La Bella e la Bestia: simbologia e significato della trama

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La bella e la bestia (titolo francese originale, La belle et la bete) è una delle più note fiabe europee, diffusasi attraverso i secoli in molteplici varianti anche abbastanza diverse fra loro. Le origini più antiche della fiaba potrebbero risalire addirittura ad una storia scritta da Apuleio, intitolata Amore e Psiche, contenuta nella celebre opera Le Metamorfosi. La prima versione pubblicata della Belle et la bete fu quella attribuita a Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, inserita nel 1740 in La jeune americaine, et le contes marins. Alcuni studiosi ritengono che la versione originale debba essere riconosciuta ad un certo Giovanni Francesco Straparola che la avrebbe redatta nel lontano 1550, quindi circa due secoli prima della pubblicazione francese, ispirandosi ad una storia vera che sarebbe accaduta in un piccolo borgo sulle sponde del lago di Bolsena, in provincia di Viterbo. Tuttavia, la versione più conosciuta e tramandata fino ai nostri giorni, sarebbe una sintesi di quella già citata pubblicata da Madame de Villeneuve nel 1740, rimaneggiata e semplificata da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont nel 1756.

La trama

Prima di trattare della simbologia della fiaba, ripercorriamo i punti salienti della trama, secondo la popolare versione di de Beaumont che decise di omettere quasi completamente lo sfondo familiare e tragico delineato da Madame de Villeneuve, dove si intuiva una veemente critica contro i costumi sociali della sua epoca, in cui le donne erano costrette a sposarsi per convenienza con uomini che erano decisamente più riprovevoli della Bestia. Nella conosciuta versione di de Beaumont, un ricco mercante vedovo perde tutte le sue ricchezze, quando la sua casa è colpita da un terribile incendio e le sue navi si perdono negli abissi marini. A quel punto è costretto a ritirarsi in campagna con le sue tre figlie, conducendo una vita modesta e morigerata. Neanche l’illusione della sopravvivenza di una delle sue imbarcazioni riesce a risollevare il mercante da uno stato di indigenza, dovendo ritornare a casa privo di doni per le prime due figlie, vanesie e presuntuose, e della rosa che aveva promesso alla sua figlia più giovane, chiamata Belle per la straordinaria avvenenza. Dopo aver trascorso una lunga notte nel bosco, lo sfortunato mercante giunge in un castello in apparenza disabitato, dove però trova una tavola elegantemente imbandita. Prima di partire, l’uomo si ferma a cogliere una splendida rosa per Belle, ma all’improvviso compare il padrone di casa, un’orribile bestia con proboscide e ricoperta di squame. La bestia accusa il mercante di averla oltraggiata e per lasciarlo libero, gli fa promettere di inviargli una delle sue figlie, consegnandogli nel contempo un baule pieno di gioielli e di pietre preziose. Ritornato nella sua dimora, il vedovo racconta la sua triste avventura alle figlie, ma soltanto Belle si offre per recarsi al castello, come ostaggio, dell’orribile bestia. Allora il padre addolorato accompagna la figlia al castello, ma la bestia gli intima di non tornare mai più, accogliendo invece la giovane nello sfarzo e nella ricchezza. Le regala anche uno specchio magico, attraverso il quale può osservare la sua famiglia, con la speranza che non desiderasse più di ritornare nella casa paterna, dove peraltro le due sorelle avevano sempre covato nei suoi confronti una gelida invidia. Tutte le sere, la bestia chiede alla ragazza se vuole sposarlo, ma lei rifiuta sempre con garbo e gentilezza, manifestandogli, comunque, affetto ed empatia. 

Dopo qualche tempo, con l’aiuto dello specchio magico Belle apprende che suo padre si è ammalato e prega la bestia di concederle una visita nella casa paterna. Mosso da compassione, la bestia acconsente, ma le fa promettere di tornare entro una settimana, altrimenti sarebbe morto dal dolore. Ritrovatasi nella camera del padre, grazie alla magia della bestia, Belle si trova a consolare suo padre che l’accoglie con grande gioia e riconoscenza, mentre le sorelle si mostrano indispettite dal suo aspetto principesco. Allora, fingendosi tristi per la sua partenza, la convincono a restare più del dovuto, comprendendo l’importanza del suo tempestivo ritorno al castello. Belle cede alle loro false lusinghe, ma ben presto comincia a sentirsi in colpa per aver infranto la promessa data alla bestia e a temere per il suo stato di salute. Belle si affretta, quindi. a tornare al castello dove trova la bestia agonizzante per il dolore, come le era stato prefigurato nella promessa. In quel momento capisce di amarlo e lo supplica di non morire, poiché prova il desiderio di sposarlo. Appena pronuncia queste parole, che le sorgono spontaneamente dal cuore, l’orribile bestia sparisce ed al suo posto compare un bellissimo principe, vittima di un antico maleficio perpetrato da una maga, travestita da mendicante, che voleva punirlo per la sua tracotanza. Il perfido incantesimo era destinato ad estinguersi, nel preciso momento in cui una donna avesse desiderato sposarlo in maniera del tutto spontanea, nonostante il suo aspetto esteriore orrendo. E come in tutte le fiabe, si finisce con un lieto fine ad oltranza: Belle ed il principe vivono felici e contenti sino alla fine dei loro giorni, prendendo con sé anche il padre della giovane, mentre le due cattive sorelle vengono trasformate in statue, in modo da poter assistere immobili alla felicità ed al meritato successo altrui.

Simbologia e significati

Gli elementi simbolici della Bella e la Bestia sono davvero molteplici e, pertanto, cercheremo di concentrarci su quelli considerati più importanti. In primo luogo, la vicenda vuole essere l’emblema dell’unione e dell’armonia conquistata, anche a caro prezzo, tra l’archetipo maschile e quello femminile. Nel caso specifico, Belle riconosce l’archetipo maschile, e viceversa, quando s’innamorano l’uno dell’altra, nonostante gli ostacoli incarnati da un’avversa e deformata realtà apparente. La storia è anche un importante catalizzatore della contrapposizione tra la razionalità e la bestialità, che non deve intendersi come riferita al mondo animale presente in natura, ma al subconscio infernale della stessa condizione umana. Nella Bella e la Bestia, i due protagonisti rappresenterebbero la doppia natura dell’essere umano, l’una votata al bene e l’altra al male, che devono fondersi e riconoscersi a vicenda, in modo da trasformare ed elevare gli istinti più bassi presenti in ciascun individuo. Anche la Bestia possiede già di per sé una brillante nobiltà d’animo che Belle deve individuare ed imparare ad amare per poter affrancare il principe dai tormenti che avevano avviluppato la sua intera esistenza. In un’interpretazione ancora più spirituale della fiaba, Belle può simboleggiare l’anima che deve incarnarsi nella realtà materiale, incontrando la Bestia, ovvero una particolare condizione che la stessa anima deve vivere e che si può identificare con l’intero mondo corporeo in generale.                             

Sotto il profilo psicologico, come altre fiabe sullo stesso tema, La bella e la bestia può essere letta come il compendio del raggiungimento della maturità sessuale da parte della fanciulla, superando la percezione dell’istinto come qualcosa di bestiale a fronte dell’amore puro provato nei confronti del padre.

La giovane protagonista potrebbe anche rappresentare il prototipo di donna che rifiuta la sottomissione tipica della società patriarcale, passando attraverso un doloroso processo di identificazione dei valori da seguire. Raggiunta la maturità psichica e sessuale, la ragazza si ribellerebbe ad una relazione asimmetrica, rendendosi autonoma e capace di amare.

Niente è come sembra: il problema dell’apparenza è più volte, ed in diversi modi, ripreso nella fiaba di cui ci stiamo occupando. Il personaggio che maggiormente rievoca questa tematica è sicuramente la bestia, così come quello della maga che, prima dell’incantesimo, finge di essere una mendicante. Il principe era un uomo crudele ed egoista che, dopo aver scontato la pena della trasformazione inflitta dalla strega, diventa un uomo sensibile grazie all’incontro con Belle. Di grande importanza è anche il significato della rosa, uno dei fiori più cari al mondo esoterico. Già nell’antefatto della fiaba, la maga travestita da mendicante offre al principe una rosa, in cambio di un riparo per una notte, ma lui l’allontana disgustato dal brutto aspetto fisico dell’anziana donna. Il gesto è da considerarsi il pretesto per la trasformazione in bestia. La rosa, inoltre, lasciata dalla maga, scandisce il tempo che resta alla bestia per poter spezzare il sortilegio. Il fiore, riposto in una teca di vetro, rimarrà fiorito fino al compimento del ventunesimo anno d’età del principe. Entro tale data, egli avrà la possibilità di imparare ad amare e, a sua volta, dovrà riuscire a farsi amare, altrimenti sarà destinato a rimanere un’orrenda bestia per sempre. E’ chiaro il messaggio: se il giovane non raggiungerà la necessaria maturità spirituale, i suoi istinti più bassi prevarranno. La stessa Belle chiede al padre come dono una rosa, a differenza delle sorelle che pretendono gioielli e vestiti. In apparenza il dono del fiore può apparire il più semplice, in realtà vuole sottintendere il difficile e complesso percorso spirituale che dovrà affrontare la giovane protagonista. La rosa è stata tradizionalmente considerata anche un simbolo sacro: la forma circolare e la disposizione dei suoi petali rimandano al mandala, emblema dell’idea di forza e di infinito. Seguendo questa prospettiva, troviamo una significativa stilizzazione della rosa nei cosiddetti “rosoni” che fungevano da portali di luce nelle ampie ed enigmatiche cattedrali gotiche.

In apertura, abbiamo accennato a come le origini più antiche della Bella e la Bestia possano essere ricollegate ad uno dei racconti più suggestivi di Apuleio, intitolato Amore e Psiche. La vicenda narra di una splendida fanciulla, appunto Psiche che, non riuscendo a trovare marito, finisce con il diventare l’attrazione di numerosi pretendenti dei popoli vicini che la chiamano Venere, riservandole i medesimi sacrifici votivi. La dea, dopo aver appreso dell’esistenza di Psiche ed adiratasi per l’usurpazione del suo nome, decide di inviare suo figlio Cupido sulla terra, affinché la faccia innamorare dell’uomo più brutto e avaro del mondo. Ma il fato vuole che Cupido sbagli la mira e con la freccia colpisce il proprio piede, innamorandosi così lui stesso perdutamente della fanciulla. Il dio allora trasporta la ragazza nel proprio palazzo e, per non incorrere nelle ire di sua madre Venere, impone che i loro incontri avvengano al buio. I due strani amanti sperimentano allora una passione così intensa che nessun mortale aveva provato prima. Psiche rimane prigioniera nel castello di Eros, legata ad un sentimento che le travolge il cuore ed i sensi. Anche nella Bella e la Bestia, l’orrendo principe non si mostra all’inizio della vicenda, rivelandosi soltanto quando viene invitato con dolcezza dalla fanciulla. Dopo una serie di prove volute da Venere, Amore e Psiche si ricongiungono e convolano a nozze, così come la Bella e la Bestia si sposano dopo varie vicissitudini, rompendo l’incantesimo che aveva trasformato il principe.

La fiaba della Bella e la Bestia implica anche un profondo significato didascalico: l’essere umano è chiamato ad interpretare l’amore non come meccanica razionale, ma come accettazione senza riserve dell’altro. Tale modo di rapportarsi alla realtà dovrebbe essere esteso ad ogni ambito, in modo da poter osservare il mondo che ci circonda per quello che è realmente e non per quello che sembra.

Sul tema dell’amore tra la bella fanciulla e l’orribile bestia, sono state elaborate numerose e diversificate versioni cinematografiche, non sempre fedeli al nucleo primitivo della fiaba, a partire dal film muto uscito nelle sale nel 1920, intitolato La bella e la bestia, realizzato l’anno precedente dall’impresa di produzione italiana “Tespi Film” con sede a Roma. Nel 1945 si cimenta nell’impresa il regista francese Jean Cocteau, con la pellicola La belle et la bete, affidando il ruolo di protagonisti a Jean Marais e a Josette Day. Questa realizzazione post-bellica presenta una notevole digressione d’azione rispetto alle versioni originarie della fiaba, inserendo nella trama elementi mitologici ed avventurosi. Nel 1962 è la volta di una produzione promossa dalla Universal Studios, in cui la bestia è descritta come un licantropo dalle malsane pulsioni notturne e rendendo l’effetto complessivo più simile ad un horror movie di serie b. Nel 1991, dopo un tentativo non portato a compimento da parte della rivale Columbia Pictures, la Disney produsse la propria versione animata della Bella e la Bestia, ottenendo un successo colossale a livello internazionale ed aggiudicandosi molteplici premi prestigiosi. Nella versione italiana, il motivo melodico portante è la canzone che porta il medesimo titolo del film, interpretata in maniera magistrale da Gino Paoli e da Amanda Sandrelli, cover del brano Beauty and the Beast cantata da Celine Dion e Peabo Bryson. Nel 2014 è uscita una nuova trasposizione della fiaba, diretta dal regista francese Christophe Gans che scelse come protagonisti Vincent Cassel e Lea Seydoux. Tre anni dopo, nel 2017, la Disney ha prodotto il remake live-action del classico edito nel 1991, affidando la direzione al regista Bill Condon e le parti dei protagonisti ad Emma Watson e a Dan Stevens.

La bella e la bestia, pur rimanendo una bellissima fiaba per bambini, è colma di significati da approfondire nel mondo degli adulti. E’ un trionfo della diversità, un invito ad andare sempre oltre le apparenze, attraverso prima di tutto una compiuta e senza pregiudizi conoscenza di sè stessi.