La musica conserva in sé una immanente potenza di comunicare e quindi la possibilità di cambiare le cose, noi stessi e il mondo che ci circonda. È questa la migliore chiave di lettura per entrare nell’atmosfera artistica e soprattutto costituisce ancora oggi il miglior “metro” di giudizio per distinguere l’arte che vale (che crea un ponte tra artista e fruitore) da quella autoreferenziale, che finisce per essere un mero esercizio tecnico o il tentativo di fruttare qualche spicciolo.
Quindi il rispetto verso l’arte positiva, che comunica, è il primo passo che precede la successiva discussione critica del “comunicato”, ovvero il messaggio portato. Spesso però il riconoscimento di questo non è immediato, ma dobbiamo acuire il nostro “sguardo uditivo” (pardon per la sinestesia) e ascoltare attentamente, interpretare: non è un fruire passivo, ma noi stessi siamo artisti della stessa opera d’arte, in quanto plasmiamo e organizziamo i dati che giungono ai nostri sensi, rielaborandoli in modo coerente.
Ritornando al punto di partenza: per cambiare le cose, è necessario conoscere, rendersi consapevolmente conto della situazione nella quale ci si trova (altrimenti non sapremmo cosa cambiare!). Questo è il leitmotiv che accompagna i Radiohead post Kid A, in quella che potremmo chiamare la “svolta politica” di Amnesiac (e che troverà la sua piena realizzazione in Hail to thief). Perché spostarsi in questa direzione tematica? Perché, e qui acquisisce senso tutta la lunga introduzione, la situazione richiede l’intervento di un mezzo espressivo potente e diretto come quello artistico-musicale. E chi meglio dei Radiohead, che avevano straordinariamente rappresentato l’absorption postmoderna (fatta di automatismi, ripetizioni che rendono l’uomo simile ad una macchina), poteva farlo?
D’altronde la stessa “sveglia mattutina” (Morning bell) di Amnesiac perde quella corsa frenetica della competizione capitalistica e del mercato del lavoro, e assume un tono drammatico, ancora più apocalittico. Dopo aver analizzato il mondo occidentale, borghese e tecnologizzato, Thom Yorke decide di uscire dalla nostra “vita in una casa di vetro” (Life in a glasshouse) e confrontarsi con ciò che è al di là di esso. Ma la visione non sarà piacevole. È quella che ci dà in Like Spinning Plates.
Sin dall’inizio del brano emerge una sfondo angoscioso, disturbante (i suoni ravvicinatissimi che ricordano una mitragliatrice, quelli più “ampi” simili a granate), che anticipa un testo crudo:
Mentre fate i vostri bei discorsi
Io vengo tagliato a brandelli
Mi date in pasto ai leoni
Un equilibrio delicatoLike Spinning Plates
Oggi più che mai queste parole colpiscono dritto al cuore: la ricerca di una soluzione dignitosamente umana per impedire queste morti innocenti (di cui l’Europa e il mondo occidentale in genere, con la sua storia e la sua politica, è in gran parte responsabile). E così la ricerca di nuove figurazioni geopolitiche del potere ha la prevalenza sulla vita, sulla vita umana. Non dimentichiamo cosa è importante.