La geometria composita nell’arte: il Gesù dodicenne al Tempio

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È emblematico il dipinto dal titolo, Cristo giovane nel Tempio, sopra mostrato, così come sembra che l’abbia eseguito Correggio. Ed è vero anche che non lo si conosceva perché noto da tempi molto recenti, nel 1930, in una collezione privata aristocratica inglese. L’opera, è stata riferita a Gesù dodicenne nel Tempio per chiari legami iconografici. Probabilmente, vista l’età apparente del ragazzo, potrebbe essere un passo del Vangelo di Luca (4, 14) in cui Gesù lesse un passo del Libro di Isaia nella sinagoga di Nazareth. Tanto più che l’opera, è uno dei più evidenti tributi di Correggio a Leonardo, suo maestro ideale durante la formazione. Cristo infatti, ritratto a mezzo busto, ha le fattezze di quei ritratti del Salaì trasfigurati in santi, come il San Giovanni Battista del Louvre. Ha una bellezza femminea con i capelli lunghi e mossi, il mento appuntino, il volto ovale, il naso lungo e dritto. Anche la forza con cui emerge dallo sfondo scuro deriva dall’uso dello sfumato leonardesco. Nuovo però è il rapporto col colore, più intenso che in Leonardo, derivato dall’esempio della pittura veneta coeva, a cui rimanda anche la tenda verde discostata nello sfondo.

Tutto questo detto in anteprima, per farvi calare un considerevole alone di emblematicità che poi trova sostanziale fondamento in diversi altri dipinti sullo stesso soggetto, poiché la Disputa di Gesù al tempio godeva di una certa fortuna nella pittura italiana del primo Cinquecento. Correggio però decide arditamente di rappresentare l’evento in questione limitandolo alla sola figura del Cristo, piuttosto che all’intera scena della Disputa, coinvolgendo così gli osservatori del suo dipinto che vengono a trovarsi nella privilegiata posizione degli scribi intorno al Cristo.

Ma, prefiggendomi di svolgere il tema che mi sono proposto per questo studio, avrò bisogno dell’intera scena della Disputa, pur ribadendo l’idea di far convergere poi ogni cosa sul Cristo – mettiamo – del Correggio idealmente metafisico, piuttosto che reale.

Lo studio, perciò, si snoderà fra particolari opere pittoriche del Rinascimento sulle quali si sono date insolite spiegazioni di ordine esoterico. La ragione è da ricercarsi sull’emblematica raffigurazione di un secondo Gesù sulla scorta dei Vangeli canonici del cattolicesimo.

Il metodo da me seguito, per sviluppare i suddetti studi, di ordine geometrico, non è nuovo poiché è lo stesso praticato dai critici d’arte che si avvalgono della geometria composita per entrare “dentro l’opera” di artisti del Rinascimento. Però io fuoriesco dai loro canoni con l’intento di mettere in luce risvolti geometrici che sono difficili da attribuire all’effettiva intenzione degli artisti rinascimentali nell’accingersi ad iniziare l’opera pittorica, non essendoci peraltro documentazioni autografe a riguardo.

Quel che si accetta nel mondo accademico delle Belle Arti è che sicuramente gli artisti del Rinascimento utilizzavano schemi geometrici, a volte complessi, per impaginare le loro figure nella composizione generale, ed è altrettanto vero che tali schemi, il più delle volte ricostruibili “a posteriori” (ossia solo sulla base dell’opera e non degli studi autografi), per essere credibili devono intersecarsi con i punti salienti della composizione. Altrimenti, potremmo sovrapporre a questo o quel quadro figure geometriche a iosa o selve di linee il cui percorso finirebbe per essere del tutto arbitrario.

Ma la geometria non finisce mai di meravigliare, poiché approfondendo l’indagine conoscitiva correlate alle ricerche geometriche composite delle opere d’arte rinascimentali, che andrò a sondare con questo intento, portano a supporre cose che forse neanche gli autori hanno immaginato di concepire.

Dunque, se questo approccio alle opere d’arte dell’uomo, è sostenibile, nulla vieta di pensare ad un “potenziale” effettivamente disponibile in seno alle stesse opere che al momento opportuno si esplica attraverso un imprevedibile “visitatore” capace, senza che lui se ne renda conto visibilmente, di dinamicizzarlo in toto o in parte per dar luogo a singolari resoconti.

Parto dal fatto accertato che l’artista, nell’accingersi a sviluppare il tema della geometria composita di un’opera pittorica – mettiamo –, comunque abbia predisposto un suo personale schema, che poteva essere un rettangolo aureo, un esagramma, un pentagramma o altro che si richiamasse a concetti mistici o esoterici in genere.

Prima di accingermi a svolgere le annunciate concezioni della geometria composita è interessante entrare nel merito delle nozioni esoteriche, in stretta relazione con la ventilata questione dei due Gesù che sembrano trovare appoggio su alcune opere pittoriche del Rinascimento, quelle che andrò a sondare.

Per questo scopo torna utile leggere di seguito, prima un articolo tratto dal web e poi mi disporrò ad eseguire gli annunciati  grafici della geometria composita su un’opera pittorica avente, appunto, per soggetto la disputa di Gesù nel Tempio.

I due bambini Gesù e i due Messia

Nei suoi commenti esoterici ai Vangeli R. Steiner sostiene che il bambino Gesù descritto da a Matteo quello descritto da Luca sono due individualità ben distinte, due esseri umani diversi, ciascuno con un proprio destino. A riprova della veridicità spirituale dell’esistenza dei due bambini il fondatore dell’antroposofia aggiunge che la tradizione ebraica ha più volte fatto riferimento all’attesa di due Messia (da Masìah, “Unto”), uno sacerdotale e uno regale, come si può leggere nei Salmi e nell’Enoc etiopico (Il Vangelo di Luca, Milano 1978, p.93). Verosimilmente Steiner si riferisce ai Salmi (2,1-8; 72, 5-8; 110,1-4), che sottolineano la funzione regale del Messia (ma non dimentichiamo il testo classico di Isaia 11,1-5), mentre per la funzione sacerdotale Steiner rimanda all’Enoc, che è un libro apocrifo, estraneo al canone biblico ebraico.

L’Enoc etiopico, che esalta il Messia come Giusto o Eletto più che come re, annuncia infatti che “questo Figlio dell’Uomo […] rovescerà i re dai loro troni e dai loro regni […]. Ed Egli piegherà la faccia dei potenti” (XLVI, 4-6); oppure “Egli sarà il bastone dei santi e dei giusti affinché si appoggino a esso e non cadano e sarà la luce dei popoli e speranza per coloro che soffrono nel loro animo. […] E, perciò Egli fu scelto e nascosto, innanzi al Signore, da prima che fosse creato il mondo, e per l’eternità, innanzi a Lui” (XLVIII, 4-6). Le citazioni – che traiamo da Apocrifi dell’Antico Testamento, a cura di P. Sacchi (Torino 1990) – si potrebbero moltiplicare e dimostrerebbero tutte che “il Figlio dell’Uomo di Enoc è un essere sovrumano, celeste, che svolge compiti fin qui attribuiti soltanto a Dio, come il giudizio finale. Siamo su una linea messianica completamente diversa da quella politica nazionale del figlio di Davide” (G.Jossa, Dal Messia al Cristo, Brescia 1989, p.32). Anche la critica biblica riconosce dunque le singolari caratteristiche del Messia annunciato dall’Enoc, caratteristiche che lo accostano molto al Gesù natanico descritto da Luca, alla sua anima pura e celestiale, portata a nutrire compassione verso i poveri e a esprimere un grande calore interiore.

Il fatto che però Steiner presentasse prove tratte da due testi così diversi per cronologia e per tematica e, oltre a ciò, il fatto che rimandasse a un testo non compreso nella Bibbia ebraica poteva far pensare a una forzatura [superata per altro in virtù di indagini nei piani akasici di R. Steiner, capace di poteri di chiaroveggenza ultrafanica – ndr]. Ma se ci addentriamo nella tradizione ebraica scopriamo che il tema dei due Messia ha una storia tutta particolare. Una storia che risale al tempo del ritorno degli Ebrei in Palestina dopo l’esilio babilonese (586-538 a.C.). Nel 521-520 l’ultimo discendente di Davide, Zorobabele, inviato da Babilonia a Gerusalemme con funzioni di satrapo (governatore persiano), fu affiancato a Giosuè, nipote dell’ultimo sommo sacerdote deportato, per ricostruire il Tempio. A questa diarchia, a questo binomio di potere regale e sacerdotale (o temporale e religioso) restaurato in terra di Palestina, si riferiscono alcuni versetti di Zaccaria: “Che significano quei due olivi a destra e a sinistra del candelabro?”. […] “Questi – soggiunge – sono i due consacrati [=unti] che assistono il dominatore di tutta la terra” (4,14; v. anche 6,9-15). Quest’episodio è sembrato ai biblisti l’antecedente storico dell’attesa dei due Messia. Infatti J.A.Soggin scrive: “Su questa teoria della complementarità dei due poteri, quello civile e quello religioso, si è fondata tutta una speranza in seno al tardo giudaismo, specialmente in seno all’apocalittica: quella in un duplice Messia” (I manoscritti del Mar Morto, Roma 1981, pp.129-130).

Un’ulteriore prova del duplice Messia ci è offerta dai manoscritti di Qumran, che appunto preannunciavano la venuta del Messia di Aronne (religioso) e del Messia di Israele (laico). Nella Regola della comunità (IX,11), un testo che regolava la vita spirituale del centro essenico, si fa un preciso riferimento “alla venuta del profeta e dei Messia di Aronne e di Israele”. Il profeta atteso dalla tradizione ebraica come preannunciatore del Messia è, com’è noto, Elia – e ciò risulta anche all’indagine spirituale condotta da R. Steiner, che vide appunto in Giovanni Battista “l’Elia reincarnato”, ribadendo così la verità esposta dal Cristo nei Vangeli (Matteo 11,14) […][4].

I due Gesù in opere pittoriche di artisti del 1500

I dipinti che seguiranno sono stati tratti dal libro di Emil Bock, Infanzia di Gesù (Editrice Antroposofica – Milano)[5], ma alcuni di essi sono presenti nel web. Sono cinque opere del 1500 in cui è raffigurato un emblematico fanciullo o bambino con l’aureola. Già da qui si evince il fatto di dover poi far riferimento a concezioni oggetto di argomentazioni prodotte sul testo anzidetto, a corredo dei rapporti sui grafici della geometria composita che andrò a produrre su due dipinti dei cinque di seguito esposti.

Leggenda delle cinque figure dell’illustr. 1

Dipinti in cui sono raffigurati emblematici fanciulli o bambini con l’aureola
  1. Ambrogio da Fossano, detto il Borgognone (1455-1522) : GESÙ DODICENNE FRA I DOTTORI NEL TEMPIO ( Milano – Museo di S. Ambrogio). Lo sguardo di Gesù in cattedra non è rivolto verso i sapienti con cui sta parlando, ma verso l’altro giovinetto, che si allontana con sguardo spento.
  2. Bernart van Orley (1491-1542) : SACRA FAMIGLIA CON ELISABETTA, GIOVANNINO E UN TERZO BAMBINO (San Francisco, Collezione privata). Il terzo bambino, a sinistra in basso, ha un’aureola. Il pittore mette in evidenza che questo bambino, di circa 2 anni, sa già scrivere. Egli si appoggia su una pietra squadrata, uguale e simmetrica a quella su cui, a destra, sta in piedi il piccolo Giovanni, con tutti i suoi attributi. Su questa seconda pietra si legge chiaramente e superfluamente il nome « Johannes ». Si può quindi immaginare che sull’altra pietra si trovi inciso, ma accuratamente nascosto, il nome del bambino.
  3. Giovanni Martino Spansotti (1455?-1528?) o Defendente Ferrari (1470-1532): GESÙ DODICENNE FRA I DOTTORI NEL TEMPIO (Torino, Museo Civico). Un secondo giovinetto, con aureola, si appoggia al braccio sinistro di Gesù, guardandolo con espressione devota e triste.
  4. Defendente Ferrari (1470-1532): GESÙ DODICENNE FRA I DOTTORI NEL TEMPIO (Stoccarda, Staatsgalerie). Come nella figura 3, un secondo giovinetto, con aureola, si appoggia al braccio sinistro di Gesù, fissandolo intensamente.
  5. Raffaello (1483-1520): MADONNA DEL DUCA DI TERRANOVA (Berlino, Staatliche Museum). Oltre al piccolo Giovanni, un terzo bambino si trova in piedi accanto alla Madonna, con lo sguardo rivolto al pargolo sulle ginocchia della madre.

Il secondo bambino Gesù del futuro

Affresco di Ambrogio da Fossano, detto il Borgognone (1455-1522) : GESÙ DODICENNE FRA I DOTTORI NEL TEMPIO ( Milano – Museo di S. Ambrogio).

Riprendo con l’illustr. 2, la fig. 1 mostrata in precedenza, del pittore Ambrogio da Fossano, detto il Borgognone (1455-1522) : GESÙ DODICENNE FRA I DOTTORI NEL TEMPIO ( Milano – Museo di S. Ambrogio)[1].

Sulla scorta della teoria di R. Steiner sui due Gesù, cui  corrisponderebbero le loro individualità, ossia gli io prima che avvenisse il trasferimento di quello in basso del Gesù salomonico nell’altro in cattedra attribuito a Gesù natanico. Emil Bock (del libro già citato in precedenza, a pag. 154) così descrive questo evento: « […]

Dopo quella importante solennità pasquale gli eventi si svolsero nel modo seguente secondo la descrizione di Rudolf Steiner. Mentre il Gesù del vangelo di Luca, in cui ora viveva l’io del Gesù Salomonico, ebbe una fioritura prodigiosa, arricchito della piena umanità che gli era donata, l’altro ragazzo, maggiore di età, che aveva sacrificato il proprio io, divenne improvvisamente del tutto taciturno e raccolto in se stesso. Con sorprendente rapidità egli andò deperendo, senza cause esterne visibili o apprezzabili, e morì non molto tempo dopo quella Pasqua. L’affresco del Borgognone in sant’Ambrogio, a Milano esprima qualcosa di questi eventi. Vi si ammira Gesù in cattedra, circonfuso di grandezza regale, di una luce quasi solare, circondato dai dotti, che ascoltano stupefatti. In primo piano, l’altro ragazzo si allontana, avvolto in ombra e come svuotato. I tratti del suo volto, seri e scuri, sembravano già sfiorati dall’ombra della morte. […]. ».

Egli morirà, come prevede R. Steiner, ma il suo destino è nel futuro: Il Gesù dei tempi a venire per un cambio di “staffetta”.

Infatti è l’idea perseguita dall’autore dell’affresco dell’illustr. 11 perché il bambino che si ecclissa è  come se indicasse con la mano sinistra il volto appena accennato sulla destra in basso che sporge dal pavimento: un mistero appena svelato intravisto dal pittore? Il novello uomo da venire, capostipite di un nuovo popolo, «di un nuovo cielo e nuova terra»?

Geometria composita di Gesù dodicenne fra i dottori nel tempio

Prima fase

  1. Si esegue il cerchio ABCD che più si conforma alla volta che si vede nell’illustr. 3.
  2. Si tracciano poi gli assi cartesiani xx e yy passanti per il centro O della suddetta volta e del cerchio.
  3. Segue nell’ordine: a) la tracciatura degli assi cartesiani verticali aa e bb passanti per A e C del cerchio e volta; b) la tracciatura degli assi cartesiani kk e jj passanti per la mezzeria delle pilastrature relative; c) la tracciatura degli assi cartesiani verticali a’a’ e b’b’ passanti per le mezzerie delle rispettive pilastrature.
  4. La prima annotazione rivela che l’asse verticale aa passa in corrispondenza dell’occhio sinistro del fanciullo che sembra uscire di scena e che Rudolf Steiner ha attribuito al secondo Gesù, quello cosiddetto salomonico. Si traccerà perciò l’asse cartesiano orizzontale ee passante per il punto I dell’occhio appena notato.
  5. La seconda annotazione rivela il punto G che si riferisce vistosamente ad una testa che, con tutta certezza è quella di Giovanni il Battista. Lo confermerebbe la traccia scura all’altezza del collo di questo volto (salvo che sia una traccia non attribuibile al dipinto originale, ma non è così importante). Anche qui farà seguito la tracciatura dell’asse cartesiano orizzontale gg passante per il punto G nel mezzo della testa anzidetta.
  6. La terza annotazione rivela il triangolo equilatero in rosso in alto, i cui vertici I e P coincidono nelle intersezioni del cerchio con gli assi verticale a’a’ e b’b’.
  7. La quarta annotazione rivela il triangolo equilatero in blu in basso: primo, i suoi vertici E ed F coincidono con le intersezioni degli assi verticali aa e bb con l’asse orizzontale ee; secondo, il terzo vertice H coincide con l’intersezione dell’asse verticale di centro yy con l’asse orizzontale gg.

Sulla scorta della teoria di Steiner sui due Gesù, ai due triangoli equilateri corrisponderebbero le loro individualità, ossia gli io prima che avvenisse il trasferimento di quello in basso del Gesù salomonico (in blu) nell’altro in cattedra attribuito a Gesù natanico. Nel grafico seguente si vedrà di conseguenza la sovrapposizione dei due triangoli per dar luogo ad un esagramma.

Geometrie dell’esagramma e del quadrato

Seconda fase

In quest’illustr. 4 si prosegue con l’esecuzione della geometria della prima fase con successivi grafici che vedono in alto l’apparire dell’esagramma là dove prima c’era solo un triangolo equilatero, mentre in basso si evidenzia il quadrato QRST che ho disegnato in verde. Lo scenario si commenta da sé potendo accettare per buona la stella dell’esagramma, la giusta per dare risalto al prodigioso sapere che ad un tratto pervade il fanciullo che ha deciso di porsi in cattedra e tener testa ai sapienti del tempio.

L’Esagramma, o Stella a 6 punte, o Esalfa, è un simbolo antichissimo. Presso gli Ebrei esso rappresentava il regno Giudaico, ed era noto anche come Stella di Davide, o Scudo dell’Arcangelo Michele. Dunque Davide ha un posto importante nella vicenda di Israele e quindi nella storia della salvezza tramite Gesù. Egli è il “discendente di Davide”, cui “il Signore Dio darà il trono di Davide suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,32-33). Conoscere la figura di Davide è collocare la figura di Gesù nel suo contesto messianico.

Comunque il simbolo dell’esagramma ha una notorietà assai diffusa. Nella Cabala questo simbolo rappresenta l’armonia dell’universo, in quanto composto da due elementi uguali e contrapposti: il triangolo con la punta verso l’alto, che simboleggia il principio attivo, maschile e benefico, ed il triangolo con la punta verso il basso, principio passivo, femminile e malefico. È anche utilizzato dalla Massoneria, in particolare dalla Gran Loggia d’Israele e dal Rito del Sacro Arco Reale di Gerusalemme. Nell’ambito dell’Alchimia, il simbolo è l’unione tra l’elemento del fuoco (simboleggiato da un triangolo equilatero con la punta rivolta verso l’alto che ho disegnato in rosso) e quello dell’acqua (un triangolo equilatero con la punta rivolta verso il basso, disegnato in blu), e significa l’equilibrio cosmico. L’interpretazione alchemica non è però priva di agganci con i misteri della lingua ebraica. La stella appartiene, per usare i termini della fenomenologia delle religioni, alla serie delle teofanìe uraniche, vale a dire è un simbolo celeste, ed il cielo, in ebraico, si chiama shamayim, parola che unisce ‘esh (Fuoco) con mayim (Acqua).[1]

Detto questo resta tuttavia un fatto che turba non poco. Si ha l’impressione che non sia tanto l’apparizione della stella sul capo di Gesù in cattedra ma un’altra cosa. Sembra di capire che non sia quest’evento il tema del quadro in osservazione, poiché tutti gli sguardi degli astanti, compreso quello di Gesù in cattedra, sono rivolti al Gesù salomonico in basso nella mestizia e tristezza.

Secondo me, il Borgognone deve aver voluto dare grande risalto al tema del sacrificio personale che qui si andava consumando e che poi sarebbe dovuto toccare al Gesù in cattedra nell’ora del Golgota. Non senza la raffigurazione del terzo sacrificato, il Giovanni Battista, raffigurato con il capo decollato in basso al punto G.

Si sarà capito che il quadrato QRST si riferisce alla pietra d’angolo di cui si parla nei Vangeli.

La pietra d’angolo è un’espressione storicamente d’origine ebraica (Isaia, 28,16-17):

    Pertanto, così parla il Signore Jahve:

    “Eccomi, io pongo una pietra in Sion,

    una pietra scelta,

    angolare, preziosa, da fondamento;

    chi vi crede non vacillerà.

    Io dispongo il diritto come misura

    e la giustizia come livella.

Dunque, uno, tra gli altri, dei suoi originari significati è l’immagine applicata al capo, al condottiero che tiene insieme un popolo.

Il medesimo concetto, ricordato dal Cristo, ritroviamo anche nei Vangeli canonici del Nuovo Testamento (Matteo, 21,42):

    La pietra che hanno scartato i costruttori,

    questa è diventata capo d’angolo.

    Questa è l’opera del Signore,

    ed è meravigliosa agli occhi nostri.

Come pure, con analoghe parole, in Marco (12, 10), Luca (20, 17) e negli Atti (4,11):

    Egli è la pietra, disprezzata da voi costruttori, diventata capo d’angolo.

e ancora in San Paolo (Epistola agli Efesini, 2, 20) in cui Cristo è la pietra angolare su cui si fondano apostoli e profeti e su tale fondamento s’inseriscono come pietre vive i cristiani in una costruzione ben allestita che cresce come un tempio santo.[2]

Infine i due lati QR ed ST delineano ai lati opposti il capo del bambino che si ecclissa e il capo del nuovo Messia a venire che lo impersona.

Terza fase

Nulla che non sia stato già disegnato per poter fare interessanti commenti sulle figure geometriche prodotte con le illustr. 4 e 5 che, chi è incline allo studio esoterico dei simboli, può capire a volo. Ma non è nemmeno difficile per un profano riuscire a intravedere nel quadrato e nel cerchio la terra e il cielo, un cielo solare che si riferisce al Cristo che già da giovinetto monta in cattedra.

Geometria del cerchio e quadrato, il Cielo e la Terra

Il Cerchio rappresenta il simbolo di tutto ciò che è Celeste. Il Cielo, l’Anima, l’Illimitato, Dio, il Sole, l’Oro. Il movimento circolare è immutabile, perfetto senza inizio e senza fine, rappresenta il tempo. E’ cambiamento quando la sua forma viene combinata con quella del quadrato. Il Cerchio inscritto nel Quadrato è il simbolo della divinità nascosta nella materia Cielo-Terra – Cerchio-Quadrato. Jung lo ha definito come l’immagine archetipa della totalità della psiche, del Sé, contrapposto al quadrato simbolo della materia del corpo, della realtà. In Architettura raffigura l’armonia e si collega al significato della sfera, della coppa, dell’uovo. Nell’arte Bizantina e in quella Musulmana e Romanica, il cerchio esprime il dialogo tra terrestre e celeste, il cambiamento e il raggiungimento di un livello superiore. Nella cultura Celtica, viene usato per fermare le invasioni nemiche, come per delimitare un luogo sacro.                     

Il Quadrato è il simbolo della terra, opposto al cielo, simboleggia l’universo già creato, che si oppone al non-creato e al Creatore. Simbolo di antidinamicità per eccellenza, significa arresto e stabilità. Il Quadrato è lo Spazio e il Cerchio è il Tempo. Elemento Celeste, Unità Divina, l’Eterno e l’Infinito.[1]

Detto questo, ciò che più mi ha colpito, per interpretare la geometria del cerchio e il quadrato del dipinto di Ambrogio da Fossano, illustr. 5, è di averla vista quali simboli del Cielo e la Terra in rapporto all’Apocalisse di Giovanni della fase conclusiva (Ap 21,1-4):

«Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati, e il mare non era più. E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo d’appresso a Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. E udii una gran voce dal trono, che diceva: Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini; ed Egli abiterà con loro, ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio; e asciugherà ogni lagrima dagli occhi loro e la morte non sarà più; né ci saran più cordoglio, né grido, né dolore, poiché le cose di prima sono passate… ».