Droghe digitali sonore e suoni binaurali: ecco cosa sono

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Con il trascorrere del tempo e con lo sviluppo sempre maggiore della tecnologia, le persone hanno scoperto nuovi metodi per “rilassarsi” ed alterare i propri stati mentali. Facilmente reperibili in rete, le “droghe sonore” rappresentano un fenomeno sempre più diffuso. Sono nate anche delle applicazioni che dispensano “dosi” di queste “droghe digitali”.

In uno studio pubblicato su “Drug and Alcohol Review”, gli esperti hanno analizzato come l’utilizzo di determinati suoni digitali possa generare gli stessi effetti dell’assunzione di vere e proprie sostanze psicotrope. In questo caso non sono droghe da inalare né iniettare ma solo da ascoltate. Nel sondaggio è apparso che oltre il 5% delle persone intervistate ha utilizzato nell’ultimo anno in particolare i suoni binaurali, al fine di modificare le proprie condizioni mentali e fisiche, ad esempio per abbattere un dolore, potenziare la memoria o semplicemente per lenire stati di ansia e depressione. Non è una novità. Questi suoni sono utilizzati ampiamente e da tempo dalla moderna musicoterapia. Chiaramente, come tutte le cose, il loro ascolto deve essere moderato e controllato. Molte persone ne hanno, però, volutamente abusato per indursi vere e proprie “estasi”.

“Sappiamo ancora poco sull’utilizzo dei battiti binaurali come droghe digitali“, spiega l’autrice della ricerca Monica Barratt, della RMIT University in Australia.

Ma di cosa parliamo? L’orecchio umano è in grado di ascoltare un suono solo se la sua frequenza è compresa tra i 20 e i 20.000 Hertz. In realtà non tutte le persone sono in grado di udire in un intervallo cosi ampio, molto spesso la massima frequenza che riusciamo a percepire non è maggiore di 16.000 Hz. In ogni caso, resta un ampio spettro di frequenze inaccessibile al nostro orecchio. Eppure alcune di quelle frequenze posso avere effetti benefici sull’essere umano, specialmente quelle molto basse che facilitano lo stato di rilassamento del cervello umano, proprio perché lo inducono a sincronizzarsi in quei range di frequenza che sono tipici della fase di sonno o di meditazione. Ascoltando delle frequenze a 7 Hz, ad esempio, faciliteremmo il nostro cervello nel favorire la meditazione stessa e le esperienze oniriche.

Il problema però è che, come già detto, l’orecchio umano è impossibilitato a percepire queste frequenze. Esiste un “trucco” per fare in modo che il nostro cervello riesca ad ascoltare tali frequenze. Le “Binaural Beats” sono state scoperte nel 1839 dal tedesco H. W. Dove. L’espediente consiste nel creare due suoni con frequenze distinte, entrambe udibili dall’orecchio umano, lasciando però fra una frequenza e l’altra un margine rappresentato proprio dalla frequenza binaurale che si vuole riprodurre. Se volessimo creare una binaurale a 7 Hz potremmo ascoltare attraverso gli auricolari un suono di 300 Hz nell’orecchio sinistro e magari 307 in quello destro. Fra 300 e 307 c’è un margine di 7 Hz. In questo modo l’orecchio percepirà entrambi i suoni (perché non sono inferiori ai 20 Hz) ma, essendo il distacco fra una frequenza e l’altra molto breve, il cervello verrà “ingannato” e sentirà proprio la frequenza che a noi serve.

Di seguito un brano composto proprio sfruttando i toni binaurali. Indossare le cuffie è obbligatorio in questo tipo di ascolto.

binaural beats

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