Jim e Andy: l’eccezionale storia di come Jim Carrey si trasformò nel suo idolo

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Presentato fuori concorso alla 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, prodotto da Vice e distribuito da Netflix, Jim e Andy, sancisce il ritorno – se così potremmo definirlo – di Jim Carrey sullo piccolo (grande) schermo. In questa sorta di documentario anarchico vedremo una serie d’immagini di repertorio – fatte registrare appositamente dall’attore stesso – durante l’esperienza sul set di Man on the Moon, pellicola dove interpreta magistralmente Andy Kaufman, ciò che vedremo – a distanza di vent’anni – sarà un vero e proprio scambio d’identità tra l’attore canadese e il defunto showman americano. Un lavoro attoriale che ha pochi precedenti nel mondo del cinema (no, aumenti e diminuzioni del peso di Christian Bale sono niente in confronto).

Jim e Andy | Trailer ufficiale | Netflix Italia

Si sa, su Jim Carrey, sulla sua depressione e sul suicidio della ex fidanzata Cathriona White se ne son dette di tutti i colori: speculazioni di ogni sorta, paura e preoccupazioni per la salute dell’attore sono stati i temi protagonisti di molti siti e riviste specializzate del settore considerando anche i fattori principali di queste teorie: l’assenza dal grande schermo, le condizioni bizzarre in cui si mostrava (raramente) in pubblico; come non pensare alla barba lunghissima mostrata negli ultimi anni? Da Una settimana da Dio Una trasformazione in Dio il passo è sembrato breve. Ed è proprio – trasformazione – il vocabolo da cui dobbiamo iniziare per parlare della filosofia di pensiero – cripticamente condensata in questo documentario – del più versatile attore vivente. Troppo spesso (ed ingiustamente) etichettato come una maschera comica e nulla più, un burlone, scemo e più scemo, Jim Carrey è riuscito invece a smentire tutti i suoi “detrattori” con prove attoriali dove interpreta l’altro lato della maschera – quella tragica – come Eternal sunshine of the spotless mind, The Truman Show e specialmente Man on the Moon che – nonostante gli sia valsa la vittoria come miglior attore protagonista ai Golden Globe – viene troppo spesso messo da parte.

L’uomo sulla luna, Andy Kaufman. Personalità eccentrica, l’anticomico come preferiva definirsi, protagonista di alcune tra le più grandi gag e prese in giro della televisione statunitense, il suo vasto repertorio comprendeva le più svariate maschere: Latka lo straniero nella sit-com Taxi, Mighty Mouse, Tony Clifton. E poi se a qualcuno non interessava la sua comicità – o gli si chiedeva a gran voce l’esibizione in uno dei personaggi da lui creati – rispondeva leggendo per intero Il Grande Gatsby. Sì, per intero. Giusto per farvi un’idea di chi era Andy Kaufman, un uomo che andava oltre la semplice apparizione in TV, un rivoluzionario nell’uso che ne faceva del medium, anche per questo sempre condividere quel qualcosa in più, quell’essere chi non si è realmente con Jim Carrey (che certamente a Kaufman si ispira). Quest’ultimo, Carrey, dopo aver raggiunto il successo planetario con il trittico di film della consacrazione (The Mask, Ace Ventura, Scemo e più scemo) vuole a tutti i costi interpretare la pellicola biografica del suo idolo (possiede anche due conga appartenute a Kaufman, che presentano anche qualche macchiolina di sangue dello stesso), diretta da Miloš Forman. Non basta il successo planetario, Hollywood non fa sconti e la parte va sudata. È quindi necessario tenere un provino che – nonostante l’iniziale ostilità del regista a scritturare Jim – si rivelerà l’inizio della trasformazione. Jim Carrey è sparito e nessuno ha più notizie di lui, nel frattempo Andy Kaufman sembra essere tornato in circolazione.

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Man on the Moon è un film del 1999, ma solo recentemente sono usciti fuori i dietro le quinte della lavorazione sul set, finora custoditi dallo stesso Carrey. Il prezioso materiale, per scelta del protagonista, venne girato interamente dalla moglie di Kaufman e dal suo fido aiutante e autore Bob Zmuda. Dopo quasi vent’anni, in Jim e Andy, assistiamo alla testimonianza filmata dello scambio di personalità avvenuto sul set: Carrey smise di essere Carrey e diventò a pieno regime Andy Kaufman, non uscendo mai un momento dal personaggio: parlava come lui, pensava come lui, addirittura scatenando le ire di chi doveva lavorarci a stretto contatto, visto anche il carattere provocatorio. Proprio come Kaufman, Carrey riuscì a mescolare realtà e finzione: qualcosa di trascendentale, una reincarnazione testimoniata, o quasi. Per citarne una: quando – troppo calato nella parte – Carrey/Andy provoca sul serio il wrestler Jerry “The King” Lawler, interprete di se stesso nel film, le prende di santa ragione (finendo sui TG nazionali). Poi quando quando c’era da interpretare Tony Clifton, uno dei personaggi più controversi creati da Kaufman insieme all’amico Zmuda, Carrey si immerse totalmente nella parte: beveva fino a svenire ubriaco, fumava senza sosta e insultava chiunque senza distinzione: persino il regista stesso dovette subire le angherie del tremendo Tony Clifton. Infine riuscì anche a “sostituirsi”, per un gesto alquanto nobile, al vero Andy; questo episodio lo racconta commuovendosi a più riprese, durante l’intervista, Jim Carrey: la figlia illegittima avuta da Kaufman al di fuori del matrimonio, che non incontrò mai il padre prima della sua scomparsa prematura di lui avvenuta per un tumore ai polmoni, venne accolta dall’attore canadese che gli diede la sensazione di essere proprio il defunto padreEpisodi come questo furono all’ordine del giorno sul set: anche i veri genitori di Andy affermarono di essersi convinti che quello che avevano davanti era il figlio: gesti, movenze e comportamento erano proprio quelli originali dell’eccentrico talento Kaufmaniano.

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Tony Clifton interpretato da Jim Carrey

Ed il vero Jim Carrey, dov’era finito? Ce lo racconta proprio lui negli spezzoni dell’intervista – a tratti così informale – che quasi certo è il divagare verso altri temi come la religione e qualche pensierio sparso. Il risultato è in definitiva uno splendido saggio sulla maschera nel cinema (e fuori), sull’immedesimazione e sul lavoro psicologico che compie l’attore. Jim Carrey – come egli racconta davanti le telecamere – perse qualsiasi contatto con la realtà, con l’essere Jim: si era alienato così tanto da diventare anch’egli l’uomo sulla luna. La sua identità fece puff, smarrita, persa, trasformata. Quasi come se fosse vittima di uno strano rito, il corpo di Carrey sembrava essere ora diventato corpo (e mente) del genio di Kaufman. Anche durante qualche ospitata televisiva dove non aveva il compito di interpretare nessuno – se non se stesso – Carrey si finse ubriaco e insultò il povero intervistatore, scatenando le ire e le preoccupazioni del suo manager mentre si contorceva dalle risate: proprio come avrebbe fatto il caro Andy. O ci ha pensato il suo spirito a farlo?.

Non tutto è eterno, specialmente la lavorazione di un film: arriva un momento in cui la maschera deve cadere e, quando succede, è per sempre. Dopo la fine delle riprese, Carrey si rifiutò persino di interpretare Andy nel videoclip di The Great Beyond dei R.E.M. Era giunto il momento – sempre se gli fosse riuscito – di tornare in sé stesso: fuori Andy, dentro Jim.

Il documentario, interessante e riflessivo sulla tematica del mondo attoriale, nel suo piccolo si presenta anche (e soprattutto) come un’esorcizzazione della vita, passata e presente di Jim Carrey, della sua identità svanita e divenuta per sempre maschera mutaforma: tra l’onirico e il reale. Ciò che ci restituiscono le immagini del documentario d Netflix, è il profilo di un uomo che sembrava così forte, in realtà divenuto fragile in un batter d’occhio (e lontano dai riflettori del frenetico mondo di Hollywood).

Anche alla luce di ciò che abbiamo potuto vedere e ascoltare in Jim e Andy: come possiamo interpretare le sue parole nell’intervista che trovate qui sotto, fortemente chiacchierata, precedente all’uscita del documentario diretto da Chris Smith, e voluto fortemente da Spike Jonze? Quell’intervista in cui Jim spiegava che “lui non esiste” e “nulla importa”.

Jim all’apparenza sembra il solito Jim, tornato al suo look originale, solo con qualche annetto e ruga in più. Niente di preoccupante, giustappunto orecchie aperte per la curiosità dietro alcune tra le prime parole pubbliche dopo “l’autoesilio” dalle scene. Immancabile poi chi ci ha teorizzato sopra: chi lo ha definito un povero esaurito, chi semplicemente un uomo uscito dal tunnel della depressione, mentre per altri sta indossando l’ennesima maschera.

E se invece, attraverso la pronuncia di quelle parole – l’uomo che della maschera sembra non poterne mai più farne a meno – avesse smesso di indossarla per sempre? Forse ora – specchiandosi – non vedrà più il riflesso di Ace Ventura o di Andy Kaufman, ma solo quello di Jim.

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