Nella sua pelle: il terribile omicidio di Katarzyna Zowada

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Raccontare i casi di cronaca nera porta spesso alla scoperta di crude realtà al di fuori di ogni immaginazione. Eventi dove emergono le rappresentazioni dell’inferno sulla terra, conditi dalle peggiori espressioni di follia.

Storie che ti risucchiano in un buco nero e ti lasciano una voragine dentro. Come quella dell’omicidio di Katarzyna Zowada.

La scomparsa

1998. Nowa Huta, quartiere di Cracovia.

In questa zona abita Katarzyna Zowada, soprannominata Kasia, una giovane di 22 anni che vive insieme alla madre. Figlia unica, studia all’università. E’ una ragazza introversa con pochi amici fidati e tante passioni, tra cui la musica, il cinema e la lettura.

Ha un vissuto doloroso alle spalle, due anni prima una tragedia aveva condizionato la sua esistenza. Tutto accadde nel Gennaio 1996, quando suo padre la portò a fare un escursione con lui. Durante il percorso il genitore fece un brutto incidente, cadde e accusò un trauma al midollo spinale che lo porterà alla morte. Dopo questa triste vicenda Katarzyna è sprofondata nella depressione. Per questo motivo la madre l’ha incoraggiata ad andare in terapia. Prima di ogni sessione la aspetta davanti alla porta dello psicologo per assicurarsi che la figlia sia presente alle sedute.

12 Novembre. Sono le 18:00 e la madre di Katarzyna si trova dinanzi alla stanza del terapista ad attendere la figlia. I minuti trascorrono ma la ragazza non arriva. Non è un comportamento da lei, visto che si presentava sempre puntuale agli appuntamenti. Il tempo passa e la donna inizia a preoccuparsi. Denuncia il fatto alla Polizia mettendosi nel frattempo alla ricerca di Kasia, purtroppo senza esiti.

Nelle ore e nei giorni successivi le ricerche si allargano a macchia d’olio su tutta la zona ma di Katarzyna non c’è traccia. Inizia a diffondersi la teoria che si sia trattato di un allontanamento volontario oppure che la depressione l’abbia spinta al suicidio.

Per i successivi due mesi l’inchiesta rimane in stallo, fino a che non accade qualcosa che fa venire alla luce una terrificante realtà.

6 Gennaio 1996. Un’imbarcazione sta navigando sul fiume Vistula quando improvvisamente qualcosa rimane impigliato nell’elica. L’equipaggio si ferma e gli addetti notano che si tratta di una materia bianca ed elastica. La tirano fuori e rimangono scioccati nel vedere che c’è attaccato un orecchio.

La Polizia giunge sul luogo e i primi rilievi mostrano da subito uno scenario atroce.

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Si tratta di pelle umana femminile. Qualcuno ha scuoiato un corpo in maniera precisa, asportando la cute dal torso. I resti sono mancanti delle braccia e di parte del volto. I capezzoli sono stati tagliati e la pelle presenta un buco su un lato, come se qualcuno avesse voluto indossarla tipo vestito.

La vittima ha subito torture e percosse, sono rilevate anche quattro ferite di arma da taglio. Infine emerge un particolare agghiacciante: secondo le analisi degli esperti probabilmente la donna è stata scannata mentre era ancora viva.

Un omicidio partorito dalla mente di un demonio. Un mostro che ha dato sfogo alle sue più torbide e nere fantasie.

Le analisi del DNA danno un volto alla vittima: si tratta di Katarzyna. Dopo due mesi le sue sorti diventano note: non si è allontanata e non si è suicidata. E’ rimasta vittima delle devianze di uno psicopatico, un soggetto estremamente pericoloso che deve essere fermato. Gli inquirenti fanno partire la caccia all’uomo.

L’indagine

L’inchiesta ricostruisce i movimenti della vittima nei giorni precedenti alla scomparsa. Risulta che Kasia avesse saltato tutte le lezioni all’università nelle ultime tre settimane. Nel frattempo aveva anche iniziato a tingersi i capelli di biondo. C’era una nuova frequentazione nella sua vita?

E’ stata vista per l’ultima volta mentre passeggiava per il centro storico di Cracovia, non sembrava essere in agitazione e aveva visitato una libreria e un negozio di dischi.

La Polizia si rivolge ad alcuni criminologi esperti, i quali tracciano un profilo criminale dell’assassino. Si tratterebbe di un uomo con conoscenze degli strumenti da taglio. Potrebbe essere un macellaio, un chirurgo, un sarto, un cacciatore. Avrebbe agito avvicinando la ragazza in maniera tranquilla e con atteggiamento rassicurante. Con buone probabilità coltivava la fantasia di essere una femmina e aveva una struttura fisica simile alla vittima, dato che l’ha scelta proprio con l’intenzione di indossare la sua pelle.

Gli investigatori iniziano a verificare possibili connessioni con altri casi avvenuti nel passato. L’unico precedente con qualche somiglianza è successo nel 1985, quando un uomo di 48 anni scuoiò la moglie e il figlio, gettando i resti proprio nello stesso fiume Vistula dove era stato recuperata la pelle di Katarzyna. Tuttavia nel 1998 il soggetto in questione, seppur uscito di prigione, si trovava in sedia a rotelle e non poteva essere stato lui a uccidere Kasia.

Dopo cinque mesi di indagini sembra arrivare improvvisamente la svolta.

E’ una notte di Maggio quando la Polizia riceve la chiamata di un anziano, testimone di un evento agghiacciante: suo figlio è stato ucciso da Vladimir, il suo nipote. L’uomo era stato decapitato e poi il ragazzo aveva asportato la pelle del suo viso, l’aveva indossata come una maschera e si era messo addosso i vestiti del padre. Quando la Polizia arrivò sul luogo trovò Vladimir che stava cantando e ballando in cucina. Il corpo senza vita della vittima si trovava nello scantinato.

Una scena da film dell’orrore che lascia tutti attoniti.

Gli agenti prendono in custodia il ragazzo. Le indagini portano a scoprire che aveva frequentato la stessa università di Katarzyna. Il giovane confessa di aver ucciso il padre, per quanto riguarda invece il delitto di Kasia si dichiara estraneo ai fatti.

Vladimir riceve una condanna all’ergastolo per l’omicidio del genitore mentre sulla morte di Katarzyna si continua ad investigare. Non appare nessun elemento concreto che possa far pensare a un coinvolgimento dello stesso Vladimir nel delitto della giovane.

Con il passare del tempo il caso si raffredda e le piste d’indagine si fanno sempre più fumose. Gli inquirenti continuano comunque a restare vigili in caso di possibili sviluppi. Nel 2000 viene isolata una traccia di DNA sconosciuto sui resti di Kasia. Un’impronta genetica che potrebbe rivelarsi fondamentale.

Trascorrono 19 anni quando nel 2017 arriva un passaggio decisivo nell’inchiesta.

La Polizia riceve la segnalazione di una donna, la quale suggerisce di verificare la posizione di Robert Janczewski, un uomo di 52 anni dagli atteggiamenti strani e che sembrava essere ossessionato dal delitto di Katarzyna, tanto che si recava spesso a visitare la sua tomba.

Robert era già entrato nelle indagini diciassette anni prima, quando era arrivata segnalazione anche da parte dei vicini sui suoi bizzarri comportamenti. In mancanza di prove tangibili era uscito dai radar.

Gli agenti decidono di ripetere una nuova indagine nei suoi confronti, perquisiscono la sua abitazione e trovano tracce di sangue nella vasca da bagno. La Polizia recupera un suo diario dove sono impressi su carta i pensieri sulle donne che stalkerizzava e dove erano presenti dettagli dell’omicidio di Katarzyna. Il testo non è mai stato reso pubblico.

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A seguito di alcune verifiche l’uomo viene arrestato con l’accusa di essere lo scuoiatore che ha ucciso Kasia.

Ma chi è Robert Janczewski?

Robert Janczewski

Cresciuto insieme ai nonni dopo essere stato abbandonato dai genitori e in seguito alla morte della zia, Robert trascorse i primi anni della sua vita in una situazione familiare complicata, subendo anche episodi di violenza da parte del nonno paterno. Soprusi che durarono fino all’età di 11 anni, quando si ricongiunse con i genitori andando a vivere insieme a loro. Le cose però non sembrarono migliorare, la madre dimostrò un atteggiamento piuttosto duro, impartendo una rigida educazione cattolica al figlio. Era soggetta ad attacchi di emicrania e per questo motivo in casa regnavano il buio e il silenzio. Un’oscurità in cui i demoni nella testa di Robert iniziarono a prendere forma. Cominciò a sviluppare un carattere scontroso che faceva allontanare le persone intorno a lui.

A vent’anni si arruolò nell’esercito, lavorando anche in obitorio e assistendo alle autopsie sui cadaveri. Terminato il servizio trovò impiego all’istituto di zoologia ma dopo qualche tempo venne licenziato.

Iniziò ad appassionarsi alla cura del proprio corpo, dedicandosi al body building. Cominciò anche a praticare arti marziali.

Ebbe un paio di relazioni finite male in quanto cercava di controllare rigidamente le sue compagne. Dopo l’omicidio di Katarzyna sviluppò improvvisamente una forte fede religiosa. Nel frattempo i suoi conoscenti iniziarono a notare alcuni suoi strani comportamenti. Si vestiva da donna, seguiva in maniera ossessiva alcune ragazze e si presentava tutti i giorni davanti alla tomba di Kasia.

Il processo

Il procedimento giudiziario a carico di Robert inizia nel Gennaio 2020. L’accusa deposita un atto di 789 pagine mentre l’imputato si dichiara innocente. Il dibattito si conclude il 14 settembre 2022 con la condanna all’ergastolo di Janczewski. La Difesa ha dichiarato che ricorrerà in Appello. La Giustizia farà il suo corso per capire se l’imputato è responsabile o meno del reato.

Sono passati 23 anni da quando la follia di una mente deviata tolse ogni prospettiva di futuro a una ragazza che stava cercando di uscire dal buio della depressione. Una vicenda che non può e non deve lasciare indifferenti.

Ci auguriamo che possano giungere presto delle risposte e in questo modo possa essere restituito un senso di pace alla memoria di Katarzyna.

Fonti:

https://www.evidencelockerpodcast.com/transcripts/transcript-37-the-skin-suit-case-of-krakow-poland
https://criminalmotive.altervista.org/katarzyna-kasia-zowada-il-vestito-di-pelle/