledizione narrata nella fiaba tradizionale. Tuttavia, è lei stessa a concedere una possibilità di salvezza, dopo le suppliche di re Stefano: il bacio del vero amore potrà svegliarla, anche perché, dopo la sua cocente delusione, non crede più in un sentimento così puro. Il seguito è più o meno simile alla narrazione disneyniana. Ma qui, Malefica segue da vicino la vita di Aurora che, intravedendola, le mostra subito affetto e dolcezza. Allora il cuore della triste fata comincia a provare sentimenti di amore nei confronti di Aurora, proteggendola dai pericoli e sopperendo all’incapacità delle tre fatine. Il tempo passa e la vicenda giunge al giorno del sedicesimo compleanno di Aurora, mentre Malefica è presa dal rimorso e cerca in tutti i modi di scongiurare l’incantesimo che dovrà colpire la principessa. E’ lei stessa che condurrà un goffo Filippo al castello per baciare la bella addormentata, ma il gesto non sortisce alcun effetto ed Aurora rimane adagiata esanime sul letto. Malefica è allora consumata dal pentimento e la bacia, dopo aver promesso di portarla per sempre nel suo cuore. Allora la principessa si sveglia, ad indicare che il materno bacio della fata nera rappresenta il vero amore. Significativa è la voce narrante che, nel finale, annuncia che il regno degli umani e il regno delle fate erano stati di nuovo riuniti non da un eroe o da un personaggio cattivo, ma da Malefica che racchiudeva in sé entrambe le personalità, la parte luminosa e quella oscura.

Nel 2019 viene proposto il sequel, con Aurora che, dopo la riunione dei due regni, è diventata la regina incontrastata della brughiera, difesa strenuamente da Malefica, mentre avidi bracconieri rapiscono alcune creature fatate per scopi che saranno svelati nel corso del film. La vita incantata è interrotta, quando il principe Filippo chiede la mano di Aurora, contro la volontà di Malefica che nutre forti sospetti nei confronti della specie umana. Il seguito della vicenda vedrà di fronte Malefica, ancora considerata dagli umani una perfida strega ed interpretata di nuovo da Angelina Jolie, e la regina Ingrith, algida ed austera, in un’inedita performance della sempreverde Michelle Pfeiffer. In estrema sintesi, la fiaba ci presenta, in maniera metaforica, tutto ciò che nel nostro inconscio può essersi inaridito, sopito ed addormentato, rinchiuso nel sonno della mancanza, in assenza di amore e di un preciso senso ontologico. Il bacio del principe indica quell’ultimo tratto di un difficile percorso di luce e di completezza che ciascuno deve percorrere per trasformarsi in meglio. La Bella Addormentata, anche rimaneggiata in versione dark e noir, è una fiaba di speranza e di rinascita, che insegna, però, ad inseguire soluzioni felici che devono essere guadagnate sul campo e mai donate, dopo sofferenze e lunghi periodi di sonno esistenziale.