Lawrence Ferlinghetti, l’ultimo sopravvissuto beat

Il 24 marzo 2019 ha raggiunto ufficialmente 100 primavere Lawrence Ferlinghetti e, in  concomitanza con questa non così scontata occasione, ha pubblicato un libro che funge da biografia-raccolta poetica-romanzo-flusso di coscienza: Little boy.

Per gli amanti della letteratura Ferlinghetti rappresenta una creatura mitologica vivente.

Suo padre, italiano immigrato in America nella seconda metà dell’800, morì sei mesi prima che il poeta nascesse, la mamma invece, ebrea-portoghese, finí in manicomio quando Lawrence aveva ancora pochi mesi. Lui visse i suoi primi cinque anni di vita a Strasburgo insieme alla zia Emily.

Tornato a New York studia giornalismo e allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruola nella marina americana. Finito il conflitto, inizia a prendere forma una nuova corrente letteraria che è anche stile di vita: la Beat Generation.

I pionieri, che sono anche gli appartenenti stessi di questa nuova corrente, inizialmente sono una cerchia di amici che cercano di innalzarsi spiritualmente con l’aiuto delle religioni orientali e con la sperimentazione di nuove droghe, rifiutano le norme e le consuetudini imposte e cercano una sessualità alternativa. A coniare il termine “Beat Generation” fu Jack Kerouac, autore di On the Road, nel 1948. Il termine “beat” può assumere molteplici significati, beat di beatitude (beatitudine) tipica dello zen, ma potrebbe essere anche attribuita ad una beatitudine sintetica indotta dall’alcol, dalle droghe e dal sesso che scarica la mente. Ma questa parola potrebbe essere tradotta anche con “sconfitto”, e se la lettura esatta fosse questa e ad essere sconfitta è la società piena di dogmi e moralismo? Beat designa un’intera generazione di sconfitti? O beat è semplicemente il ritmo del jazz, in voga in quegli anni?

Una cosa è certa: la beat generation ha gettato i fondamenti per le future proteste contro la guerra,le ribellioni giovanili e per la cultura Hippie.

“La beat generation è un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”


Jack Kerouac

Il 1953 fu un anno notevole perchè Lawrence Ferlinghetti, insieme a Peter D. Martin, fondò una piccola casa editrice, la City Light. E con questa casa editrice videro la luce diversi romanzi e raccolte poetiche della beat generation. Nel 1956 pubblicò Urlo, poema di Allen Ginsberg, ma essendo giudicato osceno, Ferlinghetti fu arrestato per la sua divulgazione. Urlo è disagio, libertà, omosessualità, dolore, ma soprattutto anticonformismo e ribellione.

“..con sogni, droghe, incubi di risveglio, alcool e uccello e sbronze a non finire,

incomparabili strade cieche di nebbia tremante e folgore mentale in balzi verso i poli di Canada & Paterson, illuminando tutto il mondo immobile del Tempo in mezzo,

solidità Peyota di corridoi, albe cimiteri alberi verdi retro cortili, sbronze di vino sopra i tetti, rioni di botteghe in gioiose corse drogate neon balenio di semafori, vibrazioni di sole e luna e alberi nei rombanti crepuscoli invernali di Brooklyn, fracasso di pattumiere e dolce regale luce della mente,”

Allen Ginsberg, Urlo

Lawrence Ferlinghetti pubblicò la sua prima raccolta poetica nel 1955, Pictures of the Gone World, ma la raccolta più famosa risale a tre anni più tardi: A Coney Island of the Mind. La poetica di Lawrence è attenta ai temi sociali e lui stesso ha sempre smentito di far parte dei poeti della beat generation: non si riconosceva in quella ribellione e di trasgressioni se ne concesse ben poche.

“Ero più vecchio di loro, io ero stato in guerra e loro no. Ero già sposato. Vivevo una vita tranquilla. Divenni quello che se ne stava a casa e teneva a aperto in negozio. Se sono stato identificato con i beat è perché li pubblicavo.”


Lawrence Ferlinghetti

C’è un aneddoto particolare che riguarda lui e un’altra figura importante, Gregory Corso. Infatti una notte quest’ultimo derubò la City Light Bookstore in cerca di denaro ,ma Ferlinghetti non amando le forze dell’ordine andò da Corso e gli consigliò di scappare.

Nel 1958 scrisse una poesia per denunciare la corsa alle armi atomiche. Circa sessant’anni dopo ha “dedicato” una poesia a Donald Trump:

Omero non visse abbastanza a lungo
Per raccontare la Casa Bianca di Trump
Che è il suo cavallo di Troia
Da cui tutti gli uomini del presidente
Sono saltati fuori per distruggere la democrazia
E installare le multinazionali
Come dominatrici assolute del mondo
Persino più potenti degli stati
E sta succedendo mentre dormiamo
Inchinati, o uomo comune,
Inchinati!

Ad oggi ha pubblicato 29 opere e il mondo spera che continui a pubblicarne altre, per abbellire questa nostra vita.

Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore
e i cui pastori sono guide cattive

Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
i cui saggi sono messi a tacere

Pietà per la nazione che non alza la propria voce
tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i prepotenti come eroi
e che aspira a comandare il mondo
con la forza e la tortura

Pietà per la nazione che non conosce
nessun’altra lingua se non la propria
nessun’ altra cultura se non la propria

Pietà per la nazione il cui fiato è danaro
e che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena

Pietà per la nazione – oh, pietà per gli uomini
che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via

Patria mia, lacrime di te
dolce terra di libertà!           

Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
i cui saggi sono messi a tacere

Pietà per la nazione che non alza la propria voce
tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i prepotenti come eroi
e che aspira a comandare il mondo
con la forza e la tortura

Pietà per la nazione che non conosce
nessun’altra lingua se non la propria
nessun’ altra cultura se non la propria

Pietà per la nazione il cui fiato è danaro
e che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena

Pietà per la nazione – oh, pietà per gli uomini
che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via

Patria mia, lacrime di te
dolce terra di libertà!           

Lawrence Ferlinghetti, Pietà per la Nazione (alla maniera di Khalil Gibran)

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