Giove: il pianeta lontano fondamentale per la Terra

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Sapevate che nell’equilibrio del sistema solare e soprattutto per lo sviluppo della vita sul nostro pianeta, gioca un ruolo fondamentale la posizione di Giove? Forse non è soltanto per le sue gigantesche dimensioni che gli antichi l’avevano associato alla più importante delle divinità olimpiche.

Struttura e morfologia

Ma andiamo con ordine, occupiamoci innanzitutto delle sue caratteristiche morfologiche principali. Giove è il quinto pianeta per distanza dal Sole ed è il più grande del nostro sistema planetario. Basti pensare che la sua massa costituisce due volte e mezza la somma di quelle di tutti gli altri pianeti messi insieme, tanto da meritare il titolo di “gigante gassoso”. La composizione di Giove somiglia a quella del Sole, essendo formato in prevalenza da idrogeno ed elio, anche se sono presenti discrete quantità di altre sostanze, come l’ammoniaca, il metano e l’acqua.

Nell’ambito della sua struttura, che gli astronomi definiscono “pluristratificata”, vi sarebbe solo un nucleo solido di matrice rocciosa, formato da carbonio e silicati di ferro, mentre al di sopra si troverebbe un mantello di idrogeno metallico ed un’ampia e composita copertura atmosferica, la cui caratteristica principale è quella di provocare elevatissime pressioni. In realtà, la superficie di Giove si confonde con la sua atmosfera, per la presenza di nubi di vari colori e disposte secondo “bande” parallele all’equatore, ad eccezione delle regioni polari. L’effetto cromatico è davvero sorprendente: le nubi più chiare (raggruppate in zone) sono formate da gas caldi ed ascendenti, mentre quelle più scure (raggruppate in fasce) comprendono gas freddi e discendenti.

Alcuni studiosi ritengono che l’atmosfera di Giove abbia notevoli similitudini con quella della Terra nel corso dei suoi primi 100 milioni di anni di esistenza. Non è semplice penetrare nella coltre di nubi del gigante gassoso, anche se in alcune circostanze la presenza di macchie ovali scure permette di osservare, attraverso l’indagine spettroscopica, l’aspetto di strati atmosferici più profondi. Al livello superiore delle nubi, la temperatura media oscilla tra i -130 ed i -150 gradi centigradi e, scendendo tra i 30 ed i 50 km sotto il confine tra stratosfera e toposfera, è possibile individuare un primo strato di nubi rosse e bianche, con un fenomeno simile a fiocchi di neve di ammoniaca. Ancora più in basso si distingue uno strato di nubi di cristalli di idrosolfuro di ammonio. Lo spettacolo multicolore non finisce qui, poiché quando si arriva a circa 90 km dalla ionosfera, si estende un terzo strato di nubi bluastre, composte da gocce d’acqua e da fiocchi di neve ghiacciata. Alcuni scienziati ipotizzano che in questi ultimi strati, oltre a polimeri di natura inorganica, possano essere presenti anche molecole organiche. Studi condotti già da qualche decennio hanno dimostrato che Giove riesce ad irradiare una quantità di energia ben 2 volte e mezzo superiore a quella del Sole. Questo fenomeno di rilascio eccessivo di energia probabilmente deriva dall’attività prodotta durante la formazione del pianeta e che continua ad essere proiettata verso l’esterno.

Per le sue grandi dimensioni, molti studiosi considerano Giove una “stella fallita”, ma soltanto se avesse potuto accrescere la sua massa fino a 75-80 volte quella attuale, il suo nucleo avrebbe potuto innescare le reazioni di fusione dell’idrogeno in elio, potendo rendere il sistema solare un sistema stellare binario.

Al pianeta Giove sono ascrivibili molteplici primati nell’ambito del sistema solare: ha la massa più grande, il campo magnetico più intenso, la fascia di radiazioni più incisiva, nonché il più grande numero di satelliti, di cui parleremo in seguito. Il movimento di rotazione di Giove su sé stesso si completa in sole dieci ore circa, acquisendo per questa rapidità di ciclo un profilo nitidamente ellittico.

Come è stato già accennato, Giove ha un notevolissimo campo magnetico, circa 20.000 volte superiore a quello terrestre. Gli scienziati non sono ancora riusciti a capire i motivi per cui i pianeti, definiti “giganti gassosi” come Giove, abbiano caratteristiche magnetiche così marcate. Non è possibile, infatti, paragonare la grande forza di attrazione di Giove al processo che scaturisce dal nucleo terrestre. Una delle teorie più accreditate ipotizza che, sotto il centro di Giove, raggiungendo un’alta pressione, l’idrogeno possa diventare metallo conduttore, o che perfino possa agire da “superconduttore”, perdendo qualsiasi forma di resistenza elettrica.

Gli studiosi ritengono che la nascita e la crescita di Giove non siano state così immediate e veloci, a  causa di collisioni avvenute nell’arco presunto di due milioni di anni, in grado di sprigionare energie così imponenti da rendere quasi impossibile qualsiasi accrescimento dei gas. Nell’ambito della comunità scientifia ci sono grandi dibattiti sulla natura del nucleo di Giove, anche se i risultati della sonda Juno hanno dimostrato la composizione del nucleo, inspiegabilmente meno densa rispetto alle precedenti congetture. Questo particolare fenomeno potrebbe essere spiegato con l’avvenuta collisione, circa 4,5 miliardi di anni, tra Giove ancora in formazione ed un altro corpo celeste di notevoli dimensioni. Sono state compiute numerose simulazioni, attraverso modelli matematici, per dimostrare come l’eventuale corpo impattante, denso e ricco di energia, abbia potuto agire come un proiettile nell’atmosfera di Giove, arrivando perfino al suo nucleo. Alcuni studi recenti da parte della University of California hanno ipotizzato una diversa teoria in merito alla particolare morfologia del nucleo del gigante gassoso. Secondo gli scienziati americani, il nucleo di Giove si sarebbe progressivamente dissolto a partire dalla sua formazione, avvenuta appunto circa 4,5 miliardi di anni fa, ricorrendo ad equazioni della meccanica quantistica per evidenziare come l’ossido di magnesio (considerato come un componente fondamentale di tale parte centrale del pianeta) reagisca alle forti pressioni ed alle elevate temperature. Anche se tali condizioni non si possono ricostruire in laboratorio, realizzando alcuni esperimenti analogici, è stato possibile approssimare una simile reazione a quei livelli, rilevando come l’ossido di magnesio si possa dissolvere nel suo ambiente fluido.

Nel 1979 la sonda Voyager 1 scoprì, relativamente a Giove, un debole sistema di anelli planetari, il terzo ad essere stato osservato dopo quello di Saturno e di Urano. Tali rilevazioni, tuttavia, furono perfezionate negli anni Novanta dalla sonda Galileo e successivamente dal grande telescopio Hubble. Si presume che il sistema di anelli che circonda Giove sia composto, per la maggior parte, da silicati, suddivisi in quattro zone principali, aventi ciascuna caratteristiche proprie. In linea generale si può dire che si tratta di materiale proveniente dai numerosi satelliti dell’immenso gigante gassoso, nonché da varie meteoriti giunte dallo spazio siderale esterno.

I satelliti

Come si è già accennato, Giove possiede moltissimi satelliti, anche se non è ne è stato ancora determinato il numero certo: alcuni scienziati ritengono che possano essere considerati tali 63 corpi celesti, mentre altri arrivano a comprenderne anche 79. Fra questi, comunque, i pù famosi sono le “quattro lune galileiane”, chiamate così perchè scoperte dallo scienziato toscano nel 1610, oppure “medicee”, perchè dedicate al suo Mecenate, Cosimo II dè Medici. Partendo da quella più vicina al pianeta Giove, annoveriamo: Io, Europa, Ganimede e Callisto. L’osservazione di Galileo fu un ulteriore colpo inferto alla teoria geocentrica e alla conferma della teoria copernicana eliocentrica. Alcune scritture molto antiche sembrano dimostrare che le quattro lune di Giove fossero state già ammirate nel 364 a.C. dall’astronomo cinese Gan De. Altri sette satelliti furono individuati nei tre secoli successivi, mentre con le esplorazioni delle sonde Voyager, il numero è cresciuto in maniera esponenziale.  

Gli studiosi si sono chiesti i motivi della presenza di tanti satelliti intorno all’orbita di Giove, spiegando il fenomeno soprattutto in relazione alla possente forza gravitazionale esercitata dal pianeta. Soltanto alcuni di questi satelliti sarebbero “indigeni” (le quattro lune galileiane), cioè formatisi nella stessa area orbitale dove sono attualmente collocati, mentre gli altri sarebbero provenienti da diverse regioni del sistema solare, in particolar modo dalla regione di Saturno.

Su alcuni satelliti di Giove è stato riscontrato un calore tale da consentire la formazione di oceani sub-superficiali ed un’attività vulcanica costante, in modo da poter immaginare, come vedremo in seguito, lo sviluppo di alcune forme di vita. Tra le “lune interne”, nel ventesimo secolo sono state distinte quelle appartenenti al gruppo di “Amaltea” e a quello di “Imala”, prendendo il nome dal corpo celeste più grande della serie. I satelliti esterni, più lontani da Giove, sono corpi celesti di dimensioni più modeste, più simili ad asteroidi che a pianeti veri e propri. Tra questi si possono elencare i gruppi di Pasife, Ananke e di Carme.

Tra le lune di Giove, un posto di assoluto rilievo è occupato da “Io”, il più interno dei quattro satelliti medicei. Per le sue notevoli dimensioni, l’elevata densità della massa e per la sua intensa attività vulcanica, Io rappresenta uno dei corpi celesti più interessanti del sistema solare. Tuttavia, su Io non vi è oggi traccia d’acqua che potrebbe essere stata abbondante nei suoi primi milioni di anni di vita, ma poi evaporata a causa delle forti interazioni con Giove e con i satelliti vicini Ganimede ed Europa. Se ci riferiamo a quest’ultimo corpo celeste, l’ipotizzabilità dello sviluppo di forme di vita diventa più plausibile e supportato da elementi concreti. Su Europa, infatti, potrebbero esserci tutti gli ingredienti che possano favorire il formarsi di molecole organiche, come acqua, elementi chimici e fonti di energia, anche se tutto è ricoperto da una spessissima coltre di ghiaccio. La temperatura media di Europa si aggira sui -100 gradi ed il suo suolo è continuamente spazzato da radizioni cosmiche. Alcuni studiosi, però, ritengono che al suo interno potrebbe nascondere una sorpresa sconvolgente: la presenza dell’oceano più grande del sistema solare. Secondo gli scienziati, sotto la coltre di ghiaccio di Europa vi sarebbe un oceano che rappresenterebbe tre volte le risorse idriche terrestri, e nel profondo abisso di questa massa d’acqua vi potrebbero essere vulcani attivi e sorgenti idrotermali, rendendo possibile lo sviluppo di batteri estremofili o di altri organismi unicellulari simili a quelli terrestri. Si pensa che vi siano oceani di immense dimensioni anche oltre 100 km sotto la superficie di Callisto e di Ganimede, ma le condizioni generali di questi due satelliti appaiono meno favorevoli per lo sviluppo della vita. 

L’osservazione su Europa di alcune linee e fenditure quasi simmetriche ha scatenato l’immaginazione non solo di fantasiosi visionari, ma perfino di astronomi e di scienziati. Per l’astrofisico russo Boris Rodionov si potrebbe trattare  di vie di comunicazione di un’evolutissima civiltà. Lo stimato studioso rilevò anche altri importanti anomalie, come il fatto che, fatta eccezione per tre grandi crateri localizzati in una zona specifica, la superficie di Europa si mostra come una coltre di ghiaccio liscia, compatta e lucente, a differenza degli altri satelliti di Giove esposti continuamente all’impatto con meteoriti ed altri corpi celesti, in una regione del nostro sistema marcatamente turbolenta. Sembra quasi che vi sia una continua “opera di riparazione” che consente ad Europa di conservare la sua immagine solida e priva di danni. La rete di condotti, di cui si accennava prima, appare troppo fitta e regolare per essere stata generata dal caso, con interconnessioni parallele e perpendicolari, da far pensare ad un progetto intelligente. E’ ovvio che, data la notevole ditanza dalla Terra, non si conosca la natura di questi tubi o canali, né al momento è possibile accertare il loro utilizzo, ma il loro aspetto potrebbe suggerire un’origine artificiale, sebbene sia ancora impossibile dimostrarlo. Rodionov ipotizza che si possa trattare di una civiltà antica e così evoluta, da sviluppare una tecnologia in grado di consentire la sopravvivenza all’interno della coltre di ghiaccio del pianeta, in modo da sopravvivere agli eventuali impatti con altri corpi celesti ed alle pericolosissime radiazioni di Giove.

A seguito delle missioni Voyager, si è intensificato anche l’interesse della fantascienza nei confronti del satellite Europa. L’ipotizzata e plausibile presenza di un immnenso oceano d’acqua sotto la sua crosta ghiacciata, ha fatto di questa luna di Giove uno dei luoghi maggiormente privilegiati, dove collocare il fiorire di una civiltà extraterrestre. Nel libro e nell’omonimo film 2010: Odissea due di Clarke, nonché nel prosieguo della saga, su Europa si aggirano forme di vita primitive sommerse negli abissi oceanici ed alieni dalla tecnologia sofisticata che tentano di trasformare Giove in un stella, separata dall’orbita solare, in modo da renderne più celere l’evoluzione.

Suggestivo è il romanzo L’ultimatum di Greg Bear, in cui Europa è messa a ferro e fuoco da alieni bellicosi che mirano ad utilizzare i suoi resti ghiacciati per poter trasformare altri pianeti. Ho anche trovato divertente il fumetto Les Fantomes de Neptune del 2015, elaborato da Valp, che racconta di un gruppo di archeologi che ritrova un relitto, traccia di un’antica civiltà aliena fiorita sul satellite di Giove.

Il ruolo di Giove per la Terra

In apertura abbiamo detto che Giove ricopre un ruolo fondamentale per l’equilibrio dell’intero sistema solare ed, in particolare, per l’ecosistema terrestre. Ebbene, alcuni astronomi ritengono che uno dei motivi per cui la Terra sia un pianeta abitabile, dipenda proprio dall’attività gravitazionale di Giove che ci protegge dalla collissione con comete provenienti dallo spazio siderale. Per questa ragione, Giove si sta guadagnando la fama di “pianeta benefico”. La gravità del grande gigante gassoso, infatti, opera come una fionda per numerosi corpi celesti composti di ghiaccio, spingendoli all’esterno del sistema solare prima che possano dirigersi verso la Terra, oppure attirandoli verso le proprie orbite circostanti. Negli ultimi anni gli studiosi hanno analizzato le conseguenze di alcune comete che sono entrate in collisione con Giove, come accadde nel 1994 con la “Shoemaker-Levy 9”, che creò uno squarcio scuro sulla superficie del pianeta. Questa cometa era stata attirata verso Giove dalla sua possente forza gravitazionale, altrimenti avrebbe potuto dirigersi verso i pianeti del sistema solare interno e, quindi, verso la Terra. Secondo alcuni calcoli scientifici, Giove sarebbe il paladino dello sviluppo della vita sul nostro pianeta. Analizzando altri recenti studi, sembrerebbe che sistemi stellari simili a quello solare potrebbero comprendere fino a sette pianeti abitabili, ma il fatto che il nostro sistema ne abbia uno solo, potrebbe essere riconducibile all’attuale posizione di Giove, il gigante gassoso che, grazie alle sue dimensioni, ha la capacità di alterare le orbite degli altri pianeti. Se, ad esempio, Giove fosse collocato nella regione che attualmente si trova tra le orbite di Venere e la Terra, questi ultimi pianeti non avrebbero avuto alcuna possibilità di formarsi, in quanto il gigante gassoso ne avrebbe impedito lo sviluppo. L’odierna posizione di Giove, invece, ci protegge in tutti i sensi ed una sua eventuale scomparsa od implosione avrebbe per il nostro pianeta effetti catastrofici. Se venisse a mancare l’immenso campo gravitazionale di Giove, numerosi asteroidi e comete potrebbero schiantarsi sul nostro pianeta, con conseguenze a dir poco devastanti, come tanta cinematografia alla Armageddon ci ha suggerito negli ultimi decenni. 

Vi è un altro aspetto interessante sottolineato dagli astrobiologi in merito alle capacità del re dei pianeti. Giove, infatti, con la già citata imponente attività gravitazionale, potrebbe aver avuto lo straordinario merito di attirare verso il sistema solare comete od altri corpi celesti responsabili di rilasciare composti organici utili allo sviluppo della vita, in qualche modo poi spinte verso il nostro pianeta, dove avrebbe trovato condizioni favorevoli alla successiva, complessa e misteriosa evoluzione.

Giove in mitologia e arte

Dal punto di vista astronomico ed astrologico, il pianeta Giove riecheggia il mito del dio Zeus della mitologia greca, Jupiter in ambiente latino. Per alcune considerazioni già esposte, già intuite dagli osservatori antichi, Giove era definito “il grande benefico”, portatore di stabilità nell’intero sistema solare. Anche nell’ambito dello Zodiaco, il suo compito principale è quello di sviluppare la personalità di ciascuno, infondendo sicurezza e fiducia in sé stessi. Dal punto di vista ermetico, il pianeta Giove costituisce l’emblema di ciò che può spingere ad andare oltre i propri limiti, migliorando la percezione delle proprie potenzialità e la coscienza di sé stessi.

La brevissima durata del suo giorno, circa 9/10 ore, cui abbiamo già accennato nelle note morfologiche, così frenetica e veloce, ci porta ad associare il grande gigante gassoso ad un senso di “inquietudine”, contemperato da una tradizionale simbologia legata alla positività ed all’ottimismo. Non ci sono dubbi che il pianeta Giove richiami un principio maschile e patriarcale, anche se il rapporto della divinità greca con le donne fu a dir poco privilegiato. Non solo fu allevato in un’isola da sole donne, ma la Cosmogonia di Esiodo gli riconobbe almeno sette consorti ufficiali e ventitré amanti.  I transiti di Giove sono sempre associati al benessere ed all’ottimismo, anche se non in funzione “selettiva”, qualità invece che si attribuisce a Mercurio. Pertanto, nelle sue funzioni di “espansore”, Giove non sempre determina effetti positivi, potendo provocare anche risvolti negativi. Idealmente questa duplice veste di Giove ci ricorda che troppo ottimismo può far male e quanto sia necessario raggiungere un’equilibrata consapevolezza dei propri limiti. Aggiungo che anche i cicli del grande Giove testimoniano la sua abbondanza e generosità. In considerazione, infatti, della velocità della sua orbita, i suoi passaggi sono molto frequenti. Ogni ciclo dura 12 anni e ciò significa che, al termine di ogni periodo, Giove ritorna nella sua posizione iniziale, quasi a simboleggiare una nuova fase di crescita spirituale. La vita media umana (ottantaquattro anni), almeno come stima approssimativa, comprende ben sette cicli di Giove, durante i quali il gigante buono ci propone diverse forme di espansione, più di carattere fisico e materiale nei primi tre cicli, più tendenti alla dimensione spirituale durante gli ultimi quattro.

Giove è stato il soggetto di numerose opere letterarie. Nel XX secolo era raffigurato come un enorme pianeta roccioso, prima che fosse scoperta la sua reale natura di gigante gassoso. Al giorno d’oggi, data la sua considerevolissima mole, è spesso individuato come la sede di esseri mostruosi simili ai nostri oceani terrestri che nuotano nei suoi immensi e variopinti gas. Ricordo un’opera, in particolare, più di carattere didascalico che fantascientifica per la verità, Micromegas scritta dal grande Voltaire nel 1752, dove l’eroe eponimo ed il suo compagno saturniano, si fermano su Giove, per apprendere segreti tenuti celati al genere umano, ancora oppresso dall’ignoranza. In Journey in other words, scritto nel 1894 da John Jacob Astor IV, alcuni esploratori terrestri diretti a Saturno, compiono una sosta su Giove, dove in maniera sorprendente scoprono l’esistenza di specie di dinosauri simili a quelli che avevano abitato il nostro pianeta. Nel divertente ciclo di racconti Anni senza fine, pubblicati tra il 1944 ed il 1950 su Giove, pur essendo inospitale per la razza umana, vive una particolare etnia, i Saltanti o Rimbalzanti. Quando gli umani apprendono che su Giove si è diffuso il mito del Nirvana, tutti vogliono trasferirsi su quel pianeta per poter vivere nei corpi dei Saltanti. Con l’avvento del terzo millennio e l’aumento di informazioni attendibili sulla morfologia del gigante gassoso, anche i testi fantascientifici su Giove sono diventati più articolati e ricchi di elementi verosimili.   Nel romanzo Accelerando di Charles Stross del 2005, dal sistema di Giove parte la prima missione interstellare dell’umanità. Dal satellite Amaltea, un sistema di superconduttori riesce a ricavare energia dal campo magnetico di Giove, azionando un laser in grado di spingere fuori dal sistema solare un’avveniristica astronave dotata di vela riflettente. In Art Mumby ed i pirati dell’eternave, scritto nel 2006 da Philip Reeve, le lune di Giove diventano mondi popolati da molte razze diverse, alla periferia dell’impero terrestre, mentre sullo stesso Giove è immaginata l’esistenza di Thunderhead, una tempesta con capacità intellettive.

Per quanto riguarda il cinema, uno dei classici della fantascienza, La guerra dei mondi, diretto da Byron Haskin nel 1953, racconta di una superficie di Giove ricoperta di lava e di numerosi vulcani, forse maggiormente somigliante al suo satellite Io, come avrebbero evidenziato le scoperte dei decenni successivi. È noto che il famosissimo film del 1968 diretto da Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello spazio, racconta di un’astronave in viaggio verso Giove, mentre nel suo seguito, 2010-L’anno del contatto, prodotto nel 1984, Giove si trasforma in una stella a similitudine di quanto avviene nei romanzi di Arthur C. Clarke.

Quando al telescopio indirizziamo il nostro sguardo verso Giove, questo pianeta gigantesco, così lontano e così diverso dalla morfologia della Terra e degli altri pianeti che possiamo considerare abitabili, potremmo provare qualche sentimento di riconoscenza, per la sua duplice funzione di protettore e di possibile traghettatore di alcune particelle energetiche in grado di sviluppare la vita nel nostro mondo.

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