Hitler contro Picasso e gli altri: l’ossessione nazista per l’arte

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Hitler Contro Picasso e gli Altri, il docufilm prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte, e la partecipazione straordinaria di Toni Servillo, è stato premiato come Miglior Film Evento sull’Arte in occasione dei Nastri D’argento 2019. Il premio è stato assegnato al regista Claudio Poli e all’autore della colonna sonora Remo Anzovino, che ha ricevuto anche una menzione speciale nella sezione “La musica nell’Arte”. Il regista con questo documentario vuole descrivere una delle tante attività illecite di Hitler e dei suoi collaboratori nel collezionare l’arte e nell’uso distorto ai fini propagandistici. La Germania negli anni trenta, aveva già raccolto un’enorme quantità di opere d’arte, tra pitture, sculture, arazzi, mobilia e suppellettili sequestrate in vari musei, case private e in gallerie di collezionisti ebrei. E molte di queste opere moderniste, non erano considerate in linea con l’idea di bellezza del nazismo, così vennero classificate come arte degenerata e bolscevica.

Hitler sosteneva che il modernismo corrompesse la società, e chiunque sostenesse tale arte, come gli intellettuali ebrei, contribuiva al disfacimento della società. E anche da qui che si evince come l’arte fosse considerato uno strumento importante per l’ideologia nazista. Per il Führer era intollerabile, provocatorio e scomodo, perché il fine dell’arte doveva essere una via di uscita dal dolore e non un confronto. Così, il nazismo costruì un’arte di regime con l’obiettivo di influenzare le masse, prendendo spunto dal pensiero platonico che affermava come l’arte appartiene alla società e non solo ne riflette l’agitazione, ma la promuove (il controllo delle forme artistiche non è una novità dei regimi autoritari, come successe anche tra comunismo russo e produzione artistica, fino ad arrivare a tentativi coraggiosi di eludere la censura come quello di Eisenstein). Uno degli obiettivi principali di Hitler consisteva infatti nell’elevare la cultura germanica. Questo causava una limitazione drastica delle influenze straniere, e incentivava l’invio di molti pittori, scultori, orchestre e compagnie tedesche all’estero, affinché i grandi traguardi raggiunti dalla cultura ariana fossero evidenti in tutto il mondo.

Non solo, nel 1933 i funzionari del partito si liberarono dei precedenti direttori e curatori di musei per sostituirli con persone vicine all’ideologia nazista. Dopo, il controllo delle esposizioni era divenuto assoluto e di conseguenza le collezioni di arte moderna vennero del tutto requisite. Hitler, per confermare la nuova linea artistica tedesca da seguire, organizzò una mostra da primato con un milione di visitatori solo nel primo mese, incoraggiati anche dall’ingresso gratuito imposto affinché il pubblico potesse imparare a disprezzarla. Un tour che toccò dodici città, rimanendo a tutt’oggi la più visitata della storia. Contemporaneamente fu organizzata una Grande Esposizione di Arte Germanica che rappresentasse la pura razza ariana, in un insieme di opere classiche e neoclassiche.

HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI. L'ossessione nazista per l'arte. Al cinema il 13 e il 14 marzo.

Dietro a tutto questo si nascondeva un business spietato più che un disinteressato culto dell’arte e della bellezza. Misero in moto una macchina diabolica con la compravendita di opere d’arte e un rastrellamento sistematico dei più illustri capolavori, in parte utilizzati per alimentare le collezioni personali degli alti gerarchi nazisti, in parte adoperati per finanziare le casse del Reich. Proprio su questo il regista ha voluto ricostruire le legittime richieste dei proprietari, generalmente ebrei, depredati delle loro opere dal regime nazista.

Nel docufilm scopriremo anche come Hitler sia riuscito ad asservire l’arte alla sua ideologia, rendendola parte integrante e rilevante della sua propaganda politica. Fiutando il potenziale emotivo dei simboli contenuti nelle opere d’arte, se ne servì sfruttando le sue esperienze in ambito artistico per concepire simboli come la famosa svastica nazista.

La svastica, già nota nell’antichità (soprattutto in Oriente), era legata all’astrologia, e poi fu ripresa in epoca medievale, raffigurata sopra la testa di un ebreo, forse usuraio o mercante in una miniatura del XIII secolo appartenente alle Cantigas de Santa Maria di Alfonso X, detto il Saggio. La svastica era già in uso nella Germania meridionale come segno rappresentativo della destra. Il Führer la modificò ruotando di 45 gradi in senso orario e riprese i colori originali, attribuendo ad ognuno di esso un significato: il rosso per stabilire la comunicazione con le masse, il bianco come simbolo patriottico, il nero quale colore demagogico per esaltare la razza ariana.

Da non sottovalutare anche l’innato senso teatrale del dittatore tanto che si è parlato di teatro-crazia hitleriana che si manifestava attraverso la sapiente adozione di luci, musica e molti altri artifici tecnici che venivano ampiamente utilizzati nell’organizzazione di comizi e apparizioni in pubblico.

Ma l’ossessione nazista per l’arte non finiva solo qui. Con il conseguimento dei successi militari, i tedeschi poterono mettere le mani su una quantità enorme di opere d’arte anche da paesi come la Francia e l’Olanda,. Inoltre, si impossessavano di varie collezioni private, appartenenti a famiglie ebraiche che venivano deportate o altre volte promettendo loro un visto per paesi in cui avrebbero potuto vivere in tranquillità. Si calcola che siano state sequestrate più di 5 milioni di opere d’arte in tutta Europa.

Nel documentario molti giornalisti, scrittori, storici ed esperti d’arte vengono intervistati sull’argomento, e sugli eredi che stanno compiendo una battaglia legale per farsi restituire le opere derubate. I fatti vengono narrati in maniera approfondita, svelandoci aspetti legati all’opera d’arte che vanno al di là del pregio o del valore. Nella storia molti dei capolavori prodotti dall’uomo sono stati rubati, dal singolo o dal conquistatore di turno. L’arte è una creazione che attrae sempre non solo per la sua bellezza ma per il suo potere seduttivo, comunicativo, sociologico e politico. Picasso, ha detto: “la pittura è uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico”.

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