La coscienza di Pozzecco

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“Faccio fatica a vivere nel mio corpo”

Gianmarco Pozzecco

Il tre settembre 2023 l’Italia vince contro il Porto Rico segnando la storia del basket italiano. In un paese completamento inetto all’arte della rivoluzione, il passaggio ai quarti di finale del mondiale, è un evento rivoluzionario che mancava dal 1998. Dopo venticinque anni, il minimo comune denominatore è Gianmarco Pozzecco, un minimo colossale. Oggi commissario tecnico della nazionale, nel ’98 regista di una squadra fuori di testa. Per uno che gioca a pallacanestro smettere di crescere a centottanta centimetri può essere un problema, servono furbizia, follia e fantasia, tre caratteristiche che lo accumunano a un altro triestino, quello che cento anni prima nel 1898 scriveva un romanzo straordinario ma ignorato dalla critica, che poi tacque per venticinque anni fino al 1923, quando risorgerà con il romanzo più innovativo del Novecento.

Per chi cresceva sognando l’NBA, vedeva in Allen Iverson il gemello siamese di Gianmarco separato dall’Atlantico. Uno che prima di cambiare per sempre il vestito della Lega, indossava la tuta arancione del penitenziario, ma come per Bart e Ugo, anche qui scopriremo alla fine che il gemello malvagio non era lui. I due si sfidano in un’amichevole di nome ma non di fatto, ancora oggi è una delle partite che, per restare in tema di sommosse e Trieste, Joyce definirebbe epifaniche. Gianmarco parte in palleggio batte Iverson e segna subendo il fallo. Per l’Italia quello che succede nell’attimo successivo diventa il poster più caro agli appassionati di pallacanestro. Il termine poster deriva dal basket d’oltreoceano per chiosare una giocata spettacolare: posterized. Ci sono anche altri tipi di poster che rimangono, tra i molti disegnati da Iverson c’è quello in cui scavalca un avversario dopo averlo fatto rovinare a terra. In quella immagine c’è tutta la sua simbologia, c’è l’umiliazione, l’arroganza e la puzza di strada di colui che ha imposto uno stile musicale al gioco intero. Non è improprio utilizzare il termine “musicale”, perché per Iverson non era abbastanza sovvertire il modo di giocare, doveva sovvertire anche tutto ciò che ruotava attorno a esso. Ecco perché oggi associamo facilmente l’hip hop e il rap al mondo del basket, il motivo se alcuni coraggiosi vengono presi di mira varcando il campetto con i pantaloncini sopra il ginocchio. Eppure, credetemi che fra i due è lui il gemello buono.  

Quando è arrivato in nazionale Gianmarco ha deciso di puntare sulle persone e non sui giocatori. I dodici ragazzi che ha scelto non sono i più forti d’Italia, sono quelli che, secondo lui, stanno meglio insieme. In particolare, ci sono Gigi Datome e Nicolò Melli, il primo è lo storico capitano della nazionale, il secondo lo è dei campioni d’Italia dell’Olimpia Milano. I due giocano insieme da tempo, si assomigliano, e anche se non lo ammetterebbero mai, sono come fratelli. Durante la preparazione al mondiale hanno creato un podcast dal nome Afternoon, un modo originale di presentare la squadra e mostrarla dietro le quinte. Il format è così orrendo da risultare irresistibile. Ogni giocatore meriterebbe un articolo su misura, dodici ragazzi con storie e personalità da vendere, tutte opposte e interessanti, come quelle dei Titans. C’è Marco Spissu, un minimo come Gianmarco che da Gianmarco stesso venne forgiato ai piedi del Monte Fato, o come lo chiamano alcuni: Sassari. C’è Alessandro Pajola le cui giocate difensive sfiorano i limiti della chiaroveggenza. Simone Fontecchio, la forma umana più prossima a Kaede Rukawa. Ci sono Tonut, Polonara, Ricci, Spagnolo, Procida, Severini e Diouf. È importante citare i nomi di tutti, anche e soprattutto del Dream Team di assistenti che ruotano attorno a Gianmarco e lo sorvegliano come si fa con le bestie feroci. Sono Trainotti, Casalone, Recalcati, Fucà, Poeta, Fois, Panichi, Cortina, Senzameno, Oggioni, Ciallella, Valle, D’aniello, Cremonini, Annessa, Massimei e il presidente Petrucci. Sanno che questa squadra non è la più forte del mondo, singolarmente non è neanche fra le prime otto, ma c’è una filosofia dietro ogni rivolta. Pozzecco chiede il massimo dal minimo, punta su quella parte che ognuno possiede di grande e la rende immensa. Quelle caratteristiche che prescindono dalle statistiche a cui l’NBA cecamente si aggrappa. Non esistono dati per quantificare le scelte intelligenti di Nicolò Melli “Nik è il più forte giocatore del mondo”, lo penso anch’io, non ci sono griglie per sommare la carica emotiva di un canestro dall’angolo maledetto di Datome.  

La rivoluzione di Gianmarco è stata quella sul piano umano. Una filosofia che va oltre gli schemi di gioco e le gerarchie, che lascia da parte i discorsi da maschio alfa e la comunicazione in stile militare che spesso associamo agli sport di massa. Gianmarco ripete più volte che questa squadra ha un unico problema, l’allenatore, dice che non ha nessun merito sulle vittorie ma solo nelle sconfitte. Ci mostra i suoi difetti e le sue paure senza vergogna, è acqua e fuoco, sensibile e dirompente. È quello a cui strappi il cinque dopo un canestro importante, e anche quello che sul time out decisivo ti guarda negli occhi e pensa all’aspetto psicologico prima del tattico. È il suo approccio sincero, è l’aria che si respira in ogni dichiarazione, intervista o nelle parole rubate dai microfoni. Le reazioni messe sul campo dai dodici ragazzi, da Pozzecco e da tutto lo staff, sono cose che non lasciano indifferenti. Per colpa di questa nazionale si rischia il licenziamento, personalmente ho detto al mio capo che può cercarsi un altro cameriere se non mi lascia vedere le partite, c’è chi rischia il divorzio, il giorno prima di una partita si dorme pochissimo e male, si litiga, si soffre e si diventa romantici. È un messaggio positivo che dallo sport tocca forte la sfera sociale. I modi che usano Melli e Datome sono veri e fanno da veicolo alla filosofia del minimo di Pozzecco, tra loro c’è l’armonia che unisce il gruppo e lo rende libero finalmente dalla retorica di vittoria e sconfitta.

“Ognuno di noi ha la possibilità di scegliere cosa vuole essere nella vita, come arrivarci, e soprattutto che importanza dare ai rapporti umani”

Ci sono decine di libri e documentari su Allen Iverson, c’è un solo poster in cui Gianmarco Pozzecco, piccolo, magro e spettinato, con il cerotto sul naso per respirare meglio, si inchina verso il pubblico e sorride attraverso il paradenti azzurro dopo aver posterizzato il posterizzatore per eccellenza.

Cattivo.

#Ricci mi perdonerà per l’uso improprio del minimo comune denominatore.