Red Rose: il significato della serie e il finale

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La serie televisiva britannica “Red Rose”, di recente approdata sulla nota piattaforma streaming di Netflix, racconta gli oscuri pericoli dell’era digitale alla maniera di Black Mirror.  Per introdurre con una semplice frase ad effetto la trama della fiction, possiamo dire che essa mette in guardia, soprattutto il pubblico adolescenziale, dalla cosiddetta  “applicazione di stalking”, un forma sofisticata, ma abbastanza verosimile, che riassume le tristi modalità persecutorie tanto ricorrenti nella cronaca attuale.

Nello specifico, la narrazione è incentrata sulle vicende della studentessa Roch e dei suoi compagni di scuola che trascorrono l’estate, in attesa di conoscere i risultati degli esami sostenuti qualche settimana prima. Lo sfondo complessivo è quello di un ordinario ambiente teen di provincia: si intrecciano gli amori, i litigi, i contrasti, le feste. La protagonista Roch, in particolare, che proviene da una famiglia in crisi, attraversa un periodo di intensa inquietudine, scoprendo in più che il ragazzo che le piace sta iniziando una relazione con la sua migliore amica. Nella vita della ragazza, allora, irrompe, tramite l’onnipresente telefonino, la misteriosa applicazione Red Rose, la cui icona simbolica è appunto una troppo sgargiante, e per questo inquietante, rosa rossa. La strana applicazione inizialmente la blandisce, promettendole denaro, potere, prestigio e rivalsa nei confronti di quei compagni di scuola che l’avevano sempre snobbata. In realtà, chi si nasconde dietro all’immagine di Red Rose, non  fa altro che perseguitare, angosciare e ricattare la povera Roch, che non riesce a capire in tempo di essere caduta tra le trame di un gioco sadico e perverso, fino all’estrema decisione di mettere fine alla sua sfortunata esistenza. Anche gli amici di Roch sono descritti come provenienti da contesti familiari alquanto delicati, ciascuno con la sua storia e le sue problematiche peculiari. A loro modo, i ragazzi intuiscono che nel suicidio di Roch ci sia qualcosa di strano, fino a scoprire l’esistenza della maledetta applicazione. Ciò facendo, però, i giovani, forse in un disegno già premeditato, si espongono essi stessi ai pericoli dei diabolici personaggi che navigano nella galassia del dark web.

Con il trascorrere dei giorni, gli adolescenti comprendono che l’unico modo per riuscire a sfuggire agli attacchi di Red Rose è quello di fare a meno dei propri cellulari e della connessione in generale. Il messaggio degli autori della serie è molto chiaro: soltanto liberandoci dalle dipendenze, è possibile intraprendere un percorso nuovo, in grado di consentire la conquista della libertà nelle scelte di vita. Questa necessità di affrancamento vale a maggior ragione per gli adolescenti, che tendono a rendere totalizzante il rapporto con l’intricato mondo digitale. Come in altri illustri precedenti cinematografici e televisivi, anche l’obiettivo principale di Red Rose tende a mettere in evidenza come l’orrore più estremo sia da ravvisare negli atti crudeli perpetrati senza motivazioni apparenti: la necessità di alcuni individui di compiere il male, soltanto per il piacere di farlo. Si può intuire, dalla struttura degli ultimi episodi della serie, che nelle prossime stagioni gli autori approfondiranno meglio il background di coloro che si nascondono dietro all’applicazione. Tuttavia, quella tipologia di malvagità gratuita ed assolutamente amorale riesce a coniugare alcuni ingredienti da thriller psicologico con altri tipici dell’horror movie.

La sceneggiatura di “Red Rose” appare innovativa ed, in alcuni tratti, originale, richiamando per alcuni spunti la già citata serie di successo britannica “Black Mirror”. Al centro della riflessione non vi sono soltanto le insidie della tecnologia, ma anche quel senso di disorientamento e di angoscia che molto spesso informa l’età adolescenziale. Il grande e temibile rischio è proprio quello di chiudersi nei meandri di se stessi, cercando come improbabile rifugio il mondo virtuale dei social network. L’ universo digitale, infatti, può dare l’effimera illusione di elaborare una diversa immagine della propria personalità, capace in apparenza di superare i limiti ed i difetti di ciascuno. Ed è appunto su questa illusoria aspettativa che giocano la loro perversa partita i creatori dell’applicazione, cercando di convincere gli sfortunati destinatari di poter esaudire i loro desideri più reconditi, in cambio di una pericolosa separazione dalla realtà sensibile. Allo spettatore sembra quasi di assistere ad una moderna versione del “patto mefistofelico” di faustiana memoria, dove l’inquietante rosa rossa promette potere e successo, a dispetto della perdita definitiva della propria coscienza, o per chiamarla con un linguaggio religioso di tipo tradizionale, della propria  “anima”.

Al di là di alcune incongruenze nella sequenza degli episodi  e nella affrettata evaporazione di filoni narrativi secondari troppo compressi, uno degli elementi più riusciti della serie è, a mio avviso, la suggestiva e realistica ambientazione. La vicenda si svolge a Bolton, nel nord-ovest dell’Inghilterra, mentre le grandi città come Manchester, occupano un ruolo subalterno nel dipanarsi degli avvenimenti.      La fiction, pertanto, può risultare lo specchio dei componenti della società dei piccoli borghi del Regno Unito, con le rispettive consuetudini che un po’ li rendono emarginati rispetto agli abitanti delle vivaci metropoli. Gli stessi ideatori di “Red Rose”, nel corso di una recente intervista, hanno dichiarato di aver voluto rendere omaggio agli abitanti delle piccole comunità rurali, ancora in grado di mantenere il proprio senso di appartenenza autentico, al di fuori delle contaminazioni culturali e sociali delle grandi città. La particolarità dell’ambientazione, per questi motivi, ancora di più si presta a fare da sfondo ad un “teen drama”, nel quale le possibilità di evasione e di affrancamento, dalla triste banalità del quotidiano, appaiono più difficilmente praticabili. Non può sfuggire come i protagonisti, sia di sesso femminile che maschile, non siano i soliti “bellocci” che popolano le tante serie tv, ma siano stati scelti tra i tanti personaggi comuni dell’età adolescenziale, contribuendo a rendere più realistica la vis narrativa. Molto gradevole si è rivelata la selezione dei brani  della colonna sonora, composta da numerosi motivi pop, attingendo dalle grandi hit mondiali degli ultimi decenni. La vivacità della musica, molto spesso contrapposta alla suspence degli eventi, ben si addice ad un pubblico giovanile che può identificarsi nei principali attori della narrazione.

Un altro merito da riconoscere ai gemelli Michael e Paul Clarkson,gli abili ideatori di Red Rose, è l’assenza dell’utilizzo di fenomeni soprannaturali, come spiegazione plausibile  nel succedersi degli eventi.  Non si tende a delineare una malvagità di origine metafisica, che si impadronisca del web come in altre rappresentazioni cinematografiche, ma le azioni nefaste hanno un’origine prettamente umana e tristemente consapevole.

Red Rose, il finale della serie e il suo significato

Nel finale della prima stagione, da considerare nel complesso incerto ed aperto, per consentire un più che probabile seguito, i meccanismi dell’applicazione  Red Rose si palesano con maggiore chiarezza, quando in una serie di flash-back si tende a fare riferimento alle sue origini. L’applicazione sarebbe stata elaborata da un adolescente della scuola superiore di Manchester, di nome Jacob, per cercare di conquistare una compagna in apparenza irraggiungibile. Nel frattempo, l’ingenuo Jacob accetta i consigli di sconosciuti on-line, a cui confida le proprie pene d’amore. Questi ultimi riescono a raggirare il ragazzo: in particolare si distingue colui o colei che si impone come leader del gruppo, il famigerato giardiniere, facendosi nominatore amministratore del sistema e, potendo, di conseguenza, accedere a tutte le informazioni ed alle potenzialità raccolte in esso. Quando Jacob comprende le cattive intenzioni del “giardiniere”, che utilizza l’applicazione per torturare la povera Alyssa, è troppo tardi: entrambi gli adolescenti sono destinati ad un triste epilogo, come la già menzionata Roch. La creazione di Jacob viene progressivamente utilizzata per motivazioni sempre più sinistre, fino al collegamento con l’inquietante modo del dark web, dove gli utenti mantengono l’anonimato, sfogando le proprie frustrazioni nei giochi di persecuzione più abietti. Nelle caotiche scene finali, quando gli spettatori dell’orrido vengono smascherati, si ha l’illusione che tutto debba concludersi per il meglio, anche perché sembrerebbe svelata l’identità del misterioso “giardiniere”. A quel punto Jaya, la ragazza dalle abilissime capacità informatiche, che era riuscita ad hackerare l’applicazione, incrocia una misteriosa donna che lascia intendere di essere lei stessa “il giardiniere”. La donna, inoltre, si vanta di aver determinato il finale proprio in quel modo, per rendere il gioco più vivo ed interessante, sapendo distinguere, dalle informazioni accumulate, anche la vena violenta delle apparenti vittime. Tuttavia, è stato notato come tale personaggio femminile parli della sua identità “in terza persona”, cosicchè rimane il dubbio che lei stessa possa essere una pedina nelle mani dell’enigmatico “giardiniere”. A ciò si aggiunge il fatto che rimane anche in sospeso la questione della “cancellazione” dell’applicazione “Red Rose” ad opera di Jaya. Appare improbabile che il “giardiniere” ed i suoi accoliti non abbiano saputo prevedere un modo per preservare il sofisticato sistema, così fortemente voluto, dagli attacchi di hackeraggio esterno. Alcuni indizi disseminati negli ultimi concitati dialoghi che, a mio avviso, potevano essere sviluppati meglio, fanno capire che Red Rose sia ancora viva e vegeta,

Come abbiamo detto in apertura, Red Rose ripropone alcuni timori dell’angoscia collettiva, ormai galoppante nell’era digitale, già illustrati nella popolare serie tv Black Mirror, senza forse gli stessi risultati “cinematografici” sorprendenti, ma informando la vicenda narrata di realistici e gradevoli ingredienti da “teen drama”. Al di là delle considerazioni più scontate e di immediata evidenza, come l’assoluta fragilità di ogni strumento informatico, con l’impossibilità di proteggere integralmente i propri dati personali, fin dall’inizio della serie si ha la sensazione che Red Rose si alimenti di vita propria, assumendo un ruolo autonomo nell’intera storia.

Red Rose, creata dalla fantasia maniacale di un adolescente disperatamente innamorato e manovrata da un gruppo di criminali meschini che si nascondono, con falsi avatar, dietro ad una tastiera, può espandersi fino a raggiungere dimensioni impressionanti, riproponendo tutte le problematiche etiche e funzionali dei sistemi di intelligenza artificiale.