Il delitto di Arce: chi ha ucciso Serena Mollicone?

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L’omicidio di Serena Mollicone è uno dei casi di cronaca italiani più discussi degli ultimi anni. Un delitto crudele che ha scosso l’intera nazione. Una storia irrisolta che ancora oggi attende Giustizia.

I fatti

2001. Siamo ad Arce, comune della provincia di Frosinone che conta circa 6000 abitanti. È qui che vive Serena Mollicone, 18 anni. Abita insieme al padre, Guglielmo, insegnante e proprietario di una cartoleria. La madre ha lasciato questo mondo 12 anni prima mentre sua sorella maggiore risiede in un altro comune.

Capelli scuri e sguardo luminoso, Serena è una ragazza solare e socievole, con una spiccata sensibilità e sempre pronta ad aiutare il prossimo. Frequenta l’ultimo anno di liceo, ama gli animali e suona il clarinetto nella banda del paese. Ha una relazione con un ragazzo di 25 anni.

Una giovane dalla vita normale. Niente lascia presagire quello che accadrà in quei giorni d’estate, un fatto che segnerà per sempre le esistenze e le memorie degli abitanti del posto.

1 Giugno 2001. Si avvicinano gli esami di maturità per Serena che proprio in questo periodo sta completando la tesina. E’ mattina e prima di recarsi a scuola ha in programma un esame radiografico dentale all’ospedale di Isola Liri.

Esce di casa verso le 07:15 per andare a prendere il pullman che la porterà a destinazione. Arriva in ospedale, svolge la visita e lascia la clinica intorno alle 09:00. Viene vista mentre attende l’autobus per andare a scuola, prima alla fermata vicino il nosocomio e poi quando si sposta a piedi ad attendere alla fermata successiva. Alle 09:30 viene avvistata mentre fa l’autostop nella zona della rotatoria all’incrocio tra Via Po e Via Napoli.

Da questo momento in poi si perdono le sue tracce. Serena viene inghiottita dal buio.

Dagli avvistamenti si può dedurre che la ragazza ha percorso più di un chilometro a piedi sostando tra due fermate del bus lungo il tragitto prima di mettersi a fare l’autostop. Forse aveva cambiato programmi per la giornata, oppure voleva anticipare l’entrata a scuola e ha deciso di chiedere un passaggio in auto invece di aspettare il pullman.

L’allarme scatta nel pomeriggio, quando sia il padre che il fidanzato non ricevono notizie della giovane. La sera stessa viene sporta la denuncia di scomparsa ai Carabinieri. Si attivano le ricerche su tutto il territorio, le quali proseguono anche il giorno successivo ma senza nessun esito.

Poi, Domenica 3 Giugno, avviene una scoperta sconcertante.

Alle 12:00 un’unità della Protezione Civile sta conducendo le ricerche nella zona di Fontecupa, ad Anitrella. All’interno dell’area boschiva le peggiori paure si trasformano in realtà quando viene scoperto un corpo senza vita, nelle vicinanze di una discarica abusiva dove sono stati lasciati vecchi televisori e rifiuti.

È il cadavere di Serena. Le mani sono legate dietro la schiena con del nastro adesivo e del filo di ferro, le gambe sono bloccate sempre con nastro e filo di ferro sia nella parte superiore delle stesse che in prossimità delle caviglie. La testa era stata avvolta con il medesimo scotch dal naso fino al collo, dopodiché le era stata messa una busta di plastica che le copriva interamente il cranio, anch’essa assicurata con più giri di nastro. Infine un arto della vittima era stato legato con il filo di ferro a un arbusto adiacente. Il corpo era coperto fino al busto da alcune piante.

Nei pressi della zona del ritrovamento viene rinvenuto il materiale scolastico di Serena e il rotolo di nastro utilizzato per immobilizzarla. La borsa della vittima non risulta essere presente nel luogo.

Una visione che lascia tutti sgomenti.

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La successiva autopsia permette di stabilire che Serena è stata attinta da un fortissimo colpo alla tempia sinistra che non l’aveva uccisa ma che le aveva fatto perdere i sensi. Dopodiché l’assassino le blocca le vie respiratorie utilizzando quell’elaborata tecnica asfittica, le lega mani e gambe, la assicura a un albero e l’abbandona in quel bosco. La vittima muore soffocata.

Un delitto particolarmente crudo, con un metodo di disposizione e occultamento del corpo che forse ci suggerisce qualcosa sull’omicida. Difficile dire con certezza perché la vittima venga immobilizzata in quel modo, mettendo in atto una complessa pratica di costrizione. Forse è funzionale al trasporto nel territorio del ritrovamento o forse si tratta di una fantasia dell’assassino, una sorta di rappresentazione della morte. In ogni caso probabilmente siamo davanti a un soggetto, o a più soggetti, che ragiona(o ragionano) con una logica particolare.

C’è un ulteriore elemento: l’autore di questo rituale ossessivo-compulsivo di fasciatura oltre alla sua impronta psicologica ha lasciato anche le sue impronte papillari sul nastro. Tracce digitali che potrebbero rivelarsi cruciali per la soluzione del caso.

Le indagini

Gli inquirenti iniziano a investigare le persone più vicine alla vittima: fidanzato, amici, parenti. Vengono vagliate tutte le posizioni ma non emerge nessun elemento di colpevolezza.

Nel frattempo, il 9 Giugno 2001, dopo la veglia successiva al funerale di Serena, nell’abitazione dei Mollicone viene recuperato il cellulare della vittima. A trovarlo è il padre, Guglielmo. Era posto all’interno del cassetto di un mobile. Nei giorni precedenti sia il papà di Serena che i Carabinieri lo avevano cercato proprio dentro la casa ma non sembrava essere presente.

In questo stesso periodo cominciano ad arrivare mail alle redazioni dei quotidiani nelle quali uno strano interlocutore cerca d’indirizzare le indagini su Guglielmo, proponendo delle improbabili tesi su un suo coinvolgimento. Perché cercare di portare l’attenzione su una persona totalmente innocente e distrutta dal dolore della perdita di una figlia? Un tentativo di depistaggio o un atto di mitomania?

Passano i mesi e la soluzione dell’omicidio di Serena Mollicone appare sempre più lontana. Poi, a oltre un anno e mezzo dai fatti, sembra arrivare la svolta.

Il 6 Febbraio 2003 viene arrestato Carmine Belli, carrozziere di Rocca d’Arce.

L’uomo era stato indicato qualche mese prima come possibile autore dell’omicidio da una parte delle unità investigative che si occupavano del caso.

Per capire da dove nascono questi sospetti occorre fare un breve passo indietro.

Il giorno successivo alla scomparsa di Serena, Belli dichiarò di aver visto la vittima nella mattina del 1 Giugno alla fermata dell’autobus mentre litigava con un ragazzo dai capelli mechati. Insieme a lui c’era un socio che confermerà questa versione dei fatti per 11 interrogatori ma che in seguito comincerà ad avere dei dubbi sulla data effettiva dell’avvistamento. Dopo alcuni accertamenti emerge che Carmine e il suo socio erano stati insieme il 31 Maggio e non il 1 Giugno, quindi la testimonianza non coincide con il giorno della scomparsa di Serena, motivo per cui il suo alibi inizia a vacillare. Inoltre il 31 Maggio la vittima si trovava a scuola, quindi i due non potevano avere visto lei.

Il sospettato viene inoltre trovato in possesso di un tagliando del dentista di Serena e di un nastro adesivo simile a quello utilizzato nel delitto.

L’uomo viene arrestato e dovrà sostenere un processo. Dopo 17 mesi di carcere, crollano tutte le accuse contro Carmine Belli e alla fine dei procedimenti sarà attestata la sua totale estraneità all’omicidio. Nei suoi confronti c’erano soltanto una serie di flebili sospetti che non ressero alla prova dei fatti. Per quanto riguarda la testimonianza fornita a ridosso della scomparsa, si può evincere che Carmine e il socio avessero visto un’altra coppia litigare, scambiando la ragazza per Serena.

Sul dato che Belli sia innocente non ci sono più dubbi. La sua è la storia di una vittima collaterale di questa brutta vicenda.

Emerge un’altra pista investigativa

Nel Febbraio 2007, in seguito a due informative del Maresciallo Gaetano Evangelista le attenzioni si concentrano su un determinato ambiente: la caserma di Arce.

A far avanzare i sospetti c’è la rilettura di alcune testimonianze e l’esistenza di una porta danneggiata situata in uno degli alloggi del commissariato, la quale risulta fosse in origine collocata nell’appartamento dell’ex Maresciallo di Arce Franco Mottola, il quale risiedeva sopra la caserma con la moglie e i figli.

Risulta che Marco Mottola, uno dei figli dell’allora Maresciallo, conoscesse Serena.

Vengono quindi riascoltate tutte le persone che a quei tempi prestavano servizio presso il commissariato. Tra queste c’è Santino Tuzi, che nella mattina della scomparsa della vittima si trovava di piantone all’interno della caserma.

Dopo ore di colloquio, Tuzi dichiara di aver fatto entrare Serena Mollicone in caserma la mattina del 1 Giugno 2001, intorno alle 11:00-11:30. La ragazza, secondo il suo racconto, si sarebbe diretta al piano superiore verso l’appartamento dei Mottola.

In seguito Tuzi sarà nuovamente interrogato e in una dichiarazione successiva ritratta la sua precedente testimonianza, affermando di non aver mai visto Serena Mollicone varcare la soglia del commissariato nella mattina del giorno della sua scomparsa.

Tuttavia qualche ora dopo ribalta un’altra volta le sue asserzioni e attesta di essere convinto di aver avvistato la vittima il 1 Giugno mentre transitava presso la caserma.

Una situazione nebulosa che sarà destinata a diventare sempre più indecifrabile quando una nuova tragedia farà il suo ingresso in questa storia.

È Venerdì 11 Aprile 2008 ed è una giornata di ferie per Santino Tuzi. L’uomo comunque si presenta lo stesso nella caserma dove prestava servizio per ritirare l’arma d’ordinanza. In seguito lascia delle rose e un messaggio d’addio alla porta di casa dell’ex-amante.

Le persone vicine al Brigadiere cominciano a temere il peggio, così l’ex-amante lo convince ad andare a casa sua, dove restano a parlare per dieci minuti. In seguito Santino si allontana con la sua auto. L’allarme è sempre alto e i Carabinieri, allertati del pericolo di una potenziale azione autolesionistica, tentano di rintracciarlo. Alla fine viene trovato nel primo pomeriggio in prossimità di una diga. La sua corsa si è interrotta con un colpo di pistola al torace che ha posto fine alla sua esistenza.

Dagli esami risulta che Tuzi si sia suicidato. Impossibile sapere con certezza i motivi di questo atto estremo.

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L’inchiesta sembra nuovamente arenarsi ma nel 2011 arriva un ulteriore ribaltamento di fronte: Franco Mottola, la moglie Anna Maria Mottola e il figlio Marco Mottola vengono iscritti nel registro degli indagati, unitamente ad altre persone.

Le impronte dei sospettati vengono comparate con quelle presenti sul nastro utilizzato nel delitto di Serena ma non emerge nessuna corrispondenza.

Le indagini proseguono e nel 2016 il corpo della vittima viene riesumato e sottoposto a nuovi esami: secondo gli esiti delle analisi fornite dal laboratorio LABANOF c’è una compatibilità tra le lesioni al volto di serena e il possibile impatto contro una superficie piana come può essere quella di un infisso. Questo rinforza i sospetti degli inquirenti verso quella porta presente in uno degli alloggi della caserma, la quale presentava una frattura.

Nell’Agosto 2019 la Procura chiede il rinvio a giudizio degli indagati, i quali dovranno sostenere un processo. Già prima dell’inizio del procedimento la pressione di certi media si fa stringente nei confronti degli imputati, con una narrazione degli eventi che sembra convincere parte dell’opinione pubblica.

Nel frattempo il 31 Maggio 2020 Guglielmo Mollicone muore dopo mesi di coma dovuti alle complicazioni di un malore. Un uomo che si era battuto tutta la vita per cercare la verità sull’omicidio della figlia e che purtroppo ha lasciato questo mondo senza aver ottenuto le risposte che meritava.

Il processo

Il processo di Primo Grado inizia il 19 Marzo 2021 e si conclude il 15 Luglio 2022 con l’assoluzione di tutti gli imputati. Nella sentenza i giudici mostrano delle perplessità a proposito dell’ipotesi che vede la porta situata in caserma come possibile arma del delitto, ritenendo che la contusione al cranio della vittima sia probabilmente stata causato da altro.

Viene sottolineata l’importanza delle impronte rinvenute sul nastro, che non appartengono a nessuno degli imputati. Infine è messo in evidenza il fatto che sui pantaloni e le scarpe di Serena siano state trovate tracce di Lantanio e Cerio, materiali ascrivibili al polish, un prodotto per la lucidatura utilizzato in ambienti edilizi e di carrozzeria. Elementi che fanno pensare che l’assassino abbia qualcosa a che fare con contesti di questo tipo.

Nel Marzo 2023 la Procura e le parti civili presentano ricorso in appello contro l’assoluzione. Ci sarà quindi il procedimento di secondo grado. Vedremo quali saranno gli esiti dell’iter processuale. Sarà la Giustizia a stabilire se esistono delle responsabilità o meno.

Per chi è interessato al caso potrebbe essere utile considerare l’intero quadro della vicenda. E’ quello che abbiamo provato a fare in questo articolo, consapevoli di non avere nessuna verità in tasca ma presentando gli eventi nella maniera più completa possibile, cercando di esporre una vicenda caratterizzata da tanti aspetti. Così come tanti erano gli aspetti che caratterizzavano Serena, una ragazza di 18 anni piena di voglia di vivere e aspirazioni, che si commuoveva per gli animali in difficoltà e sognava un mondo migliore.

Fonti:

Serena: Il delitto di Arce tra piste, depistaggi, parole, silenzi – Sara Cordella e Pierdomenico Corte Ruggiero

https://archivio.unita.news/

Adnkronos – Omicidio Mollicone, sentenza: “Non provati depistaggi attribuiti a maresciallo Mottola”