Le dicotomie de La Musica è finita, nuovo album di Motta

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Il quarto album in studio di Francesco Motta, “La Musica è finita”-prodotto insieme a Tommaso Colliva- è ben rappresentato dal suo artwork realizzato dal regista Pepsy Romanoff: un immagine divisa a metà dove nella parte superiore c’è un piccolo Motta in un ambiente desolato, circondato da qualche blocco di marmo, mentre nella parte inferiore c’è lo scenario dark di una città rappresentato da un palazzo.

L’album dell’ex Criminal Jokers gioca molto sulle dicotomie: suono classico essenziale, “bucolico” -che era stata la cifra stilistica del suo album precedente “Semplice”- vs un sound elettronico figlio di una metropoli come Roma la quale oramai da anni -da quando Francesco Motta studiava al Centro Sperimentale di Cinematografia- è diventata la città d’adozione del musicista toscano.  Questa frattura ha generato un vero e proprio terremoto in Motta al quale ha reagito con un lavoro che segue il solco tracciato dalla chiusura di “Semplice”, ossia “Quando Guardiamo una Rosa” -scritta insieme a Brunori Sas- che con la sua coda elettronica ha lasciato uno strascico a cui il nostro si è appigliato con tutte le sue forze.

Il riff pianistico di Anime Perse è solo un preludio al beat elettronico che fa deflagrare il brano, nonostante la struggenza degli archi faccia risaltare la storia di un rapporto tossico. Scritta con la collaborazione di Danno dei Colle Der Fomento, Anime Perse rappresenta anche la volontà di Motta nel voler superare questa frattura che ha sentito sulla pelle, aprendosi al mondo, sì anche quello dei featuring. Senza pensarci troppo e come  dice il titolo della seconda traccia, “Per non pensarci più” -con i cori della “sua protetta”, la talentuosa Emma Nolde- Motta ha saltato l’ostacolo trasformandolo in un’opportunità. “Titoli di Coda” con Willie Peyote è una vera e propria mina dove il torinese, grazie alla sue rime serrate si trova in perfetta sinergia con il sound teso creato da Motta.

Motta, Willie Peyote - Titoli di coda

“Alice”, dedicata a sua sorella, Alice Motta, è un atto d’amore in cui lo spoken word di Giovanni Truppi riassume il tutto. Piccola curiosità, Alice Motta aveva collaborato al precedente album del fratello, “Semplice” cantando in “Qualcosa di Normale” grazie al suggerimento dell’autore dell’Alice più famosa della canzone italiana, Francesco De Gregori. Scusatemi per questo intervallo, ma d’altronde dopo la suddetta traccia, Alice, c’è un piccolo intermezzo che ci traghetta nella seconda metà del disco. La title track, “La musica è finita” è il manifesto del disco con la sua dirompenza e le sue distorsioni electro. Elettronica che piano piano -gradevole Maledetta Voglia di Felicità con la torinese Ginevra, che lo scorso anno ci ha deliziato con il suo notevole debutto, “Diamanti”- ci accompagna alla conclusione del quarto album in studio di Motta. “Quello che ancora non c’è” è il superamento di una tempesta, di quella sana ostinazione che come ci insegna la musica -l’ostinato è una figura melodica che si ripete invariata- è sinonimo di caparbietà come quella di Francesco Motta, che ha superato in scioltezza -grazie ad i suoi collaboratori, Tommaso Colliva, Iacopo Sinigallia, Emma Nolde ecc.- lo scoglio del terzo album.