Londra ai tempi della rivoluzione industriale

La regina Vittoria non si dilungò in grandi discorsi all’inaugurazione dell’Esposizione universale in Hide Park. Disse solo “l’Esposizione è aperta”. Ma lei per prima rimase impressionata dal grandioso e scintillante palazzo di cristallo che fece di Londra un riferimento tecnologico mondiale. Era il primo maggio del 1851 e la sera stessa la regina annotò: “Questo giorno è uno dei più grandi e gloriosi della nostra vita.”

In effetti non si era mai visto nulla di simile: 44 Paesi del mondo, oltre alla Gran Bretagna e alle sue colonie, presentavano l’eccellenza dei prodotti. La gigantesca struttura di 92 mila quadrati, progettata da Joseph Paxton, fu costruita in appena nove mesi utilizzando solo ghisa e e vetro, tutto in moduli pre-fabbricati e subito divenne un’icona della nuova architettura ingegneristica, visitata da sei milioni di persone in poco più di cinque mesi. Tutto si svolse in un’atmosfera di “festa dei popoli”.

Secondo il giornale The Guardian del 7 maggio 1851, gli oggetti più ammirati dal pubblico di curiosi furono il diamante Koh-i-noor, ritenuto ai tempi il più grande del mondo. Ma la vera protagonista della mostra era la rivoluzione industriale, con i suoi simboli: il vapore, il ferro e il carbone.

L’Inghilterra espose impressionanti attrezzature per l’estrazione mineraria, la più potente macchina a vapore del tempo, locomotive, moderni impianti per la tessitura. Il fermento creativo si percepiva in tutti i campi. L’esposizione universale si trasformò quindi in un grande palcoscenico che mostrava al mondo la schiacciante supremazia industriale del Regno Unito.

Lo tsunami della rivoluzione industriale generò una nuova borghesia industriale, composta da imprenditori, banchieri e professionisti, che sostituì quella mercantile nata con l’impero coloniale. Per i nuovi ricchi nacquero i quartieri residenziali a ovest della città, come Chelsea, Pimlico, Nothing Hill, edificati tra il 1820 e il 1850.

A est della città, a Whitechapel e dintorni, c’erano invece le case fatiscenti della nuova classe operaia che viveva in condizioni sanitarie disastrose. Il grande afflusso di immigrati in cerca di lavoro nelle fabbriche portò a un’impennata nel numero di abitanti, che passò dal milione del 1801 a più del doppio nel 1851. Londra cresceva a dismisura e per sostenere questa espansione, urgevano infrastrutture, case, ponti e una rete di trasporti efficiente. Proprio l’avvento della ferrovia indusse il mondo ad adottare il fuso orario di Londra-Greenwich. L’Inghilterra fu la prima ad adottare il tempo di Greenwich nel 1840 e gli altri stati la seguirono nel 1884: Londra si confermava un riferimento mondiale.

Tra i vari primati, gli inglesi possono vantare anche quello della metropolitana: nel 1863 fu infatti completata una prima linea.

Cambiava anche il posto di lavoro, non più nelle case e nei negozi, ma nelle fabbriche, all’interno delle quali si concentravano i mezzi per la produzione. Ma la rivoluzione industriale oltre ai benefici economici portò importanti mutamenti sociali. La nuova classe del proletariato, composta da operai (spesso bambini) e braccianti sottopagati e sfruttati, che abitavano in quartieri malfamati spesso in condizioni igieniche spaventose. La disastrosa epidemia di colera che colpì il paese tra il 1848 e il 1849 provocò la morte di oltre 14.000 persone.

La nuova borghesia amava divertirsi, bastava scorrere la rubrica degli intrattenimenti sul Times e decidere cosa fare: salire sulla mongolfiera nel Cremorne Garden e godersi la vista della città, andare al Crystal Palace o al circo Barnum.

Anche gli intellettuali aderivano con entusiasmo all’offerta londinese, i principali musei c’erano già tutti: British Museum (1753), National Gallery (1824), Victoria and Albert Museum (1852, in parte costruito con gli introiti dell’ esposizione universale) e il Museo di Storia Naturale (1881).

C’era una vasta scelta anche tra spettacoli teatrali e commedie musicali.

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