Posted by “E se avessi il potere di decidere chi vivrà e chi morirà?“.
Death Note, il film-fenomeno prodotto da Netflix di cui si parla da mesi è finalmente uscito, lo scorso 25 Agosto in contemporanea su tutte le nazioni coperte da Netflix. Con il pubblico che ha già avuto l’opportunità di spaccarsi tra estimatori dell’operazione e detrattori.
Il film mostra una buona tensione, soprattutto all’inizio, e presenta una storia che riesce abbastanza bene a tenere lo spettatore tra le spine. La parte più delicata, come prevedibile, era la presentazione dei personaggi. Pollice su per L in versione nera (interpretato da un inafferrabile Lakeith Stanfield che avevamo apprezzato di recente in Get Out) e per Shea Whigham nei panni del padre del protagonist, in grado di offrire anche dei buoni spunti morali. Meno soddisfazioni hanno dato invece i due protagonisti principali, che mostrano a tratti una carenza di spessore che invece non manca nell’anime originale.
La storia di Death Note nasce nel 2003 come manga e si trasforma tre anni dopo in un fenomeno mondiale, grazie alla trasposizione anime di 37 episodi. Il successo è stato tale che Netlix non ha saputo resistere nella difficilissima impresa di “americanizzarlo” in un film d’azione.
Per chi non conoscesse la trama, Death Note è la storia di un liceale che trova un quaderno, perso da Ryuk, uno shinigami/dio della morte, un quaderno dal potere soprannaturale: la possibilità di decidere sulla vita e la morte; se il possessore del quaderno scrive il nome di una persona,della quale deve conoscere il volto, quella persona morirà.
Così Light Yagami, il giovane protagonista, comincerà a sperimentare il potere del quaderno facendo morire coloro che considera meritevoli della fine.
Piccola chicca per chi ama le cose belle: Willem Defoe nei panni di Ryuk è perfetto.
