La Crimea: storia di una regione sempre in guerra

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La Crimea, come è noto, è una penisola che si affaccia sul Mar Nero, contesa tra Federazione Russa ed Ucraina, soprattutto per la sua importanza strategica dal punto di vista economico e militare. Essa è unita alla terraferma, in maniera naturale, soltanto dall’istmo di Perekop, che la collega alle regioni meridionali dell’Ucraina.  Nel 2018, tuttavia, la penisola è stata unita artificialmente anche al territorio della Federazione Russa mediante il collegamento che prende il nome evocativo di “ponte di Crimea”, costruito sullo stretto di Kerc.

Storia

L’etimologia del toponimo deriva, con ragionevole certezza, dal termine Qirim che, in lingua tatara, indicava l’agglomerato abitato di Stary Krym, l’antico capoluogo della provincia della Crimea, nel periodo storico di espansione dell’Orda d’oro. Dopo l’annessione all’impero russo, avvenuta nel 1783, il vocabolo tataro subì un’inevitabile russificazione, costituendo il presupposto per tutte le successive forme di denominazione della penisola.

Fin dall’antichità sul territorio della Crimea si sono succedute colonizzazioni di popoli diversi, a cominciare dai Cimmeri, dai Greci, dagli Sciti e dai Sarmati. Successivamente, pur subendo l’influenza dell’impero romano, la Crimea nei primi secoli dopo Cristo si dotò di un regime semi-autonomo, dovendo soccombere nel corso dell’Alto Medioevo, a causa delle ripetute invasioni di Goti, Unni, Bizantini e Bulgari, nonché di altre popolazioni di etnia turca e slava. Negli ultimi secoli del Medioevo, la penisola di Crimea diventò dominio dell’impero mongolo, nonostante una parziale colonizzazione dei territori costieri da parte della Repubbliche Marinare di Genova e di Venezia. Di seguito, dopo la caduta dell’impero mongolo, si formò il cosiddetto “khanato di Crimea”, un regno tataro formalmente indipendente, ma nella sostanza controllato dall’impero ottomano, fino alla conquista russa del 1783, a cui abbiamo fatto già riferimento. Dopo il conflitto di Crimea (1854-56), a cui partecipò anche lo Stato piemontese, seguendo la strategia politica di Camillo Benso Conte di Cavour, la Crimea fu conquistata dal morente impero turco e dalle potenze occidentali. Nel 1920 fu occupata dai Bolscevichi, entrando a far parte dell’orbita della Russia sovietica e prendendo il nome, l’anno seguente, di Repubblica Socialista sovietica Autonoma di Crimea.

Durante la seconda guerra mondiale, scattò sul territorio della penisola una feroce persecuzione ai danni di comunità di altri Paesi europei, tra cui quella italiana, accusate di collaborazionismo con il regime nazista.  Alla fine del conflitto, proprio la Crimea ospitò l’importantissima conferenza di Jalta che disegnò il nuovo ordine mondiale, con la contrapposizione delle due superpotenze mondiali, Stati Uniti ed Unione Sovietica, e delle loro rispettive sfere di influenza. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1990, un trattato bilaterale tra la Russia e l’Ucraina stabilì l’integrità dei confini dei due Paesi. Ma, l’anno successivo, la Crimea entrò a far parte della Repubblica indipendente di Ucraina, diventando uno dei motivi di maggior attrito tra i due stati, principalmente per la massiccia presenza della flotta russa nel Mar Nero. Dopo una serie di vicissitudini e di contrasti politici tra Russia ed Ucraina, la diatriba apparentemente sembrò superata nel 1995, quando l’Ucraina riconobbe la creazione della Repubblica autonoma di Crimea, concedendo maggiori autonomie amministrative alla regione. 

Il problema, comunque, era destinato ad esplodere, considerando che nel 2001 la popolazione in Crimea era per circa il 60% di etnia russa, mentre soltanto il 24% di etnia ucraina (il resto si suddivideva in altre minoranze, tra cui quella tatara per circa il 12%). Nel 2014 scoppiò la cosiddetta “crisi di Crimea”, con la relativa occupazione da parte delle truppe russe e l’annessione alla Federazione, a seguito di referendum popolare, alla presenza di osservatori internazionali non considerati imparziali dalla maggior parte dei Paesi occidentali. Il responso del referendum avrebbe sancito una schiacciante vittoria della Federazione Russa, a favore della quale avrebbe votato circa il 94% dei cittadini recatisi ai seggi. Come vedremo in seguito, la questione è tutt’altro che conclusa, anche perché Unione Europea, Stati Uniti, nonché la maggioranza dei Paesi membri dell’ONU non hanno riconosciuto l’annessione russa. Pertanto, de iure, seguendo i principi del diritto internazionale, la Repubblica di Crimea apparterrebbe ancora all’Ucraina o, quanto meno, è necessario augurarsi l’inizio di un processo conciliativo che ne sancisca l’indipendenza.

Geografia e attrazioni

La morfologia fisica della Crimea è decisamente singolare, in quanto si presenta come una penisola principale che si ramifica, a sua volta, in altri bracci secondari. La parte più settentrionale è segnata dall’istmo di Perekop che, come abbiamo già detto, la unisce all’Ucraina meridionale e, più precisamente all’oblast di Cherson. L’istmo forma una lingua di terra molto esile: esso è lungo appena circa 6 km, mentre raggiunge una larghezza massima di 7 chilometri. La restante superficie della Crimea si espande fino ad occidente nella ramificazione, chiamata penisola di Tarkankut, mentre ad oriente è bagnata dallo specchio d’acqua del Mare d’Azov, adagiandosi nella penisola di Kerc che si trova proprio di fronte alla terra di Taman sul territorio russo.

Oggi queste due propaggini prospicienti sono collegate dal già menzionato “ponte di Crimea”. Si tratta del ponte di collegamento più lungo di tutta la Russia e anche d’Europa, un vero simbolo di potere per il regime di Mosca. Il presidente russo lo inaugurò in prima persona, salendo alla guida di un camion per attraversarlo, precedendo un corteo celebrativo. Per l’Ucraina sarebbe un colpo grosso riuscire ad abbattere il ponte di Crimea, un’opera colossale lunga ben 19 chilometri. Quando i rapporti fra i due popoli erano ancora discreti, decisero insieme di progettarlo e di procedere alla sua costruzione. Ma, nel 2014, dopo l’annessione russa ed il definitivo deterioramento delle relazioni, Mosca decise di procedere da sola nella realizzazione dell’ambizioso progetto.

Di particolare suggestione storica è la punta meridionale, denominata Capo Saryc  dove, secondo la mitologia greca, sorgeva uno dei più importanti templi dedicati ad Artemide nel mondo ellenico, famoso perché ivi celebrava i suoi culti la sacerdotessa Ifigenia. Gran parte del territorio crimeo è formato da praterie piuttosto aride che rappresentano una naturale prosecuzione delle steppe russo-ucraine. La zona sud-occidentale, invece, ospita una catena montuosa alquanto pronunciata, i cosiddetti Monti della Crimea, chiamati anche Monti Taurici, la cui vetta più importante è costituita dal Roman-Kosh che raggiunge i 1544 metri sul livello del mare. Il litorale della costa sud-orientale, partendo da Capo Saryc fino ad arrivare alla zona di Freodosia, è disseminato da una rigogliosa vegetazione di tipo mediterraneo, che ha favorito la nascita di rinomati luoghi di villeggiatura, come la già menzionata Freodosia, Jalta, Alusta e Sudak.

Possedere una dacia in questi luoghi, durante il periodo sovietico, era sinonimo di un lusso consentito soltanto ai membri più eminenti del Partito Comunista. Ancora oggi, a cominciare dal Presidente Putin, molti oligarchi russi possiedono residenze principesche in questa zona della costa. Il clima, soprattutto lungo il litorale, è di carattere mediterraneo, anche se la stagione invernale può essere molto fredda, a causa dei venti che soffiano da settentrione. La parte interna presenta un clima continentale temperato, mentre sulla costa meridionale si è assistito ad una progressiva sub-tropicalizzazione del clima, a causa delle correnti calde che fluttuano nel Mar Nero.

La Crimea è una penisola ricca di bellezze paesaggistiche ed artistiche. Gli studiosi ritengono che il quarantacinquesimo parallelo, che la attraversa, segni la fascia del nostro pianeta più favorevole all’insediamento umano per clima e vivibilità. L’instabilità politica di quell’area geografica, tuttavia, non ha mai favorito particolarmente il turismo straniero, oggi del tutto assente per il conflitto russo-ucraino.

Cominciando dal tratto di costa meridionale, dove si trovano le spiagge più suggestive, una menzione speciale merita la cosiddetta “Baia blu” che si affaccia a venti chilometri dalla bella e storica città di Jalta. L’insenatura, grazie al suo microclima caldo ed asciutto, presenta una aspetto paesaggistico subtropicale, impreziosito dalla peculiare sagoma delle montagne che la circondano, i monti del Gatto (il nome deriva proprio dalla forma del simpatico animale domestico). Nei pressi della baia sorge il pittoresco villaggio Nuova Luce, una volta chiamato “Paradiso”, fondato alla fine del XIX secolo dal principe Lev Golitsyn, che adattò la regione ad una fiorente produzione di vini frizzanti. Ancora oggi sono visibili i palazzi fatti costruire dal nobile, che presentano notevoli pregi architettonici.

Abbiamo già menzionato, per diversi motivi, la città di Jalta che, senza dubbio, rappresenta uno dei luoghi più rinomati dell’intera Crimea. La sua storia affonda radici nel dodicesimo secolo, quando un geografo arabo la descrisse come porto bizantino. Successivamente divenne una delle colonie commerciali della Repubblica di Genova, fino alla conquista da parte dell’impero ottomano ed al dominio imperiale russo dopo circa tre secoli. La città è attraversata dai fiumi Derekojka ed Ucan-Su, che serpeggiano tra palazzi eleganti della bella epoque e squadrati edifici sovietici. Nella sua baia si trovano spiagge molto frequentate fin dal periodo della guerra fredda.

Uno dei posti più incantevoli della penisola di Crimea è “la grotta di marmo”, la cui apertura si trova a circa novecento metri sul livello del mare. Nel 1989 questo antro di singolare bellezza è stato reso accessibile ai visitatori, offrendo un itinerario turistico di un chilometro e mezzo tra colorate stalattiti e stalagmiti. In particolare, l’atrio della Perestrojka, uno dei più ampi d’Europa, offre uno spettacolo davvero magnifico di effetti ottici straordinari, come cascate di roccia, pilastri naturali e fiori di cristallo. Nella parte più profonda, è possibile ammirare un vero e proprio museo mineralogico naturale. Gli speleologi di fama mondiale hanno annoverato la “grotta di marmo” tra le cinque grotte più belle del pianeta.

Avvicinandosi alla città di Balkchisarai, il pellegrino scorge la città rupestre di Chufut Kale, fondata nel VI secolo dopo Cristo. Nella zona più occidentale della città, sono presenti ancora numerose case scavate nella roccia, nonché i resti di una moschea ed il mausoleo dedicato alla figlia del Khan Toktamish dell’Orda d’oro. Non lontano dalla “città di pietra” spicca il monastero della Santa Dormizione che, in realtà, forma un vero e proprio comprensorio religioso, composto da chiese e da cappelle, scavate direttamente nella roccia nel VII secolo d.C., in piena epoca bizantina.

Spostandoci nel territorio della penisola di Tarkhankut che, come evidenziato in precedenza, forma l’estremità occidentale della Crimea, scorgiamo i resti della città greca Kalos Limen, vicina ad alcuni tumuli funerari degli Sciti e ad un faro di età medievale. La zona costiera di Tarkankut  è una mèta ambita per gli amanti di immersioni subacquee per la particolare configurazione, dovuta a frane, slavine e smottamenti di vario genere. Ma vi è un’attrattiva ancora più strana: a cento metri dalla costa e a dodici di profondità, si incontra il museo sottomarino del Viale dei leader, dove sono collocate le statue inabissate di Lenin, Marx e di altri importanti politici, artisti ed eroi sovietici, come il cosmonauta Yuri Gagarin. Ovviamente per poter procedere alla visita del “museo sottomarino”, è necessario dotarsi dell’equipaggiamento adatto e seguire minuziosamente le istruzioni della guida.

Nella parte settentrionale della Crimea, i turisti più arditi possono visitare un luogo dall’ipnotica bellezza, il Sivash, chiamato anche “mare marcio”, per l’enorme distesa di lagune salate dall’odore nauseante, ma ricche di colori accesi ed indimenticabili.    Il Sivash forma un sistema di lagune e di paludi di circa 2500 chilometri quadrati, dove si è diffuso un tipo singolare di alga unicellulare, la Dunaliella, che attribuisce un generale sfondo di colore rosa all’intera area. Per poter ammirare lo straordinario tripudio di colori delle lagune salate, bisogna tapparsi il naso o trascurare il fetore emanato dalle acque putride.  Durante il periodo sovietico, una buona parte del territorio dello Sivash veniva usata per l’estrazione del sale. Ancora oggi, i resti di una miniera di sale, che come ombre spettrali emergono dalle acque, contribuiscono a rendere il paesaggio circostante ancora più misterioso ed inquietante.

Non può mancare una visita al sito archeologico di Chersoneso Taurica, considerato dall’UNESCO uno dei cento monumenti più significativi per la cultura mondiale. Si tratta di un luogo che testimonia la sovrapposizione delle diverse civiltà che hanno colonizzato la penisola di Crimea, dalla fondazione da parte dei Greci nel VI secolo a.C., fino alla conquista bizantina avvenuta circa 1100 anni dopo. Sulle rovine della vecchia Chersoneso Taurica, tra il 1783 ed il 1784, a seguito dell’avanzata dell’impero russo, fu fondata la città di Sebastopoli, attualmente il centro urbano più importante della Crimea. In considerazione della sua posizione strategica dal punto di vista militare, Sebastopoli fu dichiarata “città chiusa” durante la guerra fredda, passando formalmente dalla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Ciò creò il presupposto formale affinchè, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, seguisse le sorti del neo-indipendente stato ucraino. L’etimologia del nome deriva da due termini greci, sebastòs (venerabile) e polis (città), traducibile in italiano in maniera traslata con le espressioni “città maestosa” o “città della gloria”. Secondo alcuni storici, la scelta del nome sarebbe stata originata da una dedica alla zarina Caterina II. Sebastopoli è una città molto fiorente dal punto di vista commerciale, industriale e militare, ospitando una base navale fondamentale per il controllo sul Mar Nero.

Tra le città più notevoli della Crimea, non si può dimenticare Bakhchisarai, l’antica capitale del khanato che comprendeva l’intero territorio della penisola. Nella lingua tatara, il nome della città significa “palazzo giardino”, per la varietà della sua vegetazione e per la bellezza paesaggistica. L’antica capitale conserva ancora edifici davvero interessanti come il palazzo del khan, la moschea risalente al IX secolo, le terme di Sary Gusel del periodo ottomano e la celebre “fontana delle lacrime”, protagonista di una struggente poesia di Alexander Pushikin.

Dagli elementi già analizzati, emerge come la Crimea costituisca uno dei territori maggiormente contesi tra Federazione Russa ed Ucraina. Il referendum organizzato con modalità a dir poco precipitose dal regime di Mosca il 16 marzo 2014, peraltro sotto il diretto controllo di truppe armate, ha sancito l’annessione russa, riconosciuta da pochissimi Paesi della comunità internazionale.  Ai secolari risentimenti della popolazione ucraina e della minoranza tatara nei confronti di Mosca, si aggiungono ulteriori problematiche che provengono dalla dimensione socio-religiosa. Nella sua storia millenaria, in Crimea si sono diffuse molteplici confessioni religiose che hanno convissuto a lungo pacificamente. Tuttavia, le recenti crisi hanno favorito la diffusione di gruppi estremisti islamici, a causa della presenza di frange wahhabite che godono di cospicui appoggi finanziari da parte di alcuni Paesi del Medio-Oriente. Per la maggior parte degli osservatori internazionali, il punto di partenza per il buon esito del negoziato di pace tra Federazione Russa ed Ucraina dovrà essere proprio la questione della penisola, regina del Mar Nero.

Non bisogna dimenticare che, nonostante i seri dubbi sulla correttezza dell’annessione, a seguito del referendum del 2014, la Crimea sia sempre stata in prevalenza russofila. Nel pieno rispetto del principio dell’autodeterminazione dei popoli, non si può affatto trascurare questo importantissimo elemento. Nell’ambito dell’attuale conflitto, se si dovesse procedere ad una formalizzazione definitiva del passaggio della penisola sotto la giurisdizione di Mosca, vi potrebbero essere più possibilità di giungere alla tanto sospirata pace, prima che l’emergenza internazionale peggiori ulteriormente, mietendo vittime non solo sui teatri operativi. La storia si ripete: l’imperialismo militare russo si scontra con l’altrettanto imperialismo egemonico delle potenze occidentali. Non possiamo fare a meno di ricordare l’assedio di Sebastopoli del 1854, quando le truppe francesi ed inglesi, affiancate da quelle del Regno di Sardegna e dell’impero ottomano, cercarono di respingere l’esercito dello zar che aveva occupato la città.

Il conflitto si concluse con il trattato di Parigi che, peraltro, creò i presupposti politici per l’unità d’Italia che si era guadagnata la fiducia degli alleati europei, grazie all’abile mossa diplomatica di partecipare al conflitto in Crimea. Ed oggi, si spera, che a Parigi o in un’altra città del vecchio continente, possa essere indetta una conferenza di pace per mettere fine al disastroso conflitto in atto.