Malati di noi stessi: la spiegazione del film Sick of Myself

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Scopriamo il significato e la spiegazione della trama di Sick of Myself: inclusione, frustrazione, e il ruolo dei social nelle nostre vite.

“Sick of Myself” è un film diretto da Kristoffer Borgli. Un intenso viaggio attraverso i labirinti dell’anima umana, una sinfonia di emozioni contrastanti e di speranze infrante. In questo racconto cinematografico seguiamo il percorso di una persona intrappolata nella ricerca di approvazione e di popolarità che invade ogni ambito della sua vita, persino quello sentimentale. Un film che esplora il desiderio universale di riscatto e di rinascita sviscerando le fragilità e le brutali contraddizioni della vita moderna. 

Sick of Myself, il ritratto della nostra società?

La pellicola è stata presentata in anteprima al Torino Horror Festival nel 2022 per poi essere distribuita nelle sale cinematografiche italiane da Wanted verso la fine del 2023. Il regista Kristoffer Borgli pone la società odierna sotto una lente d’ingrandimento. Il ruolo dei social nelle nostre vite, la strumentalizzazione dell’inclusione e la frustrazione verso un successo da raggiungere a tutti i costi. Perché esistere non basta. Conta solo essere, e gli altri lo devono sapere.

Sick of Myself delinea per certi versi il ritratto del mondo di oggi, in cui il desiderio di essere non si limita alla dimensione meramente privata che riguarda la propria sfera personale o spirituale. Il valore individuale è spesso misurato in base agli achievement esterni e alla visibilità sociale. Molte persone si trovano a essere costantemente motivate dalla ricerca di affermazione e di riconoscimento, spingendosi sempre più oltre i propri limiti per ottenere risultati tangibili e visibili agli occhi degli altri. E ogni forma di sofferenza o sacrificio diventa qualcosa da mettere in bella vista, da esporre in vetrina a proprio vantaggio. Il riflesso di una società in cui è il titolo di una rivista a determinare vincenti e perdenti.

Nel film sono la reputazione, i selfie, i post e l’esposizione mediatica a decretare la soddisfazione personale e fa un po’ rabbrividire perché è una rappresentazione estremamente attuale. Per chi se lo chiedesse, nel film ci sono anche aspetti incoraggianti. Il dolore si ostenta, si strumentalizza, si gerarchizza. Eppure chi ha sofferto veramente possiede la capacità di riconoscere e di smascherare chi il dolore lo sfrutta a proprio favore e lo enfatizza esponendolo al pubblico.

Il messaggio è chiaro e tondo e non poteva essere rappresentato con una storia migliore: siamo malati di noi stessi. Ma una via d’uscita c’è ed è ancora li, sotto i nostri occhi, dov’è sempre stata. Ci rifiutiamo di vederla perché appare così semplice, però sotto sotto sappiamo che è la più complicata da seguire. Accettare e accertarsi, per sé stessi e nessun altro. E poi essere, senza millantare. Essere, senza alcun secondo fine. Non per fare colpo su qualcuno, ma solo per sé stessi e per chi si ha accanto.

Il personaggio di Signe

A Signe questo non basta, è convinta che essere non serve a nulla se nessuno si accorge che esisti. Ma il prezzo della ricerca ossessionata di attenzioni si paga caro e in svariati casi sfocia in comportamenti narcisistici, a tratti isterici. 

Signe lavora come cameriera e vive la propria vita nel tentativo di attrarre l’interesse degli altri, ignorando del tutto le cose semplici come l’amore con Thomas e le stabili amicizie in procinto di traballare con l’arrivo della malattia. Già, una malattia provocata volontariamente, attraverso l’abuso di pillole acquistate nel darkweb tramite un amico spacciatore. All’inizio il piano segreto della protagonista pare decollare alla grande, ma con la progressione della storia ecco le prime gravi complicazioni legate a ciò che Signe ha deciso di sacrificare in cambio della notorietà: il proprio fisico. Il suo corpo si ricopre di piaghe sempre più appariscenti. Il suo viso pian piano si sfigura. 

Sick of Myself - Trailer Ufficiale | Wanted Cinema

Il personaggio di Signe in “Sick of Myself” si distingue per la sua ossessione verso il successo e il costante timore di essere trascurata. Si presenta come una giovane donna determinata a raggiungere il suo obiettivo a tutti i costi, ma il suo desiderio di fama la spinge a diventare quasi disumana, sia estaticamente che mentalmente. Ciò va a discapito delle sue relazioni personali e dell’autenticità emotiva.

Il rapporto con gli altri

In un ambiente in cui l’immagine e la visibilità sono valute sociali sempre più preziose, Signe si immerge completamente nella ricerca di gratificazione esterna. Nell’era dei social molte persone sono spinte da una costante ricerca di approvazione e di visibilità online, alimentando un ciclo senza fine di confronto e di auto-promozione. La determinazione di Signe nel cercare il riconoscimento riflette questo fenomeno sociale diffuso, mostrando come le aspirazioni sbagliate possano spesso avere conseguenze devastanti.

Infatti, l’ossessione manifestata dalla protagonista ha effetti anche sulle dinamiche relazionali con gli altri personaggi della storia. Signe è spesso egoista e manipolativa nei confronti del prossimo, sacrificando le relazioni autentiche sull’altare della sua ambizione. Questo tema risuona con le esperienze di molti individui nel mondo reale, che possono ritrovarsi a lottare con il bilanciamento tra il perseguimento dei propri obiettivi e il mantenimento di relazioni sane e significative con gli altri.

In conclusione, il personaggio di Signe in “Sick of Myself” offre uno sguardo penetrante sulla costante ricerca di notorietà che permea la cultura contemporanea. La sua storia serve da monito sulle conseguenze di una ricerca eccessiva di attenzioni esterne, mentre ci invita a riflettere sul valore dell’autenticità e delle relazioni sincere durante il percorso di realizzazione personale.