La spiegazione di Bird Box: cosa significa il film Netflix

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Questo articolo rivela la trama e la spiegazione dettagliata di Bird Box, il film Netflix di Susanne Bier, svelandone i significati, il senso e gli eventi descritti. Se ne suggerisce dunque la lettura solo ed esclusivamente dopo aver visto il film, e non prima, per evitare di perdervi il gusto della prima visione.

L’horror è sempre stato un’avanguardia della tecnica cinematografica e lo ha dimostrato lungo la sua intera storia. È sempre il primo a sperimentare con nuove tecniche di comunicazione con lo spettatore, e l’ultimo fenomeno di genere, la produzione Netflix Bird Box, ne è un ottimo esempio: un film che ha incuriosito tutti al momento dell’uscita, che ha prodotto centinaia di memes di vario tipo trasformandolo in un fenomeno anche social (Vox ha recentemente riassunto il tutto) e che ha persino spinto la persone comuni nella #BirdBoxChallenge, ossia nella sfida a svolgere normali attività quotidiane bendati come nel film, pratica pericolosa che ha persino richiesto l’intervento pubblico di Netflix.

Il film, diretto da Susanne Bier con Sandra Bullock e John Malkovich, racconta uno scenario post-apocalittico in cui, per ragioni che non si spiegano, chi guarda a occhio nudo il mondo vede cose terribili che lo spingono immediatamente a suicidarsi. È una rappresentazione della paura per ciò che non si spiega, e che infatti non viene esplicitato per tutto il film. Ma il film è anche una metafora della lotta a sopravvivere in un mondo che diventa nocivo per la vita stessa: la protagonista è infatti una madre che tenta di far sopravvivere i due bambini in quel mondo ostile, assumendo in sé il ruolo di chi tenta di salvare l’umanità (rappresentata dalla generazione successiva) dalla degenerazione di un mondo prossimo alla fine. Allo stesso tempo, il film diventa anche una rivalutazione delle disabilità. Chi è cieco è in realtà protetto dai pericoli, particolare interpretabile anche in via filosofica: la conoscenza e l’esperienza totale non è la salvezza, ma probabilmente lo è il sacrificio di qualcosa che, teoricamente, è nelle nostre possibilità pratiche.

Il film è tratto dal libro omonimo di Josh Malerman, ma presenta una grossa differenza nel finale: mentre il film termina con la madre e i bambini che trovano rifugio in un’oasi di salvezza rappresentata da una scuola per non vedenti immersa in una foresta, nel libro i protagonisti si ritrovano in un santuario in cui tutti gli abitanti avevano deciso di vivere il resto dei loro giorni bendati, per proteggersi dal male. Il libro dunque non lascia scampo, mentre il film offre una nota positiva, spiegata dalla regista in questo modo:

Il film è leggermente più positivo. È diverso dal libro sotto molteplici aspetti, ma è anche strettamente legato ad esso. Anche il libro ha in qualche modo un finale con certe note positive, e non mi sarebbe piaciuto fare un film apocalittico senza un finale di speranza. Non mi piace l’idea che lo spettatore lasci il film con una sensazione di fredda tristezza… c’è una nota speranzosa in certi valori in cui credo. E pensavo che fosse estremamente importante.

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