Fantozzi: la maschera che ha spogliato lā€™Italia della sua miseria

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Fin dai tempi di Plauto la miseria altrui, raccontata in modo parossistico e grottesco, ha sempre suscitato il riso dello spettatore. Sono passati piĆ¹ di 2000 anni da quando il commediografo latino ha portato in scena la sua ultima opera teatrale e cosƬ tanti cambiamenti hanno attraversato la storia dellā€™uomo, ma la vis comica utile a provocare ilaritĆ  immediata ĆØ la stessa: unā€™attenta scelta del linguaggio e di espressioni gergali, lā€™utilizzo di personaggi cavati dal quotidiano e altrettante scene di vita tratte anche esse dalla quotidianitĆ , modellate in modo da generare comicitĆ , il tutto condito da un pizzico di paradosso e di grottesco. I personaggi sono maschere, cioĆØ rappresentazioni di caratteristiche fisiche e psicologiche, che permettono allā€™attore di nascondere la propria vera natura e interpretare un ruolo sociale, sono degli archetipi che il pubblico giĆ  conosce e che lo portano a ridere della dissacrazione di un momento grave o di uno stravolgimento della vicenda. Per svolgere appieno la loro funzione, pur conservando inalterate alcune caratteristiche fisiologiche, i personaggi dellā€™Arte devono essere figli del proprio tempo, cioĆØ ci deve essere coincidenza tra maschera e momento storico.

Non bisogna fare un grosso salto nel passato per cercare esempi concreti ma basta pensare a come si sia evoluta la comicitĆ  e i suoi portavoce nel corso dellā€™ultimo secolo in Italia. Basta pensare al teatro di varietĆ  e allā€™avanspettacolo di Petrolini e alle sue macchiette futuriste e dissacratorie che, monopolizzando tutta la comicitĆ  pre-seconda guerra mondiale, hanno avuto unā€™influenza su tutti i piĆ¹ grandi comici del ā€˜900; seguito poi dal teatro napoletano che ha occupato la scena comica del dopo guerra con mostri sacri come TotĆ², Peppino e Eduardo, ma non dimenticando nemmeno la forza comica dellā€™attore romano Aldo Fabrizi, figli del loro tempo, rappresentanti del popolo e dei suoi problemi (quello principale riguardava il cibo), personaggi essenzialmente buoni, tonti, ignoranti ed estremamente simpatici che, ispirati a Charlot, hanno soddisfatto le esigenze fisiche e psicologiche di evasione degli italiani; si arriva poi ad un altro tipo di comicitĆ , figlia del boom economico e che ha come massimo rappresentante Alberto Sordi, maschera sgradevole dellā€™italiano medio, arrivista e fesso allo stesso tempo, che descrive al meglio una miseria morale piuttosto che fisica del comune cittadino, gli stessi Tognazzi e Manfredi, sebbene con personalitĆ  differenti, prenderanno tanto dallā€™ā€œignobileā€ Sordi.

Ecco che si arriva agli anni ā€˜70, gli anni del post- boom economico, gli anni della delusione in cui le speranze degli italiani rifugiate in un consumismo becero vengono totalmente annientate. Lā€™italiano medio ha bisogno di ritrovarsi in una nuova maschera che gli faccia comprendere come quella societĆ  nevrotica descritta tragicamente da Petri e da Pasolini sia il diavolo, il male nocivo che per anni lā€™ha ingannato prospettandogli una felicitĆ  frivola, fatta di frigoriferi, automobili, lavatrici e ogni bene di consumo. Chi meglio poteva rappresentare le insicurezze, le false speranze, i fallimenti, le ingiustizie dellā€™uomo comune se non il ragionier Ugo Fantozzi, ā€œquintessenza della nullitĆ ā€, cosƬ descritto dal suo creatore e interprete, Paolo Villaggio, uomo di una lungimiranza e profonditĆ  fuori dal comune e mai apprezzato e capito fino in fondo.

La sveglia di Fantozzi

Il personaggio di Ugo Fantozzi nasce dallā€™esperienza lavorativa di Villaggio stesso, che, da dipendente della Italsider, azienda siderurgica italiana, aveva conosciuto un impiegato che incamerava tutte le caratteristiche del prototipo fantozziano; cosƬ come dalle sue esperienze lavorative trae ispirazione per scrivere diversi racconti pubblicati su Lā€™EuropeoĀ e poi riuniti in quello che diverrĆ  in poco tempo un bestseller e cioĆØ il primo libro di Fantozzi del 1971 a cui, dato lā€™enorme successo, farĆ  seguito Il secondo tragico libro di FantozziĀ (1974). Villaggio fa esordire Fantozzi dapprima in televisione (insieme ad altri due personaggi divenuti subito figurativi come il Professor Kranz e Giandomenico Fracchia), dove nei suoi monologhi parla in terza persona delle disavventure dellā€™omuncolo. Visto il grande successo dei libri oltre che degli sketch comici di Villaggio, il comico genovese decide di portare il personaggio del ragionier Ugo Fantozzi al cinema dando vita ad una delle saghe piĆ¹ longeve e caratteristiche del cinema italiano, in cui lā€™autore diventa anche interprete della sua stessa opera.

Le pellicole della saga piĆ¹ iconiche, ā€œtragicheā€ e probabilmente anche le piĆ¹ politiche, che meglio descrivono il mondo fantozziano rimangono le prime due, entrambe dirette da Luciano Salce. Fantozzi ĆØ un impiegato della Megaditta (metafora del mondo nevrotico in cui lā€™uomo comune vive, fatto a piramide, in cui la meritocrazia non ĆØ lontanamente contemplata, dove la burocrazia kafkiana regna incontrastata), unā€™iperbole vivente, sottomesso a tutti e figlio mediocre di una societĆ  che non lo difende, ma anzi lo affossa continuamente senza dargli perĆ² il colpo di grazia, tenendolo in vita affinchĆ© rimanga cellula di un organismo perfetto, priva di autonomia. Una societĆ /azienda che fornisce ai suoi sudditi tutto ciĆ² di cui hanno bisogno per vivere unā€™esistenza serenamente misera: una casa, unā€™automobile modesta (nel caso di Fantozzi la famosa ā€œBianchinaā€), una televisione e la finta aspirazione di poter migliorare il proprio status quo. Mamma azienda non considera i suoi figli/dipendenti tanto che Fantozzi rimane murato nei vecchi gabinetti dellā€™azienda per diciotto giorni senza che nessuno se ne accorga.

Non puĆ² trovare rifugio nemmeno nella sua famiglia composta dalla moglie Pina (interpretata da LiĆ¹ Bosisio nei primi due film della saga e sostituita successivamente da Milena Vukotic ) brutta e inaridita, le cui manifestazioni di affetto per il marito si limitano a un ā€œTi stimo moltissimoā€, che Dio solo sa il motivo che li ha spinti al matrimonio (probabilmente la consuetudine medio-borghese) e dalla figlia Mariangela (Plinio Fernando) mostruosa, la cui somiglianza con un primate viene rimarcata costantemente dal padre stesso e da chiunque le si approcci.

Fantozzi (1975) - Poesia di Natale di Mariangela Fantozzi

Non trovando alcun tipo di soddisfazione affettiva nella famiglia si concentra sul corteggiamento perennemente infruttuoso della Signorina Silvani (Anna Mazzamauro) che lei rifiuta sempre con elegante snobismo oppure sfrutta per suoi tornaconti personali, spesso assegnandogli le proprie ā€œpraticheā€ di lavoro che Fantozzi accetta in modo servile. Il modo di approcciarsi dellā€™ometto ĆØ infantile, grottesco e fuori luogo e, pur ottenendo di rado delle attenzioni da parte della donna desiderata, riesce costantemente, a causa del suo comportamento goffo, sottomesso e costernato, a compromettere anche un lontanissimo e piĆ¹ che utopico esito positivo del corteggiamento; come quando porta a cena la Silvani ad un bizzarro ristorante giapponese e in modo totalmente equivoco fa cucinare il cagnolino della corteggiata o come quando, accompagnandola a casa al termine del funerale di uno dei dirigenti della Megaditta, taglia la strada alla vettura di tre energumeni che dopo una discussione accesa con la Silvani pestano a sangue il ragioniere, il quale, incolpando la donna per salvarsi la pelle, manda a monte lā€™appuntamento.

Fantozzi vede nella Signorina Silvani uno svago su cui concentrare le sue fantasie scappando da quel mondo nevrotico che lo attanaglia e non importa se la donna bramata ĆØ una doppiogiochista, arrivista, creatura deformata e misera di quel sistema profondamente marcio che vessa quotidianamente il povero ragioniere, Fantozzi ha bisogno della Signorina Silvani, ha bisogno di credere ancora in qualcosa sebbene ciĆ² non gli dia mai alcuna soddisfazione.

Le sue fantasie sulla Silvani vengono perĆ² placate dal geometra Calboni (impersonato da Giuseppe Anatrelli nei tre primi film e sostituito nella pellicola successiva da Riccardo Garrone a causa della sua prematura scomparsa) che riesce a conquistare la mano della nubile donna poi tradita regolarmente. Calboni, uno dei personaggi piĆ¹ iconici della saga, ĆØ come il ragionier Fantozzi un dipendente della Megaditta, classico carrierista e fanfarone che ostenta un linguaggio forbito e una superioritĆ  nei confronti dei colleghi oltre ad uno charme falso e artificioso, peculiaritĆ  che utilizza per sedurre signore attraenti o per ottenere privilegi da parte dei suoi superiori. ƈ la faccia piĆ¹ volgare dellā€™arrivismo, forte, vanaglorioso con i piĆ¹ deboli, debole e servile con i piĆ¹ forti. Con quei baffi alla Charlot, quel marcato accento meridionale, quellā€™espressivitĆ  enfatica, quellā€™ignoranza mascherata che emerge soprattutto quando cita termini stranieri ĆØ probabilmente il personaggio piĆ¹ teatrale di tutta la saga, una maschera ancestrale adattata alle esigenze del tempo.

Fantozzi e la riunione di lavoro

Calboni si rivolge nei confronti di Fantozzi sempre con tono derisorio, chiamandolo ā€œPuccettoneā€ (ormai termine associato allā€™universo fantozziano) e dandogli un buffetto che poco ha di amichevole; Calboni umilia, ma col sorriso, certamente la piĆ¹ grande dote di questo personaggio: grandissimo approfittatore che con furbizia riesce sempre ad ingannare gli altri.

Il peso delle ingiustizie e delle vessazioni Fantozzi lo puĆ² condividere con lā€™unico compagno di avventure/disavventure che questo mondo nevrotico gli offre, il ragionier Filini (Gigi Reder). PuĆ² essere considerato per certi versi il suo unico amico, lā€™unico che tratta Fantozzi come un uomo, entrambi soli in quellā€™universo squilibrato. Filini, prima ragioniere, poi geometra, affetto da una miopia esagerata e incorreggibile spesso allā€™origine di siparietti umoristici, ĆØ collega di Fantozzi e, sebbene anche lui vittima delle prepotenze dei superiori e dei colleghi arrivisti, appare piĆ¹ fiducioso e attivo tanto da essere lui solitamente a intraprendere, coinvolgendo il ragioniere, quelle che poi risultano essere funeste avventure. Filini nellā€™universo fantozziano rappresenta colui che ā€œprogramma ogni cosaā€, nonostante gli eventi di cui si fa portavoce siano caratterizzati da una ā€œtragicitĆ ā€ assoluta.

Fantozzi - Partita di calcio tra Scapoli e Ammogliati

La comicitĆ  fantozziana si serve di piĆ¹ modelli comici, ma le avventure dei due ragionieri sono il prototipo piĆ¹ articolato e piĆ¹ valido, probabilmente perchĆ©Ā  caratterizzate da assurditĆ  e bizzarrie senza eguali: basta pensare alla famosa partita di calcio tra scapoli e ammogliati, dove per la pioggia incessante e le condizioni del campo impietose, un evento ludico, giĆ  dai presupposti poco favorevoli, si trasforma in ā€œtragediaā€. Questo momento, cosƬ come la battuta di caccia organizzata sempre dallā€™operoso Filini, che si trasforma presto in una vera e propria guerriglia dove viene dispensato lā€™uso di qualsiasi tipo di arma (cingolati e bombardieri inclusi), ĆØ distinto da un linguaggio surreale e iperbolico, cosƬ come lo sono i comportamenti dei personaggi che dominano la scena: ā€œVinsero gli ammogliati per tre infarti a due annegatiā€, ā€œUn megalomane noleggiĆ² un aereo da bombardamentoā€, sono esempi di come una circostanza che nel mondo comune ĆØ descritta come normale, nellā€™universo fantozziano assume una forma del tutto irrazionale e catastrofica, cosƬ come la partita di tennis alle sei del mattino di una giornata invernale distinta da una nebbia fittissima, o la gita al lago di Bracciano dove i due ragionieri finiscono per disperdersi in mezzo al bacino dā€™acqua, o il veglione di Capodanno allestito in un misero seminterrato dove il direttore dā€™orchestra fa spostare avanti gli orologi, anticipando la mezzanotte per poter andare a suonare in un altro veglione. In queste situazioni il ragioniere subisce qualsiasi tipo di incidente o afflizione fisica seguita spesso da unā€™allucinazione mistica che evidenzia il malessere estremo dellā€™omuncolo come quando la moglie Pina gli ripone sulla pancia un impacco bollente per guarirlo dal mal di schiena.

Lā€™impatto culturale che il cosmo fantozziano ha avuto sulla societĆ  lo si puĆ² notare dallā€™uso di alcuni termini nel nostro linguaggio comune come lo stesso aggettivo ā€œfantozzianoā€ ormai da anni regolarmente in tutti i vocabolari di lingua italiana o il termineĀ  ā€œalla Fantozziā€, ā€œorganizzazione alla Filiniā€ per evidenziare lā€™imperfezione di un tipo di programmazione,Ā  lā€™espressione ā€œcome ĆØ umano lei!ā€, o le iperboli lessicali utilizzate dal ragioniere ā€œ92 minuti di applausiā€ o ā€œ18000 gradiā€ , ā€mega direttoreā€, ā€œsalivazione azzerataā€ o ā€œ poltrona in pelle umanaā€, specchio dellā€™anima dellā€™uomo qualunque, incline ad ingigantire qualsiasi sua esperienza anche se modesta. Il linguaggio usato dai personaggi ĆØ uno strumento per comprendere meglio il mondo fantozziano nella sua essenza, uno spunto necessario per entrare nella nevrosi della pellicola come lā€™utilizzo erroneo del congiuntivo: famosissimi i ā€œvadiā€ , ā€œvenghiā€, ā€œbattiā€ di Filini, Fantozzi e degli altri personaggi. ƈ riconosciuto che lo storpiare determinate parole ĆØ motivo di ilaritĆ , ma Villaggio sceglie proprio il congiuntivo perchĆ©, seppure conosciuto dallā€™italiano medio, viene considerato un ā€œmostroā€, un qualcosa che si ha paura di affrontare e di sbagliare soprattutto, ecco che, storpiandolo e mescolandolo con una forma verbale padroneggiata come lā€™indicativo, perde la propria mostruositĆ . Come vengono storpiati i modi e i tempi verbali, viene deformato anche il cognome del ragioniere: ā€œFantozziā€ diventa cosƬ ā€œFantocciā€ o ā€œBambocciā€ o anche ā€œ Pupazziā€, appellativi che non si allontanano dalla personalitĆ  dellā€™ometto.

Se il cinema neorealista e i maestri della commedia allā€™italiana come Risi, Monicelli, Comencini (cosƬ come Pasolini) ci hanno insegnato che si puĆ² essere felici pur essendo dei miserabili, per Salce e Villaggio i miserabili come Fantozzi, appartenenti ad una classe sociale diversa da quella descritta dai grandi maestri, non possono mai aspirare ad una felicitĆ  reale, ma sono destinati a rimanere in un limbo dove non vivono ma sopravvivono, tirando avanti con naso e bocca tappati. Non solo, sono anche maledettamente sciagurati! La loro dea della fortuna non ĆØ bendata, proprio non esiste. Fantozzi, come tutti gli altri dipendenti, ĆØ accompagnato da una divinitĆ  tediante, un angelo custode che non lo abbandona mai, la famosa ā€œnuvola degli impiegatiā€, una nuvoletta nera che ogni tanto fa piovere sul povero ragioniere, figurativamente la sfortuna piĆ¹ nera.

Il ragionier Fantozzi ĆØ costretto perennemente alla mediocritĆ  e al fallimento, non puĆ² contrastare quel destino portatore di miseria nĆ© tanto meno il potere della classe dirigente. Emblematica la partita di biliardo con il direttore dellā€™ufficio di Fantozzi, lā€™Onorevole Cavaliere Conte Catellani, grande appassionato dellā€™arte della ā€œsteccaā€, dal quale il ragioniere viene sfidato. Catellani, secondo voci di corridoio, dovrebbe promuovere chi perde contro di lui, quindi Fantozzi avvezzo alla sconfitta non dovrebbe avere problemi ad ottenere la promozione. Purtroppo il fato malevolo vede nel ragioniere la sua vittima preferita, il quale, su consiglio, della moglie decide di prendere lezioni per farsi trovare pronto (casualmente trova un insegnante risoluto a farlo diventare un campione). Allā€™ennesima umiliazione del Cavaliere Conte e nel vedere le lacrime della moglie scatta dentro di lui una voglia di rivalsa; quel ā€œCoglionazzoā€, cosƬ definito da Catellani, improvvisamente si trasforma in un asso del biliardo che umilia il tiranno vincendo la partita. Come sappiamo perĆ² i potenti non possono essere sconfitti e la vittoria di Fantozzi ĆØ ugualmente una sconfitta, in quanto suscita lā€™ira del direttore che ha tutto in mente tranne che dare una promozione al povero ragioniere.

Fantozzi - partita a biliardo con l'On. Cav. Conte Diego Catellani - "Tiri, coglionazzo!"

Il gesto ribelle e significativo di Fantozzi non ĆØ lā€™unico che lā€™omuncolo compie nel corso della saga. Un altro esempio lo possiamo ritrovare in uno degli episodi piĆ¹ rappresentativi di tutta la saga entrato ormai nellā€™immaginario collettivo, quello della ben nota ā€œCorazzata Kotiomkinā€ (storpiatura de ā€œLa corazzata Potemkinā€ di Serjey M. Ejzenstejn, una delle opere piĆ¹ celebri della storia del cinema, per la quale non furono concessi i diritti, ecco perchĆ© la deformazione del titolo). Il professor Guidobaldo Maria Riccardelli, direttore di Fantozzi e grande appassionato di cinema dā€™essay, costringe i dipendenti dellā€™azienda e le rispettive famiglie a partecipare una volta a settimana al cineforum della Megaditta. Fantozzi, dopo aver subito umiliazioni (famoso il ā€œMerdacciaā€ con cui Riccardelli definisce il ragioniere) e aver assistito per anni alla visione di grandi classici e pellicole dā€™avanguardiaĀ  quasi sempre in lingua originale, decide di insorgere: di fronte a tutti afferma a gran voce che ā€œLa corazzata Kotiomkin ĆØ una cagata pazzescaā€, scatenando lā€™esultanza di tutti i presenti e lo stupore del Riccardelli che non puĆ² immaginare come un ometto, una ā€œMerdacciaā€ come Fantozzi possa non solo ribellarsi, ma anche trovare il supporto di tutti i colleghi, un inetto sveviano che diventa un rivoluzionario bolscevico.

Fantozzi, leader della rivoluzione insieme ai suoi compagni, malmena e tiene in ostaggio il povero Riccardelli, costretto anche a vedere lungometraggi dal piĆ¹ basso valore artistico e a sopportare il rogo della sua preziosa pellicola. La rivoluzione perĆ² viene quietata dalla polizia costringendo i ribelli a liberare il professore che per punizione obbliga i dipendenti a reinterpretare la scena piĆ¹ famosa del film ogni sabato fino allā€™etĆ  pensionabile. Nel rifiuto di Fantozzi nei confronti delle pellicole avanguardiste di Riccardelli cā€™ĆØ la negazione di unĀ  certo tipo di cultura elitaria e imposta dallā€™alto di cui si fanno promotori certi pseudo-intellettuali penosamente snob.

Fantozzi prova a ribellarsi, ma la sua ribellione ĆØ vana, ĆØ un titano che si scontra contro gli dei e questi, in quanto divini, sono invincibili. Il ragioniere prova ad allontanarsi da quella vita mediocre anche scappando a Capri con la Signorina Silvani, dopo che questa viene a conoscenza del tradimento di Calboni, ma anche in questo caso Fantozzi rimane con un pugno di mosche: il fanfarone Calboni raggiunge la Silvani a Capri e i due si ritrovano improvvisamente innamorati, consumando il loro amore nel letto dove lā€™ometto sperava di poter giacere con la donna tanto desiderata, rimanendo invece chiuso fuori la porta con in mano una misera e trascurabile bottiglia di champagne e un mazzetto di fiori raccolti dal giardino piĆ¹ vicino. Fantozzi aveva anche provato ad allontanarsi dalla donna amata dopo aver scoperto la sua relazione con Calboni, chiedendo un nuovo ufficio dove essere collocato. Finisce per essere sistemato nella stessa stanza di quello che era definito la ā€œpecora neraā€ anzi ā€œrossaā€ dellā€™azienda, giovane intellettuale di estrema sinistra da cui tutti si tenevano alla larga, il ragionier Folagra, che convince Fantozzi a ribellarsi contro il padrone, il quale, oltre ad assumere lā€™aspetto di un vero e proprio ā€œcompagnoā€ decide di ripresentarsi a lavoro lanciando un sasso contro una vetrata della Megaditta.

Ecco che non appena Fantozzi decide di allontanarsi da Mamma Azienda uscendo fuori dal gregge (licenziandosi per fuggire con la Silvani o diventando un eversivo rosso), questa richiama a sĆ© il suo piĆ¹ fedele servitore e lo fa attraverso la figura piĆ¹ mistica di tutta la Megaditta, una figura quasi divina, della cui esistenza si ĆØ addirittura piĆ¹ volte dubitato tra i dipendenti, il Megadirettore Galattico Duca Conte Balabam. I dialoghi tra il ragioniere e il Megadirettore sono i piĆ¹ ā€œpoliticiā€ delle prime due pellicole, ma potremmo allargare il discorso a tutta la saga, in cui cā€™ĆØ un confronto tra padrone/ sfruttatore e schiavo/morto di fame, per Fantozzi dicotomia indubbia.

Il Megadirettore appare sempre disponibile nei confronti del figliol prodigo che si stupisce del fatto che quella divinitĆ  terrena decida di farlo sedere al proprio tavolo, considerandolo come un suo pari. ā€œĆˆ solo questione di intendersi, di terminologie. Lei dice padroni, io datori di lavoro, lei dice sfruttatori e io benestanti, lei dice morti di fame e io classe meno abbiente, ma per il resto la penso come leiā€¦ Penso che ci sono molte ingiustizie da sanareā€; nel sentire pronunciare queste parole da quella figura talmente in alto rispetto a lui che nemmeno considera umana, Fantozzi ĆØ sgomento, non crede alle sue orecchie e, da sciocco qual ĆØ, chiede al Megadirettore se sia un comunista. Fulmini e saette si riversano nella stanza dalle candide pareti, guai a pronunciare quel termine maledetto nel tempio del signore! Il Duca Conte risponde con tono apparentemente calmo di essere un ā€œmedio progressistaā€ (per non dire ā€œdemocristiano che aborre la rivoluzioneā€) dicendo che per ogni problema bisogna incontrarsi in riunioni pacifiche che prima o poi metteranno tutti dā€™accordo e sebbene sia una speranza utopica, anzi irrealizzabile dato che il povero e il ricco non verranno mai ad un accordo effettivo, lui potrĆ  aspettare anche mille anni, perchĆ© lui, il padrone divino e incontrastato, sopravviverĆ  per sempre, reincarnandosi in tante altre forme di sfruttamento tante quanti sono i prototipi di Fantozzi.

Il ragioniere ormai si ĆØ convinto, anzi ringrazia sua santitĆ  dei doni che gli concede accettando con gioia la remissione dai propri peccati e la letizia purificatrice di meritarsi quei privilegi, perchĆ© la sua sopravvivenza sta nellā€™essere sfruttato, non conoscendo altro modus vivendi. Fantozzi deve gioire nellā€™essere parte di un sistema che non puĆ² contrastare ma che puĆ² solo glorificare anche nuotando nel famoso ā€œacquario dei dipendentiā€ o divenendo ā€œparafulmineā€ del tetto della Megaditta. perchĆ© solo inĀ  quella dimensione puĆ² trovare unā€™identitĆ  , quella di schiavo. La grande azienda non vuole schiavi scontenti ma li vuole sorridenti perchĆ©, come dice Balabam, ā€œil lavoro ĆØ gioia, il lavoro ĆØ allegriaā€.

Mentre Fantozzi viene umiliato, sfruttato, picchiato noi ridiamo, e ridiamo perchĆ© crediamo di essere al di lĆ  dello schermo, quando in realtĆ  stiamo ridendo delle nostre deformazioni. Come diceva Villaggio, ā€œLā€™italiano accetta la satira solo se iperbolizzataā€ riconoscendo in Fantozzi tutte le persone possibili e immaginabili a lui vicine ma mai sĆ© stesso, altrimenti non riderebbe piĆ¹ ma si dispererebbe.

Villaggio, insieme a Salce (e Neri Parenti poi, sebbene la comicitĆ  dei ā€œFantozziā€ da lui diretti farĆ  leva piĆ¹ sullā€™aspetto demenziale del personaggio) ĆØ riuscito a costruire una maschera dal vigore comico assoluto, figlia del proprio tempo ma simultaneamente immortale, facendo si che lā€™italiano medio si sentisse meno solo nella sua miseria.

Chiudiamo questa lunga analisi con la risposta di Villaggio alla domanda di un giornalista di una televisione svizzera su quale sarebbe la prima cosa che darebbe ai suoi sudditi qualora avesse lā€™immenso potere sul mondo intero; Villaggio risponde che la prima cosa, utopica e probabilmente impossibile, che darebbe qualora fosse possibile, sarebbe lā€™uguaglianza. Risposta scontata per chi ha convissuto per tutta la vita con lo stigma del personaggio da lui creato che ha fatto della disuguaglianza e dellā€™ingiustizia il suo mantra. Fantozzi rimarrĆ  per sempre una figura eterna, di riferimento della nostra cultura, Villaggio, invece, ha lasciato questa terra da due anni riabbracciando il suo Faber con il quale starĆ  certamente cantando a squarciagola ā€œIl fannulloneā€ o almeno ĆØ cosƬ che vogliamo ricordarlo: gli uomini passano, le opere rimangono per sempre e chissĆ  se ci affezioniamo piĆ¹ agli uomini o alla loro arte, fatto sta che possiamo continuare a ridere o a piangere fino a che non rimarranno anche di noi solo le opere.

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