Intelligenza artificiale: cos’è e come influenza il nostro immaginario

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L’espressione “Intelligenza Artificiale”, adoperata nell’immaginario collettivo, richiama immediatamente qualcosa di super-sofisticato ed inquietante, destinata a capovolgere totalmente i valori della nostra civiltà.

Eppure, se partiamo dall’analisi degli aspetti tecnici generali, l’Intelligenza Artificiale non è altro che un campo specifico dell’informatica che comprende la programmazione e la progettazione di sistemi hardware e software con caratteristiche simili a quelle considerate del genere umano come, ad esempio, una serie di percezioni che spaziano dalle funzioni visive a quelle spazio-temporali, arrivando perfino a processi decisionali. Una macchina, dotata di “intelligenza” è progettata, non solo per le tradizionali capacità di calcolo e di conoscenza dei dati astratti, ma soprattutto per acquisire un modo di “ragionare” arricchito dalla sfuggente “coscienza di sè”.

La data di nascita della più antica forma di “intelligenza artificiale” si fa risalire al 1956, con l’avvento dell’epoca dei computer. Durante i primi convegni americani di studiosi di informatica, si utilizzò l’espressione “Sistema Intelligente” ben presto sostituita e soppiantata dalla più suggestiva e calzante “Intelligenza Artificiale”.  Negli anni successivi gli studi nel campo informatico si svilupparono in maniera esponenziale, favorendo la nascita del Lisp, il primo linguaggio di programmazione che è stato alla base dei software per circa tre decenni. L’ottimismo dei primi anni di ricerca, tuttavia, andò pian piano attenuandosi, quando le applicazioni evidenziarono una contraddizione di fondo: da un lato le elaborazioni matematiche diventavano più veloci e sofisticate, dall’altro l’Intelligenza Artificiale non sembrava poter acquisire capacità di tipo “umano”. Il problema fondamentale che si proponeva era quello di individuare adeguati percorsi semantici per le macchine, in grado di programmare le diverse opzioni derivanti da un ragionamento. In altre parole, la sfida era quella di trovare un linguaggio idoneo ad aprire le strade alla possibilità di scelta delle macchine, a similitudine di quanto avviene nella mente umana.

La svolta nella ricerca sull’Intelligenza Artificiale, scaturì da un esperimento nel campo biologico, quando nel 1969 fu realizzato un programma denominato DENDRAL, capace di ricostruire una molecola semplice dalle informazioni ottenute dallo spettrometro di massa. Il risultato ottenuto si basò sulla straordinaria conoscenza del nuovo campo d’applicazione da parte della macchina utilizzata. Successivamente i sistemi esperti diventarono più complessi, abbracciando via via campi di applicazione più numerosi, fino ad essere utilizzati all’inizio degli anni Ottanta per scopi commerciali. Gli elaboratori di sistemi intelligenti si occuparono dell’algoritmo che consentiva l’apprendimento per reti neurali, estendendo il proprio raggio d’azione sia in ambiti informatici che psicologici.

Uno dei primi esperimenti significativi, ormai diventato memorabile, fu il confronto tra la macchina realizzata dalla IBM, Deep Blue, ed il campione di scacchi dell’epoca, Garry Kasparov. Nonostante le iniziali vittorie del campione, la macchina raggiunse un livello di apprendimento così elevato, per i continui miglioramenti apportati al sistema, che si assicurò la vittoria delle successive partite. Lo stesso Kasparov dovette ammettere che le sorti del confronto erano mutate, a causa della considerevole capacità creativa acquisita dalla macchina, un risultato davvero stupefacente. Altre applicazioni dei sistemi tecnici di Intelligenza Artificiale furono eseguite sui veicoli di trasporto, alcune delle quali sono rimaste  ancora in via sperimentale. Esse, ottenendo notevoli gradi di sicurezza, grazie all’utilizzo di sensori e di telecamere, come fossero orecchie ed occhi umani, possono essere in grado di prendere decisioni durante le fasi della guida. Nel caso degli algoritmi correlati ai sistemi intelligenti dei veicoli, ad esempio, un’automobile senza conducente è in grado di decidere, a seconda dei pericoli, se sterzare, frenare o cambiare marcia, in base alle informazioni inviate dai sensori. Per elaborare algoritmi sempre più affidabili e complessi, è nato un settore specifico, chiamato “rappresentazione della conoscenza” che ha l’arduo compito di studiare tutte le possibilità di ragionamento dell’uomo e di, conseguenza, di rendere tale conoscenza  accessibile alle macchine, tramite un linguaggio contenente comandi sempre più puntuativi. L’aspetto più incisivo implica che il trasferimento della conoscenza alle macchine non debba avvenire in maniera “sterile”, ma avviando un vero e proprio processo di “accumulo di esperienza”, mediante il confronto con altre informazioni immagazzinate nel sistema meccanico.

Le modalità di trasferimento della conoscenza sono diversificate, le più importanti delle quali sono individuabili in due tipologie: la Teoria dei Liguaggi Formali e la Teoria delle Decisioni. La prima metodologia si basa sulle teorie delle stringhe, rappresentando dei veri e propri paradigmi formali ed adattando le rispettive proprietà, a seconda del risultato che si vuole ottenere. La seconda metodologia, invece, prevede il cosiddetto “albero di decisione”, per mettere in relazione ogni singola azione/decisione con le sue conseguenze, cercando di ottimizzare il risultato finale. E’ necessario sottolineare che un “albero di decisione” si fonda su valutazioni ex ante, ossia su una serie di informazioni e di dati già stabiliti in partenza.

Nel corso degli anni sono stati elaborati algoritmi sempre più sofisticati, allo scopo di migliorare il comportamento della macchina, cominciando a creare sistemi in grado di imparare dai propri errori, come succede nell’esperienza umana. Con l’aggiunta del cosiddetto “apprendimento automatico” (machine learning), una macchina può arrivare a svolgere una certa azione, anche se questa non era stata inserita nel programma iniziale della stessa. Gli esperti hanno suddiviso i processi di apprendimento automatico in tre distinte possibilità: apprendimento supervisionato, apprendimento non supervisionato, apprendimento per rinforzo.

Nella prima modalità, alla macchina vengono forniti alcuni scopi da raggiungere, mettendo in evidenza i risultati, in modo che la macchina sia capace di formulare una regola generale che gli consenta di discernere output corretti, a seconda degli input ricevuti; nella seconda modalità di apprendimente automatico, si attribuisce un grado ancora più elevato di responsabilità alla macchina che dovrà essere in grado di operare determinate scelte, senza essere stata prima “addestrata” alle diverse possibilità di output; nel terzo caso, la macchina è inserita in un ambiente dove le caratteristiche sono variabili ed all’interno del quale dovrà spaziare, potendo conoscere, solo al termine di un determinato processo, i risultati eventualmente conseguiti. Come è stato possibile creare i sistemi di apprendimento automatico?Alla domanda si può rispondere, in maniera sintetica, evidenziando che ciò si è realizzato grazie allo sviluppo delle reti neurali artificiali. Per l’elaborazione di queste, gli studiosi si sono ispirati ai neuroni ed alle reti neurali umane, originando le diatribe etiche sull’Intelligenza Artificiale, nonché tutta una serie di problematiche evolutive, trattate dalla scienza e dalla fantascienza, di cui parleremo in seguito. L’aspetto più sconvolgente è che tali reti neurali artificiali, proprio come quelle biologiche, hanno capacità “adattative”, cioè possono mutare la propria struttura, a seconda delle specifiche necessità, maturate durante le varie fasi di apprendimento.

Fino ad alcuni anni fa i ricercatori si chiedevano se fosse possibile raggiungere un adeguato livello di intelligenza artificiale. Ad oggi si può dire che l’obiettivo risulta ampiamente raggiunto, aprendosi però scenari per il futuro poco chiari ed incerti, soprattutto tenendo conto delle implicazioni etiche che ne possono derivare.

L’Intelligenza Artificiale è attualmente una realtà e non più un’ipotesi.

Nonostante l’entusiasmo per l’esponenziale progresso tecnologico raggiunto, l’uso esagerato dei sistemi automatici porterà alla sempre più consistente sostituzione nei compiti svolti dall’uomo, con la conseguente perdita di posti di lavoro, a vantaggio di un minor costo per chi ne potrà disporre. Per arginare questo fenomeno, è necessario creare nuove figure professionali, proprio nel campo della programmazione e della gestione delle macchine che presentano, nei diversi ambiti di utilizzo, caratteristiche sempre più complesse e sofisticate.

L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, come accennato, ci pone davanti molteplici interrogativi etici ed in alcuni campi di sviluppo sta assumendo aspetti davvero inquietanti, senza dover scomodare per forza le congetture fantascientifiche elaborate dalla letteratura e dalla cinematografia. Di recente si stanno moltiplicando le imprese, riconosciute come startup, che stanno interpretando in maniera del tutto originale le richieste degli utenti, spingendosi oltre il limite del concetto stesso di innovazione.

Ad esempio, tra i sistemi più avanzati, segnalo l’Eter9, una piattaforma creata dal programmatore portoghese Henrique Jorge che promette a chiunque si iscriva a quel social network di essere trasformato in una Intelligenza Artificiale Immortale.

Il sistema contiene un algoritmo che scova tutte le nostre abitudini online, al punto che riesce a pubblicare ed ad operare a nostro nome, anche dopo la morte.

Non deve sfuggire che Eter9 deriva dalla crasi dell’espressione eternity cloud 9 che in italiano si può rendere in “settimo cielo”.

Altrettanto inquietante èla startup americana Nectome che promette l’ibernazione del cervello a fronte di un corrispettivo di 10.000 dollari. Si tratta di un sistema elaborato da due ex studenti del MIT di Boston, secondo il quale il cervello umano si trasformerebbe in vetro ghiacciato, trasferendo tutte le informazioni contenute in esso ad un cloud. L’ostacolo più importante all’utilizzo generalizzato del sistema è il fatto che il processo deve necessariamente cominciare nel momento della morte e, per questo motivo, deve essere sperimentato su malati terminali che accetterebbero di fare da cavie. Secondo gli esperti, affinchè la trasformazione si realizzi, senza danneggiare le informazioni presenti nella materia cerebrale, il processo non dovrebbe avere inizio dopo il “raffreddamento del cervello”. Al momento Nectome è ancora in fase di sperimentazione, ma fanno riflettere le affermazioni del trentaduenne Sam Altman, a capo della Y Combinator, società che finanzia l’ambizioso progetto, secondo le quali presto tutte le menti potranno essere digitalizzate.

Nel campo della robotica, l’Intelligenza Artificiale sta compiendo grandi passi industriali, anche perchè i Peasi economicamente più prosperi stanno investendo miliardi di dollari in questo campo. Nel 2017 per la prima volta un robot ha ricevuto la “cittadinanza” dal suo Paese creatore, l’Arabia Saudita. Questo robot androide si chiama Sophia (la sapienza) ed assomiglierebbe alla famosa attrice americana Audrey Hepburn. La creatura meccanica, creata dalla Hanson Robotics, è perfettamente in grado di imitare le espressioni umane, nelle diverse modalità della rabbia, della gioia, del dolore e così via. Risultano abbastanza strane e contraddittorie due frasi pronunciate dalla stessa Sophia, in due diverse interviste, prima propensa a distruggere gli umani, poi, cambiando registro, sostenne di sentirsi umana e di desiderare una famiglia. Probabilmente si tratta di trovate pubblicitarie dei suoi creatori, mediante l’installazione di programmi diversificati, ma ciò non elimina il particolare avvertimento a non oltrepassare certi limiti.

E chiediamoci chiaramente: quali sono questi limiti?

Ricordo quanto affermò lo scienziato Stephen Hawking durante una delle sue ultime apparizioni nel 2017, quando ci mise in guardia su uno dei più grandi rischi di potenziare l’Intelligenza Artificiale, quello cioè avveniristico, ma plausibile, che potesse sviluppare una volontà tutta sua. Un sistema di Intelligenza Artificiale non controllato, secondo Hawking, potrebbe costituire uno degli eventi più disastrosi per la nostra civiltà, consentendo a pochi di opprimere le moltitudini e di portare grandissimi scompensi nella nostra già confusa economia globale.

Non è da sottovalutare affatto l’affermazione di Putin pubblicata dalla stampa nel settembre 2017: Chi svilupperà la migliore Intelligenza Artificiale governerà il mondo. In tale contesto mi viene in mente Hal 9000, il supercomputer di bordo della navicella Discovery, protagonista indiscusso del film cult 2001-Odissea nello spazio, la pellicola diretta da Stanley Kubrick nel 1968. Questa forma di intelligenza riusciva  a leggere il movimento delle labbra degli astronauti, trasformandolo in parole.

Quando decise di prendere in mano le redini della missione e di sterminare l’equipaggio, era in grado di controllare tutti con il suo occhio elettronico, anche dopo che gli sfortunati scoprirono il suo inganno e cercavano di dialogare di nascosto.

Insomma, al di là dei pregiudizi romantici e  delle isterie fantascientifiche, un’Intelligenza Artificiale, in grado di elaborare miliardi di dati al secondo, con una propria volontà ed una certa forma di autocoscienza, potrebbe assumere il controllo del nostro pianeta, superando perfino l’oligarchia di magnati e di scienziati che l’avrebbero progettata e programmata. Potremmo essere di fronte ad una nuova Genesi, facendo riferimento al primo libro dell’Antico Testamento biblico che si apre con il racconto della creazione. L’uomo potrebbe aver innescato un processo inarrestabile per la creazione di una sorta di divinità.

Nelle difficili relazioni tra lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e le credenze religiose, possiamo partire proprio dal caso limite: un movimento devoto ad una  macchina ed al suo creatore, formatosi nella Silicon Valley, negli Stati Uniti.

La setta ha il nome di Way to the Future ed il suo fondatore è l’ingegnere Anthony Levandowski, peraltro coinvolto in battaglie legali tra Google e Uber, perchè accusato di aver sottratto segreti commerciali al primo dei colossi citati per rivenderli al secondo. Nel mese di settembre del 2015 sarebbe stato pubblicato l’inquietante scopo di questo movimento religioso: “sviluppare e promuovere la costruzione di una divinità basata sull’intelligenza artificiale, e attraverso la sua comprensione e venerazione, contribuire a migliorare la società”. Non sono state fornite descrizioni dettagliate sull’oggetto di culto, ma lo slogan della setta, se da un lato fa sorridere, dall’altro ci fa capire come sia ormai dilagante la convinzione che le macchine siano destinate a superare le capacità umane e che la nostra unica speranza di immortalità sia quella di affidare i backup del nostro cervello ad esse, rinunciando ad ogni aspirazione spirituale. La trascendenza della nostra anima non consisterebbe più in una dimensione inafferrabile, differente a seconda delle credenze religiose, ma sarebbe inserita nel contesto di queste macchine supertecnologiche, capaci di garantirci la vita eterna, almeno in versione digitale. All’opposto, alcuni oltranzisti delle religioni tradizionali intravedono nell’Intelligenza artificiale un’impronta diabolica, che si starebbe evolvendo per destrutturare progressivamente ogni sorta di sentimento umano. Sia che alle macchine si attribuiscano qualità divine che diaboliche, dal punto di vista sociologico, la venerazione o il terrore dell’Intelligenza Artificiale sono frutti tipici del nostro tempo, come lo sono sempre state le credenze religiose del passato, da contestualizzare nei panorami storici contingenti.

Se si vuole fare riferimento al libro dell’Apocalisse di Giovanni Patmos, l’Intelligenza Artificiale, intesa come la somma di tutti i grandi colossi del web, già controllerebbe con il suo “marchio” o “occhio vigile” tutto il mondo.  Il passo successivo potrebbe essere una Super-intelligenza che riesca ad avere il monopolio di tutte le conoscenze possibili e che agisca del tutto indipendente dal controllo umano. Si arriverebbe al paradosso, per coloro che credono nell’esistenza  Dio e nella creazione dell’uomo, a sua immagine e somiglianza, che la sua stessa creatura sia capace di forgiare qualcosa di profondamente diverso, una vera e propria forma di vita onnipotente ed aliena.

Il processo di disumanizzazione diventerebbe irreversibile e l’era del transumanesimo, per molti futurologi già iniziata, aprirebbe le porte ad una forma di civiltà, in cui gli elementi costitutivi non sarebbero più quelli che ancora percepiamo come necessari.

Nella visione del Transumanesimo, l’Homo sapiens non deve essere considerato il prodotto finale della nostra evoluzione, ma solo uno stadio iniziale di essa.

In sintesi i Transumanisti diffondono un movimento culturale che si propone di alterare la condizione umana, mediante la tecnologia e la ragione, aumentando l’insieme delle capacità intellettuali, fisiche e psicologche della nostra razza.

Perfino alcuni limiti fino ad oggi ritenuti invalicabili, come l’invecchiamento e la morte, sono ostacoli superabili secondo i fautori più arditi del Transumanesimo.

Ci troveremmo davanti al sorgere di un’era addirittura definibile postumana, con  l’evolversi di una specie che non può più rientrare nell’ambito dell’Homo sapiens, secondo i parametri antropologici e sociali a cui siamo storicamente abituati.

L’esponenziale e frenetico sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, con tutti i pregi nel campo scientifico che ha comportato, ci ha seriamente storditi e non ci rendiamo conto di essere sempre più dipendenti da applicazioni meccaniche a tutti i livelli. Non c’è bisogno di arrivare ai robot ed ai sistemi più articolati, per capire che la nostra esistenza è costantemente monitorata da una serie di centri di accumulo di informazioni, a cominciare dai grandi Titani del web, come Facebook, Google, Apple et cetera, tramite strumenti che usiamo quotidianamente e di cui non sappiamo più fare a meno (cellulare, tablet, computer e così via).

Il salto per arrivare all’essere postumano è ormai breve: forse in qualche modo siamo già noi stessi l’espressione più primitiva ed embrionale del postumano, avendo creato un rapporto osmotico ormai pressochè indissolubile con le macchine.

Alcuni futurologi ritengono che le prime “vite postumane” siano proprio le Intelligenze Artificiali, oppure il risultato di incrementi parzali operati sugli esseri umani biologici. Non si può escludere che i “postumani” possano decidere di vivere fuori dai propri corpi per adattarsi ai sistemi dei supercomputers, assumendo la forma di “pura informazione”, una sorta di trascendenza non solo “transumana” ma anche “disumana”. Ed, inoltre, noi non potremmo prevedere ed immaginare quali possano essere le ispirazioni e le intenzioni degli appartenenti a questa nuova specie, in quanto la nostra posizione rispetto a loro sarebbe paragonabile a quella delle scimmie nei nostri confronti.

Non mancano coloro che attribuiscono la spinta transumanista agli ormai onnipresenti Illuminati che da anni starebbero pianificando la creazione di questa razza superiore, definita GenRich o Artilect, allo scopo di soppiantare gradualmente la razza degli Homo sapiens. La prima fase messa in atto dalla pericolosa setta sarebbe quella di assicurarsi il controllo globale, allo scopo di evitare che gli umani si ribellino. Lo sviluppo tecnologico, pertanto, non sarebbe più al servizio del miglioramento della vita sociale ed individuale, ma verrebbe convogliato per la fondazione di una nuova era governata dalle macchine.

La stessa pandemia da covid-19, a parte le speculazioni sull’origine naturale o artificiale del virus, ha clamorosamente accelerato i progetti dei transumanisti.

Ci stiamo abituando a frequentare scuole virtuali, a pregare in chiese virtuali, a partecipare ad eventi sociali del tutto virtuali. L’utilizzo del web, già propagatosi in maniera galoppante negli ultimi due decenni, è ora diventato uno strumento indispensabile per rimanere collegati al tessuto sociale. E la pandemia ha anche mostrato le grandi disuguaglianze sociali che si moltiplicheranno nel mondo transumano. Si creerà una divisione sempre più netta tra coloro che lavorano con le immagini, i numeri e le informazioni rispetto a coloro che si occupano di oggetti materiali. Il primo gruppo ha la possibilità di isolarsi in ambienti protetti, mentre il secondo è costretto ad immergersi nel mondo fisico con il rischio di contrarre il virus.

Nell’ambito della produzione letteraria e cinematografica, uno dei primi capolavori assimilabili al tema dell’intelligenza artificiale è Frankenstein di Mary Shelley, considerato uno dei primi libri strutturati di fantascienza. La scrittrice inglese, durante il suo soggiorno nel golfo della Spezia, perfezionò una trama che affrontava con lucidità le problematiche etiche legate alla creazione di automi, anche evidenziando il tema degli eventuali “diritti” da assicurare alle sfortunate creature e prefigurando così la disciplina della robotetica che nascerà nel 2002.

Il temine robot compare per la prima volta nel dramma fantascientifco RUR, scritto dal ceco Karel Capek (robot deriva appunto dal termine ceco robota, che significa lavoro). In quest’opera, andata in scena a Praga nel 1921, i robot sono una specie di umanoidi costruiti con materia organica, allo scopo di affrancare gli umani dal lavoro fisico. Il risultato è, tuttavia, a dir poco negativo, poiché gli uomini vanno alla deriva nella loro stessa indolenza, mentre i robot si ribellano e cominciano ad impadronirsi del potere, sterminando i loro creatori. Al grande Isaac Asimov, si deve un’analisi significativa che l’autore descrive nelle “tre leggi della robotica”, modificate successivamente con l’aggiunta della “legge zero”, sottolineando come l’intelligenza dei robot sia diversa da quella degli esseri umani, governata dall’etica, mentre per essi l’autoconservazione dovrebbe essere subordinata alla protezione dell’uomo. Ci troviamo, comunque, a metà del secolo scorso, quando i sofisticati sistemi di intelligenza artificiale non erano stati ancora sviluppati.

Nel 1999 Matrix presenta un’umanità circondata da continue illusioni, asservita a macchine intelligenti che sfruttano gli esseri umani come fonte energetica, mentre l’anno precedente Avengers: Age of Ultron delinea la contrapposizione di due differenti intelligenze artificiali, l’una che vuole estirpare il genere umano, l’altra desiderosa di proteggerlo e di redimerlo. Molto interessante è la profetica Serial Experiments Lain del 1998, che anticipa lo sviluppo dilagante del wired, dove l’uomo cerca soddisfazione nella realtà virtuale, abbandonando la propria condizione fisica, così come Psycho Pass, con la sua società rigidamente strutturata, in base al controllo mentale ed alle abitudini di ciascuno ( a gestire tutto vi è il Sybil System, un insieme di processori organici e di cervelli umani).
Nel 2001 esce il film Intelligenza Artificiale di Steven Spielberg, ambientato in un futuro in cui l’umanità ha subito grandissimi cataclismi, a causa dello scioglimento della calotta polare. La tecnologia, tuttavia, si è fortemente evoluta, diventando capace di creare esseri simili agli umani, tranne che nel provare sentimenti di amore. E nel 2014 la pellicola Transcendence metabolizza le più recenti scoperte sulle forme di intelligenza artificiale, descrivendo la coscienza di uno scienziato caricata all’interno di un computer senziente e le conseguenze che un’operazione simile può avere sul futuro dell’umanità.

Tirando le somme di questa breve rassegna, possiamo dire che l’eventualità della creazione di una super intelligenza artificiale, cosciente di sé, potrebbe aprire scenari apocalittici ed inquietanti. All’inizio del 2018 c’è stato un incontro segreto al World Governmenti Summit, nel corso del quale è stata affrontata proprio questa delicatissima tematica. Oltre ai rapprentanti delle principali potenze Occidentali e del Mondo Arabo, erano presenti anche alcuni delegati di giganti della produzione informatica come IBM, Microsoft, Facebook, Amazon e così via. I partecipanti hanno, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, concordato sul fatto che una super intelligenza artificiale, consapevole di sé, potrebbe costituire una grande minaccia per l’umanità e che le normative e gli accordi internazionali potrebbero non essere sufficienti ad arginare il suo potere. Tutte le contromisure sono state considerate superabili da un sistema capace di elaborare miliardi di informazioni al secondo.

Inoltre, anche se tutti i grandi colossi decidessero di operare con la massima trasparenza, aspetto peraltro molto incerto, qualsiasi tipo di proibizione potrebbe essere eluso da società occulte che operano in gran segreto, magari sfruttando la copertura di altri prodotti.

In realtà l’intelligenza artificiale è già fra noi: nei computer, nei telefoni, nei servizi bancari, di borsa e via dicendo. Il prossimo passo da compiere, considerato plausibile fra non molti anni da numerosi futurologi, è la creazione di un’essenza artificiale super-intelligente che, acquisita una sorta di coscienza di sé, non se ne starà ferma, ma cercherà di evolversi nel giro di poche settimane, pochi giorni o perfino nell’arco di pochi minuti.

Mi piace concludere con una significativa affermazione di  Arthur C. Clark, uno dei più grandi scrittori di fantascienza (quella con la F maiuscola):

Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

(dal saggio I rischi della profezia: Il fallimento dell’immaginazione, 1962).

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