Il simbolismo della Venere degli stracci a Napoli

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L’installazione a Napoli della Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto era e sarà un’opera esteticamente bellissima, più bella delle altre installazioni della stessa opera. Per il contrasto di colori, maggiore che nelle altre esposizioni. Per l’altezza superiore che riempie la piazza del Municipio. Per la sua modernità in una piazza storica ma attualizzata dalla nostra presenza, dal via vai dei turisti, dalle auto che la circondano lungo i percorsi verso il centro.

L’opera attrae non solo per il contesto in cui è collocata ma anche per il contrasto dei due elementi che la compongono e la rendono affascinante. La statua bianca che rappresenta Venere ed il mucchio di stracci colorati. Questi due elementi se visti separati, valgono esteticamente molto meno della metà dell’opera. Però l’avvicinamento, il contrasto nell’opera fa sì che le due parti acquistino un significato evocativo.

Da una parte la Bellezza incantata, il sogno, l’utopia, la purezza, l’anelito nascosto e personale, con l’arte neoclassica che ne rappresenta il mito. Ancor più perché nell’arte classica antica le sue statue non erano bianche, erano decorate. L’arte neoclassica rappresenta ancor più il sogno lontano dalla realtà, il mito, la poesia che nasce da una ipotesi.

Dall’altra parte ci sono i residui della ricchezza tecnologica, della produzione seriale, multicolore, con materiali che fino a poco tempo fa erano avveniristici, di certo consumistica, che comunque appartiene alla nostra società. Questa parte ci rimanda al luogo di acquisti, che è anche il luogo dell’agire nostro, delle connessioni internazionali, dei rapporti economici. “Stracci”, fatti in materiale più diversificato che viaggiano per il mondo e ci hanno sedotto, suasi.

L’opera mostra l’ambivalenza della società di oggi, l’anelito puro e l’emblema della eccitazione frenetica moderna. E meglio ancora i capisaldi culturali ed i residui confusi di frasi, concetti senza approfondimento che riempiono ed invadono la nostra quotidianità.

Entrambe le sfere ci appartengono, ci attraggono, ci rappresentano. Ci storicizzano.

La Venere del Pistoletto è quindi la fotografia più immediata della società di oggi, la più moderna, anche la più europea.

L’ Arte Povera nacque in Italia, dalla società occidentale, dalla sua sensibilità europea, e fu la risposta alla Pop Art americana, che esaltava il lato glamour miracoloso, iconico della produzione e della comunicazione di massa, ma anche il loro spirito democratico e liberatorio dalla società precedente. La Pop Art era allora una foto incredibile della società moderna ed americana specificatamente.

La Venere del Pistoletto, con le sue immagini comuni e di larga produzione, con i suoi materiali è in questo senso l’opera dell’Arte Povera più Pop che sia mai stata realizzata. Richiama la sensibilità europea, più ancorata al passato, sotto certo aspetti più nostalgica, incapace di creare tutto da zero, forse più sofferta, meno esaltata, meno rivolta all’oggi , meno decisionista.

Questa opera moderna sta quindi bene a Napoli, che vide il creatore della Pop Art, Andy Wharol comprenderne il lato libero, democratico, ironico, figlia di una cultura da melting pot millenaria. Unica città di Italia a cui dedicò opere.

Queste installazioni a Napoli devono continuare, possono trasferire alla città una nuova confidenza di sé, per riacquistare una centralità culturale smarrita, internazionale e che per sua natura storica ed ancestrale è sempre pronta ad accogliere.

Un’ultima considerazione sull’installazione di Napoli, bruciata pochi giorni fa, tra i connotati distintivi è l’unica in cui la testa si può vedere frontalmente e sporgere dai rifiuti. Segno di supremazia dei nostri aneliti, su tutto.