Il tempo del sogno per gli Aborigeni d’Australia

Posted by

Le credenze degli Aborigeni australiani si fondano su una visione cosmologica del tutto originale, definita verso la fine del diciannovesimo secolo come “Tempo del Sogno”. Questo tempo enigmatico costituirebbe una suggestiva ed antica struttura di dottrine, corredata da molteplici pratiche rituali e magiche, in grado di collegare qualsiasi aspetto della vita quotidiana a più elevate tematiche di carattere metafisico, con particolare riferimento ad un’epoca della creazione ad opera dei cosiddetti Esseri Ancestrali.

Il Tempo del Sogno è da considerare come una dimensione alternativa: nella concezione aborigena del tempo, gli eventi avvenuti in quell’antico periodo non si sarebbero svolti in un lontano passato, ma si ripeterebbero all’infinito al di là della nostra percezione spazio-temporale. Nell’ontologia degli Aborigeni, infatti, il tempo non scorre in maniera lineare, ma ha un andamento ciclico, con la conseguenza che qualsiasi istante dell’attuale esistenza è collegato in maniera costante alla creazione primigenia. Attraverso alcuni esercizi rituali, pertanto, l’essere umano può mettersi in contatto con gli Esseri Ancestrali dell’epoca primordiale. Ogni luogo che viene individuato, come sede degli eventi legati alla creazione, è considerato un sito sacro a cui si attribuisce una specifica tradizione ed al quale si riconosce il significativo appellativo di “luogo di storie”. Le popolazioni indigene d’Australia credono che gli Esseri Ancestrali lasciarono ai loro antenati alcune “canzoni”, come vivo memoriale delle proprie azioni. Ed è curando con estrema dedizione l’esecuzione di questi canti, unitamente all’esecuzione di altri rituali, che si crea la via d’accesso privilegiata per il Tempo del Sogno. Una sequenza corretta di canzoni, chiamata “via dei canti”, è concepita come un sentiero rituale di collegamento fra due diverse dimensioni dell’esistenza.

Per gli Aborigeni australiani, dunque, il mondo forma un “grande sogno” sognato da creature capostipiti umane, animali e vegetali, di tutti i diversi clan, nonché di ogni altra specie vivente. Ogni luogo della terra non sarebbe altro che la cristallizzazione e la memorizzazione di quanto avessero originariamente fissato gli dèi-antenati. Si può ragionevolmente affermare, pertanto, utilizzando un linguaggio biblico, più vicino alla nostra cultura, che l’intera “Genesi” del cosmo abbia origine da un sogno. In quest’ottica, l’azione di sognare diventa un’importante possibilità per poter accedere ad un’altra dimensione, così come nel sogno sciamanico si possono compiere viaggi verso altri tempi ed altri luoghi. Il mondo sensibile ne esce in qualche modo sconfitto, nel senso che può avere rilevanza soltanto nelle modalità in cui sia incluso nel sogno e dallo stesso mondo onirico ne possa ricavare un significato più profondo.

Il “sogno” o “sogno visione” deve intendersi come percorso di rigenerazione, in grado di favorire il rinnovamento spirituale di ciascun individuo, recuperando gli archetipi dell’essenza umana. Il “Dream Time” degli aborigeni australiani può essere paragonato, con le dovute differenziazioni caratteristiche, al “mondo delle idee” di Platone, rappresentando una sorta di sintesi mistica che si riferisce ad un universo che ha una consistenza spirituale. Di straordinaria poesia, è l’immagine “delle divinità come canti”, richiamando la tradizione della musica primitiva come mirabile connubio di simmetria, armonia e proporzione.

Come accennato in precedenza, il punto di contatto tra la dimensione del sogno e quella reale era incarnata dalla figura dello sciamano, una sorta di intermediario che riusciva a penetrare nel mondo onirico tramite il sogno lucido, mezzo per raggiungere le anime degli Antenati e per rafforzare i poteri della tribù di appartenenza. Nella concezione aborigena, quindi, l’aldilà era parte integrante dello spazio del sogno, in quanto solo in tale contesto le anime potevano lasciare il corpo e viaggiare con lo spirito, nello stesso modo in cui avveniva dopo la morte, ma soltanto in un “trance” temporanea. Ovviamente, mancando qualsiasi consapevolezza psico-analitica, il sogno lucido rientrava nella sfera della magia e soltanto lo sciamano, riconosciuto come tale, era autorizzato ad esercitare tale potere che rasentava il soprannaturale, dopo aver adempiuto a determinate prescrizioni rituali. Anche nella visione della morte dell’antico popolo indigeno australiano lo sciamano occupava un ruolo di assoluto rilievo, dovendo accompagnare l’anima del defunto verso il sonno senza fine, affinchè la stessa anima potesse essere ammessa a rientrare nel ciclo eterno della vita.

Tra i molteplici gruppi di Aborigeni australiani, si distinguono in particolar modo gli Arunta, che forse sono l’emblema più significativo di un tipo di civiltà preistorica, dove emergeva il culto degli antenati e degli spiriti primordiali. Osservando la forma dei crani e delle mascelle, si pensa che i primi ominidi non avessero maturato un linguaggio articolato, ma che adoperassero una specie di comunicazione sottile o telepatica, come avviene in alcune aggregazioni spontanee di animali. Col tempo, poi, sviluppando il linguaggio verbale, avrebbero perso le primitive capacità, anche se una parte di esse sarebbe sopravvissuta ancora oggi. A metà strada tra la realtà e la fantasia, si raccontano storie di aborigeni capaci di vedere oggetti o persone non ancora concretamente presenti, nonché di poter guardare luoghi lontanissimi soltanto con la forza della mente.

Nello straordinario immaginario collettivo aborigeno, vi sono dei veri e propri varchi extra-dimensionali per poter visitare l’età del sogno. Uno dei più conosciuti ed affascinanti, anche dal punto di vista paesaggistico, si trova nel cuore pulsante dell’Australia, in una zona a densità di popolazione davvero bassissima. Si tratta di “Ayers Rock”, un gigantesco monolite rossastro formato da arenaria, che misura circa due chilometri e mezzo di lunghezza e raggiunge un’altezza di quasi 340 metri. E’ un luogo assolutamente fuori dal comune, che sembra appartenere ad un altro pianeta: il monolite si innalza imponente e cupo al di sopra della distesa rossa del deserto. Al giorno d’oggi, purtroppo, il posto è divenuto uno dei posti più turistici dell’intera Australia, nonostante la collocazione così lontana dalle grandi metropoli australi.        Vi sono perfino coloro che sostengono di poter scorgere sul monolite strane incisioni provenienti da una civiltà aliena, ipotesi mai empiricamente dimostrata, ma non per questo impossibile.

La stessa iniziazione mistica, in Australia, è considerata possibile soltanto attraverso sogni straordinari, sentieri privilegiati per tracciare la via sacra, abolendo il tempo storico e ritrovando il tempo del mito. La trasformazione iniziatica è simboleggiata con la narrazione del serpente Arcobaleno: secondo la leggenda in un tempo antichissimo l’arcobaleno si trasformò in un grande serpente colorato che si diresse sulla terra e con con il suo corpo sinuoso e luminoso disegnò fiumi, ruscelli, colline e montagne. Dal punto di vista spirituale, l’arcobaleno incarna l’archetipo dell’energia creativa e cosmica, capace di plasmare la configurazione stessa della realtà sensibile.    Lo sciamano, durante il suo viaggio astrale, sogna di diventare uno scheletro che si arrampica sul serpente Arcobaleno, ossia sulla enorme energia sprigionata dalla terra.  Alcuni dipinti ritrovati nelle caverne australiane rievocano di frequente le visioni extracorporee che si formano durante gli stati di “trance”: si possono ammirare, ad esempio, animali o esseri umani vicino ai quali sono disegnate linee che assomigliano ai meridiani cinesi. Queste pitture, molto spesso trascurate, sono importantissime per capire la nascita del pensiero umano, in quanto testimoniano la riflessione ontologica di un popolo che ha vissuto per secoli in una condizione di totale isolamento, lontano da qualsiasi contaminazione materialista ed ideologica. Eppure, osservando con la dovuta attenzione e sensibilità questi enigmatici disegni, essi ci parlano di una lontana età dell’oro in cui gli spiriti superiori troncarono i contatti diretti con gli umani, presentando non pochi punti in comune con il più noto Eden, il paradiso perduto di biblica memoria.