The Ballad of Darren è l’album più introspettivo dei Blur

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Esce oggi The Ballad of Darren, l’ultimo album dei Blur a distanza di quasi un decennio dall’ultimo loro lavoro. Diciamo subito che questo album è il più emozionante del gruppo, quello più introspettivo, riflessivo e poetico. Nei brani, i Blur cantano la loro età, la loro visione del mondo dal punto di vista di cinquantenni, ormai maturi, che riflettono sulla fragilità della vita e dei rapporti.

Attenzione, non sono i Blur che vi aspettate. Non ci sono una Boys & Girls, una Country House e nemmeno una Song 2. Parliamo in larga parte di racconti malinconici ma non mi fraintendete: non è un disco per depressi, anzi. Albarn ha un modo tutto suo di cantare la malinconia e non è roba che si può ascoltare in auto con gli amici aspettando potenti riff da due accordi. Dovete ascoltare l’album in cuffia, magari con i superbi testi sottomano; d’altronde ci vuole un minimo di concentrazione per entrare nel mondo fantastico che sono stati in grado di creare. E in un mondo musicale di banalità spacciate per idee geniali, non c’è dubbio che i Blur sappiano ancora come si scrivono e registrano canzoni vere in grado di emozionare e di farci riflettere.

C’è una domanda che serpeggia in tutto il lavoro: perché tutto svanisce? O meglio, forse la maturità è proprio capire che non dovremo chiederci perché tutto svanisce? Nei brani che si susseguono si delinea un percorso di crescita spirituale, di accettazione per non sentirsi più smarriti nel mondo perché tutti abbiamo un posto in cui stare, dove trovare equilibrio. Damon ha trovato questo luogo nella sua casa nel Devon, in cui a volte si esilia. Ce ne parla nel brano Avalon.

The Ballad of Darren è un disco grandioso sul tempo che passa e sulla perdita di qualcosa, di qualcuno, che sia una partner da cui ti separi o un amico che muore. Lo si capisce dalle prime parole che si sentono: “Ho guardato nella mia vita e l’unica cosa che ho visto è che non tornerai”. Il disco è un inventario accurato di vita, di morte, di amori finiti, di amori vissuti, di connessioni e disconnessioni in cui tutti siamo immersi tanto che in Barbaric il protagonista si chiede se “hai avuto tempo di parlare con te stessa di ciò che questa rottura m’ha fatto” e in Russian Strings chiede “tornerai da noi? Sei online? Sei di nuovo contattabile?”.

The Ballad of Darren è profondo come il mare e come è profondo il mistero della vita che forse è vero, riusciamo a intuire solo da una certa età. Lo aveva capito Dante, nel mezzo del cammin di nostra vita… forse lo hanno capito i Blur e ce lo raccontano in questo lavoro che lascia il segno.

Un viaggio esplorativo della precarietà umana dove alla fine invece del vuoto resta una strana, confortante sensazione di serenità.