Firenze, anni ’90: l’omicidio di Gianfranco Cuccuini

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In mezzo ai molti delitti che purtroppo nel corso della storia sono avvenuti nel nostro paese ce n’è uno particolarmente atipico e inspiegabile. Si tratta dell’assassinio di Gianfranco Cuccuini, accaduto più di 28 anni fa a Firenze. Tutto ciò che caratterizza questo efferato fatto di cronaca risulta enigmatico. E’ strano che un delitto del genere sia avvenuto in quel determinato luogo, sono sfuggenti i comportamenti dell’assassino così come i vari elementi che contornano la vicenda.

In questo articolo proveremo a mettere insieme i fatti per ricostruire questa tragica storia.

Firenze, 1995. Gianfranco Cuccuini è un uomo di 65 anni che ha trascorso buona parte della sua vita dedicandosi al lavoro di tipografo prima di andare in pensione.

Sposato e con due figli, Gianfranco conduce un’esistenza regolare e abitudinaria. Non è un tipo che ama parlare di sé agli altri, ha un’indole tranquilla e cortese. Appassionato di arte e letteratura, da qualche tempo ha trovato un impiego saltuario che gli permette di arrotondare la pensione. Tre volte alla settimana lavora come commesso per un negozio di articoli religiosi a Firenze. All’interno dell’esercizio si possono trovare libri sacri, accessori e indumenti per la celebrazione delle messe, oggetti di culto.

24 Marzo. E’ un Venerdì e in quel giorno della settimana Gianfranco solitamente non si reca al negozio, ma stavolta la titolare ha un impegno e gli ha chiesto il favore di sostituirla. L’uomo ha accettato e alle 7:30 del mattino esce dalla sua casa, situata a Sesto Fiorentino, e si avvia in motorino verso Via del Proconsolo numero 7 rosso, ubicazione della bottega.

Alle 7:50 apre l’esercizio, intorno alle 8:20 si mette a spazzare l’ingresso all’esterno.

Sono le 8:45 quando un sacerdote che deve rifornirsi delle ostie per la sua parrocchia arriva nei pressi. Si dirige verso l’entrata dal cortile sul retro, vede la luce accesa, bussa ma non apre nessuno. Dopo aver tentato per tre volte decide di provare ad entrare dall’ingresso principale, quello che si affaccia sulla strada. Qui trova la porta aperta ma la luce, a differenza di qualche minuto prima, risulta essere spenta. Nota una figura distesa dietro al bancone e avvicinandosi scopre con sgomento che si tratta di un uomo esanime. Il sacerdote corre a chiedere aiuto.

Sul posto arriva la Misericordia. Il medico constata che si tratta del corpo senza vita di Gianfranco Cuccuini. E’ stato colpito da 27 coltellate, sferzate su collo, viso, testa, addome, torace, dorso e zona lombare. Chi l’ha ucciso ha utilizzato un oggetto dalla lama mono-tagliente, forse un tagliacarte, forse un paio di forbici. Una furia cieca apparentemente inspiegabile, così come è inspiegabile il fatto che sulla scena del crimine non siano presenti tracce dell’assassino. Nessuna impronta digitale, nessun segno di suole insanguinate sul pavimento nonostante la grande quantità di sangue persa dalla vittima durante l’aggressione.

Non è stato rubato niente. Sul luogo si nota uno straccio accanto al corpo e un mazzo di chiavi sul terreno. Dietro al bancone, vicino al cadavere, c’è una sedia di legno che sembra stranamente in ordine, come se non fosse stata minimamente mossa durante l’azione delittuosa avvenuta in quello spazio ristretto. Presenta una sola traccia ematica sulla seduta, dalla forma circolare.

Sul tavolo del retro-bottega viene rinvenuta un’agenda aperta su un foglio nel quale sono riportate le seguenti parole: UMA HARUM UMA. Tre vocaboli che sembrano non avere alcun significato, almeno all’apparenza. Un’ulteriore incognita all’interno di questa faccenda. Forse potrebbe essere un indizio o forse non ha alcuna attinenza con il delitto. Ci torneremo più avanti su questa frase e sul suo possibile significato.

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Le indagini cercano di sondare tutte le piste. Si parte dalla possibilità di un maniaco, magari l’apparente mancanza di logica dell’omicidio potrebbe spiegarsi come l’azione di un allucinato che avrebbe agito in preda a un delirio. Gianfranco aveva infatti rivelato alla moglie che a volte nel negozio si erano presentati degli strani individui. Insieme a questo alcuni testimoni riferiscono di aver visto passare più volte davanti alla bottega una signora bionda sulla sessantina che sembrava pregare. Gli agenti riescono a rintracciarla e a fermarla. Mentre le chiedono i documenti le cade a terra un ombrello, inspiegabilmente macchiato di sangue. La donna viene di conseguenza sottoposta a interrogatorio mentre si predispongono gli esami su quel materiale ematico. La signora appare piuttosto destabilizzata, per quel giorno ha un alibi e a scagionarla definitivamente arrivano i risultati delle analisi: quelle tracce di sangue non appartengono a Gianfranco Cuccuini.

Viene scandagliata la vita privata della vittima, alla ricerca di ipotetici nemici o relazioni segrete. Non emerge niente di rilevante e le domande restano. Perché Gianfranco è stato ucciso? E’ stata l’azione occasionale di un folle oppure qualche conoscente aveva perso la testa? E’ possibile che in questa storia sia entrato di mezzo un destino fatale. Gianfranco non si sarebbe dovuto recare al lavoro quella mattina, si era trattato di un evento eccezionale. Può darsi che qualcuno non si aspettasse di trovare lui in bottega e gli eventi abbiano preso una piega sanguinosa. Oppure possiamo immaginare anche un altro tipo di scenario. Magari un invasato che per qualche motivo nutre una sorta di risentimento verso il mondo ecclesiastico quella mattina passa davanti all’esercizio e nota al suo interno un uomo, forse lo scambia per una prete e decide di riversare su di lui la sua follia. Le possibilità sono molte e non abbiamo certezze.

Una testimone riferisce di aver visto la mattina del delitto, alle 8:30, due persone che entravano nel negozio. Uno era sicuramente un uomo e dalla descrizione sembra si trattasse proprio di Gianfranco, mentre l’altra figura era stata vista di spalle, aveva i capelli lunghi ed era vestita in maniera antiquata. La testimone non aveva distinto se fosse una donna o un uomo ma sembrava essere abbastanza giovane, sui 25-30 anni.

L’orario coincide con gli attimi precedenti all’omicidio. Forse era proprio quella sagoma indefinita l’assassino di Gianfranco? Forse era qualcuno che aveva visto qualcosa di importante? Purtroppo non fu possibile individuarla e ancora oggi i contorni di quella figura restano sfuggenti, avvolti da quello stesso alone di mistero che permea tutta la vicenda.

Il caso venne affrontato anche in una puntata di Blu Notte e nell’occasione il commissario Silio Bozzi fornì una possibile dinamica dei fatti, ipotizzando che l’azione delittuosa potesse essere iniziata con l’assassino che si trovava seduto su quella sedia dietro al bancone mentre la vittima poteva essersi inginocchiata verso di lui, forse per raccogliere lo straccio o le chiavi da terra. Da questa posizione il killer lo avrebbe colpito sul dorso e sul collo con dei fendenti dall’alto verso il basso, dopodiché si sarebbe alzato continuando a sferrare colpi mentre l’uomo si accasciava a terra. Un’aggressione fulminea che colpisce alla sprovvista Gianfranco. Questo potrebbe spiegare l’assenza di schizzi di sangue da proiezione in quanto l’assalto sarebbe avvenuto con la vittima in posizione rasente al terreno. Potrebbe spiegare anche il motivo per cui la sedia sia rimasta immobile nonostante si trovasse nello stesso spazio in cui avvenne il delitto. Allo stesso tempo non possiamo escludere che le cose siano andate diversamente e magari lo stesso carnefice potrebbe aver spostato in seguito la seggiola per ricreare una sorta di ordine fittizio nella scena del crimine.

Per quanto riguarda la via di fuga, l’omicida si sarebbe allontanato dal luogo uscendo dall’ingresso principale dato che la porta sul retro risultava essere chiusa dall’interno. Una sagoma che si perde in mezzo alla calca di quell’affollato Venerdì di Marzo in pieno centro a Firenze. In molti potrebbero averlo incrociato distrattamente mentre camminavano per le vie della città storica, inconsapevoli di aver magari scambiato per un istante lo sguardo con un assassino che sarebbe rimasto ignoto per i successivi anni.

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Torniamo adesso su quelle tre strane parole scritte sull’agenda: UMA HARUM UMA. Cosa potevano significare? Una possibile spiegazione sulla loro origine è emersa nel corso del tempo, in un momento in cui l’inchiesta era ormai archiviata.

In un passaggio presente nel libro Tropico del Cancro di Henry Miller risulta essere scritta nero su bianco la parola “UMAHARUMUMA”. Nel testo un personaggio la presenta come un’espressione che porterebbe fortuna se ripetuta ogni giorno.

Una citazione letteraria all’interno di un negozio dove si vendono anche libri. Non ci sarebbe niente di anomalo, se non fosse che Tropico del Cancro è un romanzo che venne censurato per molto tempo e fu reso pubblico in Italia soltanto negli anni ‘60. Il motivo di questa stigmatizzazione risiede nel linguaggio scabroso e nel contenuto sessualmente esplicito del testo. E’ a questo punto che il dettaglio diventa bizzarro e rappresenta una stonatura. Cosa ci faceva la citazione di un libro dalle tematiche erotiche in un luogo dedicato alla religione e alla sacralità?

Chi aveva scritto quella nota? Era stata riportata su dettatura di qualcuno? Poteva avere qualcosa a che fare con il delitto? Poteva trattarsi di uno scherzo? L’unica cosa su cui possiamo avere certezza è che la persona che ha vergato quell’appunto lo trascrive nella maniera corretta dal punto di vista grammaticale, cosa non facile visto che si tratta di un vocabolo molto particolare. Quindi le possibilità sono due, o aveva letto il libro e per qualche motivo gli era rimasta impressa quella parola tanto da annotarsela, oppure qualcuno gli ha sillabato le lettere di modo che venisse riportata fedelmente.

Più ci si addentra in questi aspetti e più si ha la sensazione di trovarsi davanti a una matrioska di enigmi impossibili da dipanare. Può essere che, a differenza delle impressioni iniziali, l’assassino di Gianfranco qualche traccia del suo passaggio l’avesse lasciata. Oppure no, l’omicida è realmente sfuggito a ogni possibile elemento in grado di identificarlo.

Questo caso, condito da tanti elementi intrecciati tra di loro come in un groviglio di fili, appare indecifrabile. L’unica cosa che possiamo auspicare è che la vicenda non venga dimenticata e resti aperto uno spiraglio per poter giungere prima o poi alla verità. Una verità per la memoria di Gianfranco e per tutte le persone che gli volevano bene.

FONTE

Blu Notte – Gianfranco, un delitto a Firenze