Estetica isterica

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Con nevrotico impegno, ci chiediamo che forma possano avere i concetti più astratti, ma linguisticamente abusati, nel fluido pensiero di un uomo “qualsiasi” in un momento “qualunque”.

Ribadiamo quanto la meraviglia sia sempre di più accostata ad uno sconvolgimento, molto spesso reclamato e eccitato (provocato) da un torpore rumoroso di prudenze e impulsi sentimentali e sensibili. La filosofia lasciamola stare.

L’estetica è particolarmente consuetudinaria per i più, inafferrabile per i pochi, è chiaro a tutti!

Siamo autorizzati ad ammetterne la logica e a decretarne di conseguenza un giudizio che possa accontentare ciò che deve essere bello, perché (bello) ce lo aspettiamo.

Escludiamoci dalla realtà, il paese dei balocchi non esiste, eppure moralmente ci ha convinti quanto la perdizione sia eccentricamente una “signorina di bell’aspetto”, ma da isteriche pretese e tornaconti. Lo sa bene il vecchio cinema d’autore, oggi disturbato da scarsa perseveranza nella realizzazione di una proiezione futura ma di esplicita originalità ormai passata. Deserto rosso è un accostamento di colori perfetto. La Vitti è suprema oggi la Ciociara ieri, e da Sempre l’immaginario maschile, detentore di verità estetica abbuffata e pateticamente fisica, metro di misura orgogliosamente piazzato in uno stadio di ignoranza mentale, gongola tra canoni pieni di errati orrori, scambiati per nuova e visionaria estetica di linguaggio, fermo a cosce, seni e rotondità di cui poco ci importa.

Immergiamoci nuovamente, al caro Wes Anderson consentiamo ancora l’attrazione dell’inganno, ammirando l’abbinamento di un tailleur color pastello perfettamente indossato da paradossi e risentimenti surreali che appaiono d’intensa intesa mentre canticchiano i primissimi Beatles.

Diciamolo, è tutto esteticamente concettuale e prolisso di politiche che si son riempite la bocca di “socializzazioni d’avanguardia” nei confronti di  uno spettatore dormiente ma pienamente immedesimato e stranamente comprensivo di uno stile di vita pasoliniano, eticamente riflessivo sotto il sole ed eticamente impulsivo nell’ombra dell’essere.

L’effetto “stupefacente” è breve e molto spesso resta seduto sulle poltroncine rosse, evidentemente scomode se paragonate al comfort venduto da funzionali pubblicità o alle misere vendite di Aldous Huxley, irriverente nel ‘54 ma ben praticato da ragazzini a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, annoiati e inghiottiti dalla pelle di scarsa qualità delle loro giacche.

Ma il masochismo è affascinante; allora concediamoci un valzer, dondoliamo a tempo con l’ipocrisia di una bellezza interiore inesistente, esorcizziamo l’estetica interiore, promettendo una caccia al tesoro alla ricerca di illusoria pratica di un pensiero dissonante e fingiamo di essere Simone de Beauvoir e il nostro cavaliere Sartre. Immaginiamo che la discussione verta sulla scarsa qualità del vino che per noi tutti, alla fine, sarà la verità di questo racconto. Giriamo nel nostro salotto (qualcuno direbbe circondati da “la fiera della vanità”) è impensabile non avvertire un giramento di testa, se la percezione estetica potesse parlare ci assassinerebbe tutti, enormemente distratti dal passionale desiderio di un appiglio che possa generare apprezzamenti altrui senza considerare le solitudini e scarse auto celebrazioni di un’idea innovatrice e traditrice. Continuiamo a danzare, il concetto estetico incontra il suono e ne genera movimento, se la musica progressiva sia solo un’immagine invecchiata di un sistema psichedelico chiaro e definito da chi oggi risente di una attuale cattiva imitazione?

Alleggeriamoci (accontentiamoci), Lou Reed non c’è più e i jeans a zampa son tornati con la stessa velocità di chi è scomparso o forse ha cambiato indirizzo o forse è il parente misterioso nella prossima puntata tra vallette e valletti affamati da luoghi di mistificazione relazionale,e allora vecchio Micheal Philipe Jagger non ci resta che sederci con i nuovi invitati; banchettiamo con l’elettricità e immaginiamo quando la fiamma diventerà fumo, l’idea innovatrice e traditrice si sazierà di noi.

D’un tratto il dialogo tra Caronte (inganno) e Virgilio (bello) assume un senso… dall’altra parte un’isterica atmosfera estetica.