C’è ancora domani per il cinema ”femminista”?

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A dircelo è Paola Cortellesi classe ’73 che con la sua opera prima alla regia ha riempito le sale e scalato il box office d’ Italia come non si vedeva da molto tempo, scavalcando il blockbuster horror Saw. Evento non da poco per essere la sua prima volta da regista. Un lungometraggio toccante che ripercorre un vissuto non troppo lontano dei nostri nonni e soprattutto delle nostre nonne ma non solo.

Un dramedy musicale di stampo neorealista

Toni da neorealismo rosa sullo sfondo di una Roma in cui erano ancora stanziati gli americani in conseguenza agli eventi della seconda guerra mondiale. Un dramedy che strizza l’occhio al musical, scritto bene, con la sceneggiatura di Furio Calenda e Giulia Andreotti ma con qualche pecca di tempo e una fotografia da rivedere. Nel complesso un’ ottima opera prima della Cortellesi che da attrice e comica(con una gavetta lunga venti anni alle spalle) non potevamo non aspettarci. I Punti migliori sono stati: l’espediente degli intermezzi musicali e il finale a sorpresa ma buono è anche l’uso dei piano sequenza e la scelta del cast. Infatti ad affiancare la Cortellesi nel ruolo della protagonista Delia, ci sono Valerio Mastandrea, interprete di Ivano suo marito e la comica Emanuela Fanelli con il ruolo dell’amica Marisa che hanno saputo essere delle buone spalle.

Le donne parlano ”a bocca chiusa”

La pellicola di 1 h e 58 m è un omaggio alla forza femminile che lotta per evadere dal retaggio di una società patriarcale ancora radicata tutt’ora. In fin dei conti tutte siamo stati un pò Delia nella nostra vita e con lei abbiamo gioito e avuto paura ma è riuscita, tra alti e bassi, a salvare sua figlia da un matrimonio fallimentare, mostrando che nella vita per essere donne non serve un matrimonio ma la dignità e l’amor proprio. Il film quindi è un chiaro manifesto femminista e saranno proprio le donne a dircelo ”a bocca chiusa” a cominciare dal diritto di voto a cui accorse l’ 89% di esse.

Un domani rosa

il 2023 è stato un anno potente per il cinema ”femminista” che ha visto Barbie come capofila, l’iconica bambola che vive nella scintillante e tutta rosa Barbieland a cui la Cortellesi lancia la sua risposta a suon di dialetto romanaccio e camicette scucite. Il filo che le accomuna però è chiaro; la loro è una storia di emancipazione femminile in un mondo governato da tanti Ken e tanti Ivano.

In quest’ottica quindi c’è ancora speranza per il cinema femminista che sembra essere nella sua golden era dopo gli anni passati con la Wertmuller e la Coppola, per citarne alcune ma che con la Gerwin e adesso anche con la italianissima Cortellesi ci lasciano sperare in un domani tutto Rosa.