La bellezza di Kiev: storia, simboli e coraggio di una città in guerra

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In questi giorni stiamo assistendo all’escalation del conflitto tra Russia ed Ucraina, a scenari di guerra che non avremmo più voluto vedere sul suolo europeo. Dalla notte del 24 febbraio 2022 la capitale Kiev, oltre ad altre importanti città del Paese, come Odessa e Karkov, vengono bombardate, mentre le sirene suonano la consueta triste melodia che allarma i cittadini, dei quali molti tentano una disperata fuga.

Cerchiamo di delineare una breve sintesi relativa ad una città dalla storia difficile che rispecchia in pieno le sorti di un popolo travagliato come quello ucraino.

La storia della città

Le origini di Kiev sono piuttosto confuse, anche se gli storici sono concordi nel ritenere che la sua fondazione risalga al periodo dell’impero romano d’oriente, quando la città iniziò ad assumere il ruolo di importante snodo commerciale tra Costantinopoli e l’Europa centro-settentrionale.

Nella sua area, in età scitica, all’incirca tra il settimo ed il sesto secolo a.C., vi era già un fiorente emporio commerciale che intratteneva relazioni con le città di lingua greca che si affacciavano sul Mar Nero.

In pieno Medioevo, la città dapprima denominata Danaprstadr, finì sotto il dominio delle popolazioni slave-variaghe, acquistando maggior prestigio ed influenza sul territorio circostante ed assumendo il nome di Kiev, etimologicamente ricollegabile alla figura di una mitica fondatrice chiamata Kij.

La città così rinnovata e fortificata diventò tanto importante da guadagnarsi il titolo di “madre delle città russe”, così come attesta lo storico Oleg di Novgorod. Ovviamente non dobbiamo cadere nel tranello di ritenere per “Russia” l’attuale estensione dello stato omonimo, dal quale la stessa Kiev è stata bombardata, ma saper distinguere che con il nome rus’, nel Medioevo, si designava l’intera regione geografica e commerciale che gravitava intorno a Kiev.

Per alcuni secoli, la città fu la capitale del più importante stato slavo orientale-variago, conosciuto proprio con l’appellativo di Rus’ di Kiev. Le sorti cambiarono drasticamente nel 1240, quando la “madre delle città russe”  fu saccheggiata in maniera devastante dai Mongoli. Nei secoli successivi si sono succedute diverse dominazioni straniere: l’appartenenza allo stato di Galizia-Volinia, al Granducato di Lituania, al Regno di Polonia per finire sotto il dominio della Russia a partire dalla metà del diciassettesimo secolo. L’unica eccezione indipendentista fu rappresentata dall’effimero stato cosacco-ucraino instaurato nel 1648 e caduto dopo qualche anno sotto i colpi dell’invasione russa.

Nel ventesimo secolo Kiev diventò la capitale della RSS Ucraina dell’Unione Sovietica, seguendo le sorti del regime comunista fino alla tanto sospirata indipendenza dello stato ucraino conquistata nel 1991.

Tra i giorni più oscuri vissuti dalla città, è da menzionare sicuramente il 19 settembre 1941 quando, durante l’Operazione Barbarossa, Kiev fu occupata dalla Germania nazista che disintegrò una divisione dell’Armata Rossa che controllava la zona. I Tedeschi fecero circa 650.000 prigionieri, eseguendo massacri incontrollati e senza criterio, come lo sterminio di massa mediante fucilazione di più di 33.000 Ebrei.

Kiev fu riconquistata dall’Armata Rossa nel 1943 e per le grandi gesta dimostrate dai suoi cittadini durante la guerra, ottenne il titolo di “Città eroina”.

Come capitale e principale centro finanziario dell’Ucraina, è stata anche negli ultimi decenni lo specchio delle contraddizioni e dell’instabilità politica di quel Paese.

Gli anni recenti

Negli ultimi anni i cittadini sono più volte scesi in piazza per manifestare il proprio dissenso nei confronti dei diversi regimi che si sono avvicendati, in particolare mostrando insofferenza verso quelli filo-russi, considerati quasi una sorta di governi-fantoccio.

Nell’ottobre 2004 scoppiò la cosiddetta “rivoluzione arancione”, una manifestazione imponente per sostenere l’elezione del candidato presidenziale Victor Juscenko, a cui parteciparono circa 200.000 persone provenienti da tutta l’Ucraina.

Più di recente, nel novembre 2013, numerosi manifestanti iniziarono una vibrante protesta contro il presidente Viktor Janukovyc, colpevole, agli occhi del suo popolo, di aver favorito il blocco dell’accordo di progressiva associazione tra l’Ucraina e l’Unione Europea. Le manifestazioni durarono fino al febbraio 2014, dopo scontri sanguinosi che portarono alla morte sia di cittadini che di poliziotti, con la deposizione del contestato leader da parte del Parlamento.

Kiev oggi: luoghi e simboli della città

Kiev è una città cosmopolita, sospesa tra l’antico ed il moderno, con tante tracce della monotona e povera architettura del periodo sovietico. Pur non essendo ancora entrata nel novero delle città più turistiche, a mio avviso, non ha nulla da invidiare alle altre grandi capitali europee. Con i suoi circa tre milioni di abitanti ha assunto l’aspetto di una metropoli che, prima della guerra, si poteva girare tranquillamente grazie ad un efficiente sistema di trasporti locali, tra cui spiccano tre linee di underground ed una serie di ferrovie urbane e suburbane.

Ebbi la fortuna di visitare la capitale ucraina in miti giornate di ottobre, accompagnato da un cielo costantemente azzurro, fatto insolito per il clima consueto del suo territorio.

Lo spazio verde più famoso, il Khreshchaty Park, a pochi passi da Piazza Indipendenza, il cuore pulsante della città, si tingeva di caldi colori rossi ed aurei, resi ancora più suggestivi dalla forma del colle, la cui sommità offriva una vista a tutto tondo della metropoli.

Desta un certo sgomento, alla luce degli eventi tragici degli ultimi giorni, ripensare all’Arco dell’amicizia, collocato all’interno del parco, un imponente arco di titanio che incornicia due operai, uno russo ed un altro ucraino, come simbolo dell’Ordine dell’amicizia dei popoli. Nel corso della manifestazione canora internazionale Eurovision Song Contest, tenutasi a Kiev nel 2017, all’Arco è stata attribuita l’emblematica denominazione di Arch of Diversity.

La parte più interessante di Kiev è sicuramente la Città Vecchia, che si trova ad est del fiume Dnepr, nel cui comprensorio sono concentrate le maggiori attrazioni della capitale ucraina. In questa zona si diramano le strade più suggestive, come la Volodimirska, dove si possono ammirare i monumenti storici di maggior pregio, come la chiesa di Santa Sofia, la Khreshchatik, ricca di negozi e di mercati, nonché la discesa Andriyiski, costellata di gallerie, teatri ed impreziosita dalla Chiesa di S.Andrea. Forse questa discesa è uno dei punti più affascinanti della città che, attraversando la zona antica,  arriva fino al quartiere Podl ed al porto fluviale, un tempo crocevia di scambi commerciali tra Occidente ed Oriente.

Un edificio di questo quartiere mi ha colpito in particolare: il Richard’s Castle, chiamato alla maniera anglosassone per la sua notevole somiglianza con un castello medioevale.

Nello stesso quartiere di Podl vi è l’Occhio di Kiev, ovvero la grande ruota panoramica, diventata, così come avvenuto in altre città europee, una delle icone della capitale ucraina, resa ancora più imponente per la prossimità a casette basse e colorate dal chiaro sapore retrò.

L’edificio di certo più rappresentativo di Kiev è la Cattedrale di Santa Sofia, costruita sul modello dell’Hagia Sofia di Istanbul, di cui richiama la struttura portante, seppure in dimensioni più contenute. La cattedrale, dichiarata di recente Patrimonio Unesco, risale alla prima metà dell’undicesimo secolo e, nel primo periodo dopo il suo completamento, era adoperata come sepolcro dei nobili che governavano la città, diventando il luogo di culto più importante di quell’area geografica soltanto successivamente. La chiesa, formata da 5 navate e da tre absidi, contiene cupole incantevoli ed alcuni mosaici di tipologia bizantina di grandissimo valore artistico, come il cosiddetto “Mosaico della Vergine”. Purtroppo Santa Sofia, nel corso della propaganda antireligiosa promossa dal governo sovietico negli anni Venti del secolo scorso, cadde in uno stato di degrado e riuscì a salvarsi soltanto grazie al tenace e silenzioso lavoro di storici ed appassionati d’arte che convertirono, in maniera temporanea, il suo utilizzo in Museo.

Alla Cattedrale di Santa Sofia è legata una misteriosa leggenda: quella che riguarda la tomba del suo presunto fondatore, un certo Jaroslav il Saggio.

Alcune fonti riportano che questo personaggio fu seppellito nella chiesa insieme a sua moglie, ma quando la tomba fu riaperta nel secolo scorso, fu ritrovato soltanto il corpo di una donna con una copia della Pravda del 1964. Qualche testimonianza avrebbe sostenuto che lo scheletro di Jasoslav era stato trafugato da un sacerdote emigrato negli Stati Uniti. Tuttavia, il mistero non è stato ancora svelato.

Oltre a Santa Sofia, Kiev può vantare altri luoghi di culto davvero notevoli, tra cui segnalo in particolare la già citata cattedrale di Sant’Andrea, fatta edificare dall’imperatrice russa Elisabetta che voleva rendere Kiev una delle sue sedi di residenza estiva. La chiesa fu progettata da un nostro connazionale, Bartolomeo Rastrelli e fu completata nel 1750 in stile barocco-rococò. S. Andrea domina la città dall’alto, presentandosi quasi come una versione ucraina della più celebre Montmartre parigina.

Ciò che colpisce di più di quest’edificio religioso, con una sola cupola e cinque guglie decorative, è l’architettura composita ed eccentrica, ricavata da una commistione di stili diversi: all’orientamento barocco-rococò di fondo, si aggiungono alcuni elementi neoclassici, come le colonne corinzie che sono disseminate nell’intera costruzione.

E S. Andrea stupisce per la sua magnifica terrazza panoramica, che si estende intorno a tutta la cupola, regalando un panorama mozzafiato della metropoli, con osservazione privilegiata sul fiume e sul quartiere Podil, un luogo amato da letterati di grande successo come Gogol e Bulgakov.

Alle due cattedrali già descritte, aggiungo un altro luogo di grande fascino il Monastero collinare, dedicato all’Arcangelo Michele, protettore della città di Kiev ed invocato come suo salvatore soprattutto durante i sanguinari attacchi dei Mongoli.

Al Monastero si può arrivare con una panoramica funicolare, aperta nel lontano 1905, che costeggia l’altro fiume di Kiev, il Nipro. La parte esterna del Monastero fu ricostruita nel diciottesimo secolo in stile barocco, mentre la parte interna conserva il suo tradizionale volto bizantino.

L’aspetto esterno è imponente e tipico delle chiese orientali: colori pastello nel rivestimento esterno e cupole dorate visibili da un’ampia superficie della città.

Queste ultime caratteristiche sono comuni allo stupendo complesso del “Monastero delle Grotte”, che si innalza al centro di un immenso spazio verde, sede della residenza del Patriarca Metropolita di Kiev e compreso tra i luoghi scelti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Si tratta, in realtà, di un vero e proprio complesso di chiese completate nel XV secolo, l’una superiore e l’altra inferiore.

La leggenda racconta che Antonio il Venerabile, nell’undicesimo secolo, desiderò allontanarsi dal frastuono della città, per vivere una vita da eremita in una grotta.

Ed allora iniziò a scavare insieme ad altri confratelli, creando una sorta di labirinto formato da piccole grotte e cunicoli, sul quale alcuni secoli dopo sarebbe sorto il complesso monastico.

Accanto alle attrazioni artistiche e naturali, Kiev conserva la memoria di eventi tragici del suo passato, come testimoniano il Grande Museo della Guerra Patriottica ed il Museo di Chernobyl. Il primo edificio è stato costruito per commemorare le vittime della seconda guerra mondiale, di cui si distingue l’atrio, dove vi è una mostra permanente, forse troppo cupa e macabra, delle atrocità compiute dagli occupanti nazisti. Tra le installazioni esterne al Museo, si nota la gigantesca statua della Madre Patria, un’opera di titanio che raggiunge il peso di 560 tonnellate che, con la mano destra impugna una spada lunga 16 metri  e con quella sinistra uno scudo.

Il secondo edificio rievoca l’immane tragedia del disastro nucleare che colpì la centrale di Chernobyl nel 1986, a soli circa 130 km dalla capitale ucraina.

All’interno del palazzo, che si fa notare per il suo colore giallo acceso, la tragedia nucleare è raccontata con fotografie, copie di documenti ed oggetti sopravvissuti alla catastrofe. Il drammatico evento di Chernobyl, i cui danni diretti ed indiretti si sono diffusi in gran parte dell’Europa, è ancora oggi un importante monito per scongiurare gli effetti di un progresso tecnologico selvaggio ed incontrollato.

Nell’intera area dell’ex Unione Sovietica, il problema delle centrali nucleari è ancora più stringente, in quanto non sono conosciute le esatte modalità di tenuta e di manutenzione e, per alcune di esse, si ignora perfino la precisa ubicazione.

Kiev in guerra

I venti di guerra che soffiano impetuosi in Ucraina, plasmando un conflitto fra due stati sovrani europei per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, ci fanno riflettere sulla pericolosità di un escalation internazionale che possa sfociare perfino in uno scontro nucleare di carattere apocalittico.

Tra i negazionisti ad oltranza ed i millenaristi sfrenati, vi è una posizione intermedia: coloro che cercano di approfondire i fatti del passato e di discernere i segni dei tempi del presente, per poter interpretare nel migliore dei modi ciò che può accadere nel futuro. Lo spettro di una terza guerra mondiale torna prepotentemente a rivivere e di nuovo si teme che tutte le sovrastrutture pacifiste costruite negli ultimi decenni, intorno ad organizzazioni, slogan e sensibilizzazioni di vario genere, possano crollare come castelli di carte, davanti agli interessi politici ed economici che non sono altro che espressioni, su larga scala, delle miserie umane.

E nei grandi momenti di crisi, come è avvenuto per la pandemia da covid-19, anche i più scettici si riavvicinano al divino, riscoprendo antichi testi e profezie che si cerca di adattare al proprio contesto socio-culturale.

In particolare, per gli appassionati del settore, rimane ancora di difficile interpretazione il terzo segreto di Fatima che potrebbe riguardare proprio la previsione di una terza guerra mondiale, in grado di minacciare la civiltà umana per come la conosciamo oggi.

Le forze russe si sono ormai spinte nella capitale ucraina, i cui cieli sono stati ripetutamente bombardati. Ciò non accadeva dalla tremenda invasione tedesca già accennata. Impauriti dall’invasione russa, al suono delle sirene molti cittadini si rifugiano nelle stazioni della metropolitana e nei bunker già predisposti all’occorrenza. Si susseguono continuamente gli appelli del presidente Zelensky rivolti anche al popolo russo, affinchè si unisca nella lotta contro la guerra, così come impressionano le raccomandazioni del sindaco di Kiev, Klitscko, che esorta i tre milioni di abitanti a rimanere in casa, a parte i lavoratori che occupano ruoli critici, invitando tutti a preparare borse con i beni di prima necessità, come cibi, medicinali e documenti. E’ superfluo ribadire che si tratta di una situazione gravissima a cui non avremmo più voluto assistere.

Non è la sede per esprimere una valutazione sul merito del conflitto che affonda note radici storiche di rivendicazioni e di confini geografici troppo “politicamente” disegnati, a seconda della volontà del vincitore di turno. Non è neanche la sede per riflettere sul risentimento russo nei confronti di una politica americana troppo invadente dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, o sulla sorniona strategia cinese che da un lato predica l’inviolabilità di ogni stato sovrano, dall’altra si oppone a qualsiasi iniziativa sanzionatoria nei confronti della Russia, sua partner commerciale privilegiata. E non è neanche la sede per comprendere la difficile posizione dell’Unione Europea, un gigante culturale che gode ancora di un discreto benessere economico, ma che nello scacchiere strategico internazionale sta assumendo una posizione marginale, ad esclusione del prestigio di cui ancora gode nell’attività di mediazione.

Kiev, la fredda città sotto i bombardamenti, con le sue cupole d’oro, le ampie strade ed i grandi parchi, diventa il simbolo di una tragedia che può colpire ogni città europea, costituendo altresì un monito sulla precarietà del debole sistema pacifista disegnato negli ultimi decenni e costruito, comunque, su una interconnessione  fra gli stati, a livello globale, molto fitta quanto sterile, perchè basata su abissali diseguaglianze nella distribuzione delle risorse.