Stressed Out, la semplicità dell’infanzia cantata dai Twenty One Pilots

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Se pensate di non conoscerla, vi sbagliate: 9ª della Billboard Hot 100 subito dopo essere uscita e con più di un miliardo di

target="_blank" rel="noopener">visualizzazioni su YouTube ad oggi, Stressed out dei Twenty One Pilots è una delle canzoni che ha segnato il 2016.

È stato il loro primo singolo a entrare nella Top 10 statunitense raggiungendo la 2ª posizione nel febbraio 2016, ha permesso di vincere il loro primo Grammy e li ha lanciati sulla scena internazionale. Un successo improvviso così notevole che l’anno successivo vennero chiamati a contribuire alla colonna sonora di Suicide Squad.

twenty one pilots: Stressed Out [OFFICIAL VIDEO]

Stressed out è il terzo estratto dal quarto album (Blurryface) del duo statunitense composto da Tyler Joseph e Josh Dun e più che una canzone è una denuncia: dove sono finite le idee pure dell’infanzia? Ridatecele.

“Vorrei trovare sound migliori che nessuno ha mai sentito
Vorrei una voce più bella che canti parole migliori
Vorrei riuscire a creare degli accordi nuovi
Vorrei non dover mettere tutto ciò che canto in rima

Mi avevano detto che quando sarei cresciuto tutte le mie paure si sarebbero rimpicciolite
Ma ora sono insicuro e mi interessa ciò che gli altri pensano

Mi chiamo Blurryface e mi interessa ciò che pensi
Vorrei potessimo tornare ai bei vecchi tempi
Quando mamma cantava per farci dormire
Invece siamo stressati”

Joseph spiegò in un’intervista a Radio.com che Blurryface è un riferimento al trucco nero che ha nel video con cui copre mani e collo. Aggiunse che era una metafora del senso di soffocamento dato dello stress di cui canta.

“A volte un odore mi riporta a quando ero bambino
com è possibile che non riesca a identificare dove l’ho sentito?
Ne farei delle candele, se mai riuscissi a trovarlo.
Proverei a venderle, non le esaurirei mai,
probabilmente ne venderei una a mio fratello perché abbiamo lo stesso naso,
gli stessi vestiti e la casa in cui siamo cresciuti
le stesse pietre che buttavamo nel ruscello
quando andavamo in giro.

Ma ci ricorderebbe di quando nulla importava
Tra mutui per studenti e case sugli alberi avremmo scelto i secondi

Giocavamo a essere qualcun’altro, ci davamo soprannomi
costruivamo un razzo per poi volar via
sognavamo spazi lontani

Ora ci ridono in faccia e dicono: “Sveglia, devi far soldi!”

Ridateci la legge per cui si avverano i sogni dei bambini (“I sogni che avevamo da piccoli sono scomparsi / sogna mentre puoi, un giorno ti spiegherò”, cantavano gli Oasis), quella per cui ciò che facciamo è importante. Ridateci l’innocenza. Ora è tutto uno schifo, dovremmo tornare a quell’epoca senza responsabilità per stare bene.

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I Twenty One Pilots nel video di Stressed Out

Non sarò certo io a dirvi che la vita è meravigliosa e vale la pena viverla. Là fuori è un casino.

Gli eventi e le persone che incontriamo crescendo sono molte volte un terremoto che ci sconvolge e fa male. Oltre il nostro giardino ci sono sofferenze, ingiustizie, malattie, umiliazioni. È difficile accettare che siamo piccolissimi, che ci sono altri sette miliardi di individui con una testa pensante che hanno idee molto diverse dalle nostre e non vedono l’ora di avere ragione, anche fosse a discapito nostro.

Crescere significa dover accettare che il male, il dolore e l’inspiegabile esistono e bisogna affrontare tutto questo. Uscire dalla propria bolla.

Sì, il mondo dell’infanzia è meraviglioso ma ha anche il limite di essere molto autocentrato.

Il cantante rimpiange il periodo in cui non doveva preoccuparsi dei soldi e delle responsabilità. Ma se non ho responsabilità ho solo richieste. Chi sa solo cosa vuole ma non quanto costa non capisce le difficoltà degli altri e la comprensione reciproca è la base del dialogo.

Dove finiscono i nostri sogni e le nostre regole iniziano quelli altrui e la sfida è accettarli, farne propri alcuni e difenderli; oppure opporsi e dire la nostra a proposito. Rischiando di far crescere altri.

Infatti è solo scoprendo qualcosa di nuovo, buono o cattivo che sia, che posso scegliere se accettarlo o no nella mia vita. Se non scelgo mai, non ho neanche la possibilità di costruire qualcosa. Affrontare la sofferenza (mia o di altri) significa rendermi in grado di essere d’aiuto. Di non chiudermi nelle mie sicurezze ma di uscire e fare la differenza per qualcuno.

La sfida è scoprire che accettando che niente è come lo programmo; che la vita è più grande dell’orticello in cui coltivo le mie idee, posso crescere, ricevere e soprattutto dare tanto. La sfida è lasciarci stupire, sfidando il buio oltre la nostra siepe.

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(Articolo pubblicato originariamente su Parte Del Discorso e gentilmente concesso ad Auralcrave per la ripubblicazione)