Mahmood, Tuta Gold: dentro al significato del testo

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Mahmood torna a Sanremo con Tuta Gold, di nuovo una delle canzoni più ascoltate del festival: scopriamo insieme il significato del testo

C’è una storia di anime in Tuta Gold, che si trascina tra i ricordi fumanti di una periferia grigia e spessa che invece sembra lasciare poco spazio ai sentimenti.

Facendosi largo nella giungla urbana dell’hinterland milanese, il pezzo di Mahmood, sesto al Festival di Sanremo, ma nella top list mondiale di ascolti spotify, inizia sospirante con un canto melodico che introduce la narrazione di una storia tosta come la pietra delle costruzioni della città ma allo stesso tempo densa di colore e sfumata dalla sofferenza, come quella di un bambino ghettizzato per le sue origini, in primis dal padre che voleva negargli il cognome.

Se partirò, a Budapest ti ricorderai
Dei giorni in tenda, quella moonlight
Fumando fino all’alba, non cambierai
E non cambierò, f**endomi la testa in un night
Soffrire può sembrare un po’ fake
Se curi le tue lacrime ad un rave

Mi hanno fatto bene le offese
Quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto
Dicevi, “Ritornatene al tuo paese”
Lo sai che non porto rancore
Anche se papà mi richiederà
Di cambiare cognome

Mahmood - TUTA GOLD (Sanremo 2024)

L’artista ci trasporta in questa dimensione facendosi aiutare da una base ritmica scandita da percussioni regolari, a contrasto con la sua voce morbidamente modulata sulle parole del ricordo, base che viene interrotta più volte creando un gioco di cambi ritmici che creano un inevitabile coinvolgimento dell’ascoltatore il quale viene rapito dalla narrazione echeggiata dalla voce raffinata di Mahmood e turbato nel sangue dai tamburi marziali che l’artista propone.

Mi passerà,
Ricorderò
i gilet neri pieni di zucchero
Cambio numero

Ed è aggirandoci in questa Gotham city tra cambi melodici e doppi sensi british, che donano un gioco malizioso che stuzzica intrigo all’ascolto, che le percussioni lasciano spazio al respiro degli archi che introducono l’ultima strofa “maglia bianca, oro sui denti blue jeans..” che letteralmente serve un ritornello che è destinato a diventare chiave di volta del pezzo e, probabilmente, dell’intera stagione musicale dell’artista.

Cinque cellulari nella tuta gold
Baby, non richiamerò
Ballavamo nella zona nord
Quando mi chiamavi “fra'”
Con i fiori, fiori nella tuta gold
Tu ne fumavi la metà

Sembra una magia quella che riesce a inserire il refrain più orecchiabile, più imprimibile alla testa, più ballabile in quello che è un contesto, quello dell’intero brano, che si oppone in maniera categorica all’idea di coreografarne, seppur solo alcune, parole.

Perché Tuta Gold in realtà sa di malinconia, sa di un animo tormentato da sofferenze passate che sembra rivolgersi a un interlocutore che nella propria vita non ha rinunciato allo spesso grigiore del fumo criminale di periferia per lasciar spazio all’amore.

Dov’è la fiducia diventata arida?
È come l’aria del Sahara
Mi raccontavi storie di gente senza dire mai il nome, nome, nome
Come l’amico tuo in prigione, ma
A stare nel quartiere serve f**ta personalità
Se partirai dimmi, tua madre chi la consolerà?

Un contesto fatto di soldi, anonimato, spaccio in cui per assurdo l’unica cosa a brillare è proprio l’acetato della tuta gold, uniforme di spaccio, smercio anestetico e senza amore di ‘sentimenti sintetici’.

Nel testo di Tuta Gold la poesia è da cercare tra marce marziali, cruda realtà di strada e ritornelli streganti.

Ma la poesia amara, disillusa e malinconica è nella tasca della tuta dorata.

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