Il significato di Alice nel Paese delle Meraviglie

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Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice’s Adventures in Wonderland), il racconto meglio noto con il titolo abbreviato di “Alice nel Paese delle Meraviglie” (Alice in Wonderland) è senza dubbio una delle fiabe che ha maggiormente influenzato l’immaginario collettivo, a partire dal 1865 quando venne pubblicato il romanzo omonimo ad opera di Charles Lutwidge Dodgson, con lo pseudonimo di Lewis Carroll. Come sarà anche diversamente sviluppato nelle versioni successive, il romanzo parla di una ragazza di nome Alice che, attraverso la tana di un coniglio, cade in un mondo fantastico, abitato da strani personaggi antropomorfi ed animali. Il testo è considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura fantasy ed ha esercitato una notevole influenza culturale sulle generazioni successive. Il libro di Carroll riscosse molto successo anche negli anni immediatamente successivi alla sua pubblicazione, tanto che l’autore ne scrisse il seguito, Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò.

La trama

È ormai risaputo che la narrazione riguardante la giovanissima Alice non è soltanto una favola, ma la vicenda fantastica implica numerosi significati simbolici, psicologici ed esoterici. Prima di trattare la difficile e controversa questione semiologica, è opportuno sintetizzarne, in maniera descrittiva, la trama. Il racconto ha inizio con la fanciulla che, come le sue coetanee, è impegnata a leggere un libro nel giardino della sua casa. La lettura le appare noiosa e la sua attenzione è rapita da un vivace coniglio bianco che scorrazza nei dintorni e mormora strane parole, scrutando un originale orologio da taschino. Come spinta da una forza misteriosa, Alice decide di seguirlo perfino nella sua tana, che si rivelerà un ingresso a strapiombo verso le viscere della terra. La caduta di Alice è, tuttavia, particolare e sfida le leggi della fisica, in quanto la fanciulla cade lentamente, come se le fosse concessa la possibilità di ammirare tutto quello che trova durante lo strano percorso. Alla fine si troverà in una specie di cavità che si presenta come l’atrio di un appartamento arredato. Ma l’inseguimento del coniglio non è ancora terminato, perché continuando a camminare dietro allo strano animale, Alice raggiunge una grande stanza piena di porte di diverse proporzioni geometriche, che hanno un’unica caratteristica in comune: sono tutte chiuse. Mentre il coniglio continua a scorrazzare, quasi si prendesse gioco di lei, la ragazzina scopre una chiave di una porta troppo piccola, affinchè lei possa attraversarla. Ed allora trova una serie di indicazioni che la fanno rimpicciolire e, poi, di nuovo ingrandire, al punto da indurla in uno stato di confusione e di frustrazione che sfocia nello sfogo del pianto. Grazie, poi, al ventaglio ed ai guanti lasciati dal beffardo Biancoconiglio, Alice riesce a tornare nelle dimensioni giuste per poter lasciare quella stanza. Il racconto prosegue con la visione di strani personaggi che improvvisano un’improbabile maratona e con il rinnovato incontro con il bianco coniglio che, scambiandola per la sua cameriera, la inviterà a casa sua, facendola diventare gigantesca e tirandole addosso dei sassi che si trasformano in pasticcini.

Alice, tornata nelle normali sembianze, e non sentendosi al sicuro presso la casa del coniglio, scappa via verso il bosco dove incontra il Brucaliffo, una specie di bruco new age  che sta fumando un narghilè seduto sopra un fungo, prima di diventare improvvisamente una farfalla. Di nuovo ricorre il motivo dell’ingrandimento e del rimpicciolimento che, come analizzeremo in seguito, ha un profondo significato spirituale, quando Alice scopre i poteri magici del fungo. Grazie ai vari mutamenti di forma, la giovinetta riesce a penetrare nella dimore della duchessa dove conoscerà lo Stregatto, che le spiega la strada per arrivare verso il Cappellaio Matto. E’ proprio lo Stregatto che rivela ad Alice di trovarsi nel Paese delle meraviglie. Seguendo le istruzioni, Alice arriva nella casa della Lepre Marzolina che si intrattiene a prendere il tè con il Cappellaio Matto. A tavola vi è tutta una serie di personaggi matti che sembrano condurre discorsi stravaganti ed inconcludenti. Non sentendosi a suo agio, Alice decide di andarsene, arrivando alla corte dell’enigmatica Regina di Cuori, che appare adirata e scontenta, mentre minaccia di tagliare la testa ai componenti del suo nobile consesso, formato per la maggior parte da personaggi che Alice ha già incontrato durante il percorso. In realtà, la fanciulla scopre che la testa poi non viene tagliata a nessuno. La vicenda termina con Alice che si sveglia all’improvviso nel giardino di casa, come se avesse sognato tutto, ritrovandosi vicino alla sorella alla quale racconta le proprie peripezie oniriche.

Il significato e la simbologia di Alice nel Paese delle Meraviglie

L’autore del romanzo, Lewis Carroll, ha adoperato una serie di metafore e di figure allegoriche, verosimilmente, per raccontare il percorso di crescita di Alice, sottolineando la difficile lotta tra l’infanzia e l’età adulta. La fiaba, sotto questo profilo, si presta ad una serie di interpretazioni di natura psicologica. Nello specifico, la narrazione avrebbe un’impronta didascalica, quale percorso di crescita,  nonché di conoscenza, allo scopo di conseguire una compiuta espressione di sé stessi nel processo di costruzione della propria identità. Come si è detto nella prima parte, numerosi sono i momenti in cui la fanciulla si ingrandisce o si rimpicciolisce, dall’episodio delle porte, al Brucaliffo, alla casa del Biancoconiglio. Procedendo nel vivo della trama, si nota che, dopo lo smarrimento iniziale, Alice comincia a gestire bene i repentini cambiamenti,  come ad indicare un’acquisita padronanza delle proprie emozioni. La curiosità di seguire il Biancoconiglio si impone come necessario passaggio da uno stadio di soggezione emotiva (timore del divieto da parte dei genitori) ad uno stadio di indipendenza e di autodeterminazione nelle scelte da intraprendere. Frequenti, inoltre, sono i passi in cui i personaggi della storia chiedono ad Alice chi sia o da dove venga. I continui interrogativi spingono la ragazzina a riflettere e, di conseguenza, ad individuare con crescente precisione le sfumature della propria identità.

La caduta di Alice nella tana del Biancoconiglio rappresenta una sorta di ingresso nell’inconscio, mentre lo strano animale, così inafferrabile e sfuggente, appare come il contrario della protagonista, a cui si aggiunge il suo stretto legame con lo scorrere del tempo, ovviamente nel modo in cui lo concepiamo nella nostra dimensione. E la profonda differenza che intercorre tra consuetudine ed avventura si intuisce come uno dei motivi più ricorrenti dell’intera vicenda, in relazione soprattutto ad un’altra figura, quella cioè del Cappellaio Matto. L’ora del tè scandisce l’intera giornata del Cappellaio, ispirato forse ad un antico motto inglese, “mad as a Hatter” (matti come un cappellaio), a causa di un  litigio che lo stesso personaggio avrebbe avuto con la personificazione del tempo. Anche questa immagine vuole suggerire la relatività dello scorrere del tempo, sospeso tra realtà ed illusione. Il Brucaliffo, poi, può essere considerato l’emblema della saggezza che, mostrandosi insofferente nei confronti di Alice, potrebbe indicare la tendenza razionale degli adulti spesso in difficoltà davanti alla genuina curiosità dei bambini.  E’ proprio il Brucaliffo che spinge Alice a chiedersi chi sia e ad accettare l’inesorabile cambiamento in atto nella propria esistenza. Non a caso, al termine del dialogo, il saggio bruco si trasforma in una farfalla che spicca il volo, simbolo di catarsi e di metamorfosi. L’ironico Stregatto, con il suo enigmatico sorriso, che ha cambiato molti nomi nelle diverse versioni della fiaba, aiuta Alice con i suoi consigli preziosi, anche se oscuri e sibillini. La Regina di Cuori è stata associata alle caratteristiche negative degli adulti che tendono a risolvere piccoli problemi con soluzioni abnormi, come  quella appunto di tagliare la testa a tutti, senza che alla fine sia presa nessuna decisione concreta. La stessa triste regina, parlando con Alice, ricorda la sua infanzia e come tutti sogni di un tempo fossero stati spazzati via con l’età adulta.

La grande popolarità del racconto ha indotto alcuni psichiatri a servirsi del nome di Alice per denominare una particolare psicopatologia, la cosiddetta sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie, con tanto di acronimo inglese AIWS. Si tratta di una forma di disturbo neurologico, in grado di colpire l’organo della vista soprattutto nel corso dell’età infantile. Coloro che sono affetti da questo tipo di sindrome, avrebbero un’immagine corporale del tutto alterata, con la conseguente sensazione di percepire il proprio corpo o gli oggetti di dimensioni diverse rispetto alla realtà. Alcuni studi, rilevando tale forma di metamorfopsia, hanno dimostrato che la sindrome in questione, sotto il profilo neurologico, può essere confusa anche con psicosi o con intossicazioni da farmaci, potendo risultare in concomitanza di lesioni cerebrali, localizzate per la maggior parte, nell’area del cervello temporo-occipitale e parieto-occipite-temporale. Inoltre, è stata riscontrata una certa familiarità con alcune espressioni dell’epilessia e dell’emicrania. La sintomatologia allucinatoria della sindrome è appunto riconducibile all’alterata trasmissione del segnale nelle precitate aree corticali del cervello umano, mentre l’eziologia è al momento sconosciuta, anche se talune applicazioni hanno segnalato la presenza di un ridotto apporto ematico nelle aree cerebrali responsabili delle percezioni sensoriali. A differenza della psicosi, dove il malato scambia le fasi allucinatorie per eventi reali, nella sindrome di Alice, chiamata anche di Todd, dal nome del primo studioso che l’ha configurata come tale, il paziente è consapevole dello stato di coscienza alterato ed i sintomi, in linea generale, hanno una durata temporanea e contingente. In aggiunta alle caratteristiche descritte, in alcuni soggetti si manifesta una forma di “zoopsia”, cioè allucinazioni che hanno come oggetto sciami di piccoli animali, come formiche, mosche o topi, oppure  di gruppi isolati di animali più grandi, come gatti, cani o cavalli. Nelle forme più gravi ed invasive della sindrome, i pazienti possono sperimentare perfino una sensazione di dissociazione, perdendo qualsiasi contatto con il proprio corpo, con l’ambiente circostante e con gli stessi pensieri. Nel quadro già delineato, possono ricorrere casi in cui coloro che sono affetti dalla sindrome ricevono percezioni distorte della propria dimensione spazio-temporale, provando un forte disorientamento emozionale con gravi conseguenze nell’autocontrollo motorio,

La dimensione in cui precipita Alice è capovolta: i suoi piedi poggiano sul soffitto e solo in questo modo riesce ad osservare quel tipo di realtà. E’ un elemento importante che offre una chiave di lettura indispensabile per poter comprendere la fiaba: le cose che ci circondano devono essere guardate da un altro punto di vista, ad indicare che il mondo esteriore è solo un’immagine riflessa del nostro mondo interiore. Il grande dilemma di Alice che sta diventando adulta è come affrontare le costrizioni, le regole e gli obblighi della vita sociale, già decisa e preconfezionata da altri. La fanciulla viene perfino costretta a fidanzarsi con un uomo che non vuole, arrivando al limite, cioè al momento cruciale in cui deve prendere una decisione (in una delle recenti trasposizioni cinematografiche). Ed ecco che compare il coniglio, non a caso bianco, colore che vuole simboleggiare la manifestazione completa di un’emozione. Sulla stessa simbologia del coniglio ci siamo soffermati in altri scritti, un animale rassicurante ed inquietante, la cui rievocazione iconografica tende ad incarnare tutte le paure dell’essere umano. Suggestivo è anche il simbolismo che si nasconde dietro alla pozione che consente ad Alice di rimpicciolire ed al pezzo di cibo che la fa tornare grande. Alcuni interpreti hanno voluto intravedere in tale sequenza la rappresentazione di una sorta di lotta interiore individuale, come se l’Ego smisurato di una persona non le consentisse di entrare nella porticina dell’anima. Si tratta di un chiaro invito a ridimensionare sé stessi. D’altra parte, anche se l’Ego è troppo piccolo, svalutandosi troppo non permette di trovare la chiave per continuare il percorso di autocoscienza. Sotto il profilo psico-analitico, ogni personaggio che la fanciulla incontra nel Paese delle Meraviglie, potrebbe raffigurare un particolare aspetto della sua personalità. In questa maniera può essere interpretata la prima domanda che si scambiano le varie figure: “Secondo noi non è l’Alice giusta…sarà lei o non sarà lei?”. La Regina di Cuori mette in luce tutto ciò che ci opprime e ci limita, gli istinti che dominano la nostra vita interiore con prepotenza, come l’avidità e la crudeltà, molto spesso rivolti proprio contro noi stessi, mentre il Cappellaio Matto (i cappelli potrebbero alludere ai pensieri: troppi pensieri inducono il soggetto ad allontanarsi dalla consapevolezza) incarna l’indecisione che ci tormenta davanti alle tante difficoltà della vita. Come già si detto, la follia è una costante del racconto: lo stesso autore del romanzo originario, Carroll, sosteneva che una delle sue principali manifestazioni fosse il non saper distinguere il sogno dalla realtà.

I significati occulti

Di recente, è stato sottolineato come la simbologia esclusivamente freudiana della vicenda di Alice possa essere in realtà troppo riduttiva e semplificata. In tale contesto, non bisogna dimenticare la passione per le scienze occulte che animava l’ideatore/autore del romanzo. Non mancano, infatti, simboli alchemici con frequenti richiami alla logica ed alla filosofia del linguaggio. Lo stesso nome dell’eroina, a parte l’evidente riferimento alla giovane amica di Carroll, che peraltro suscitò numerose dicerie e pettegolezzi, ha un duplice significato etimologico. Dall’antico celtico starebbe a significare “bella” o, più genericamente, “di bell’aspetto”, mentre se si preferisce far riferimento al greco antico, il nome deriverebbe, come Alessandro, dal verbo alecso, potendo essere tradotto con l’espressione “colei che protegge” o “colei che salva”. La funzione della giovane protagonista, seguendo tale filone, si ammanterebbe di un significato più squisitamente soteriologico e catartico.

Una particolare menziona merita la simbologia del gatto che, sotto il profilo alchemico, rappresenta “l’animale femmina per eccellenza”, un essere della notte, così come la donna è radicata maggiormente nel lato oscuro ed indecifrabile dell’esistenza. Lo Stregatto, come si è detto, diventa amico e confidente della fanciulla durante il suo percorso onirico ed i suoi consigli appaiono risolutivi in ben due occasioni. Lo strano felino, inoltre, rivela ad Alice l’intimità della Regina, determinandone di conseguenza la sua condanna a morte. Agli esperti di esoterismo non è sfuggito che la morte del miste si impone come uno degli elementi chiavi dell’alchimia, nonché come presupposto essenziale per intraprendere l’iniziazione misterica. In una lettura ermetica della fiaba, il difficile rapporto della ragazza con il “grande “ e con il “piccolo” diventa la metafora della relazione complessa tra il “microcosmo” dell’individuo ed il “macrocosmo” dell’universo. L’incapacità di stabilire cosa sia importante e cosa non lo sia, nel racconto, è ripetuta per ben 10 volte, come il numero delle sefirot nella cabalistica ebraica,  il cui insieme forma l’albero sefirotico attraverso il quale l’energia della divinità si espande in tutto il cosmo.

Alice entra anche nel mondo delle “carte” da gioco: cuori, quadri, fiori e picche con tutta la relativa simbologia della tradizione secolare. Nello specifico contesto, i quattro semi potrebbero indicare i quattro elementi: fuoco, aria, acqua e terra. Riuscire a penetrare nella dimora della Regina di Cuori, per Alice, vuol dire essere costretta a giocare con lei, alle sue condizioni. Ma anche in questa circostanza interviene lo Stregatto, provocando l’incidente che mette fine alla storia. La Regina viene a sua volta “capovolta”, in una sorta di gioco di specchi e Alice, che era stata condannata a morte ingiustamente, può tornare in vita, dopo aver mangiato il fungo magico, altro simbolo alchemico assimilabile alle droghe sciamaniche, alternando nuovamente la “crescita” ed il “rimpicciolimento”. Allora Alice fugge a gambe levate da quella situazione di confusione e di pericolo, per risvegliarsi e tornare alla sua solita esistenza, come se avesse acquisito una coscienza superiore in grado finalmente di farle conoscere la struttura del proprio io interiore.

La prima trasposizione cinematografica relativa alla vicenda di Alice risale al lontano 1903, un cortometraggio muto, della durata di solo 8 minuti, affidato alla regia di Percy Stow. Esattamente trent’anni dopo, Mc Leod dirige una pellicola, Alice nel Paese delle Meraviglie che, in 76 minuti, ripercorre in maniera quasi fedele la narrazione letteraria di Carroll, affidandosi soprattutto all’estro spontaneo di Charlotte Henry nei panni della giovane protagonista e nella classe di May Robson nell’interpretazione della Regina di Cuori. Molto più famoso è il film di animazione prodotto dalla Disney nel 1951, Alice in Wonderland, dove la follia dei personaggi, in una versione quasi anarcoide, e l’accentuato simbolismo esoterico, peraltro comune a tutte le produzioni Disney, rendono la fiaba nota al grande pubblico. Decisamente lontano sia dal romanzo di Carroll che dal film della Disney, è il film Alice in Wonderland, diretto nel 2010 da Tim Burton: in questa versione la ragazza torna nel mondo fantastico per aiutare i suoi abitanti ad organizzare una rivolta, ma non riesce a ricordare la sua precedente visita ed il legame con quella strana dimensione. Sei anni dopo James Bobin si cimenta in un sequel della pellicola del 2010: Alice attraverso lo specchio, dove la solita fanciulla è la protagonista di una vera e propria odissea spazio-temporale, in una trama complessiva più fantascientifica rispetto alle implicazioni di simbologia psichedelica della novella di Carroll.

Alice nel Paese delle Meraviglie solo in apparenza è una semplice favola per bambini, ma in realtà comprende una ben nutrita serie di segni e di simboli, non tracciati in maniera casuale e che formano un  disegno unitario a scopo didascalico, che ci fa riflettere sulla necessità di crescere e nello stesso tempo di ridimensionare il nostro ego, di avere la curiosità giusta per conoscere, ma anche di saper distinguere la realtà dall’illusione,