Band of Gypsys: l’addio live di Jimi Hendrix

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L’album Band of Gypsys fu l’ultimo pubblicato in vita da Jimi Hendrix, realizzato con un nuovo trio: Jimi Hendrix, Billy Cox al basso e Buddy Miles alla batteria, con lo stesso nome dell’album. Fu l’unica raccolta dal vivo, da lui stesso voluta ed assemblata. Ad oggi ritenuto uno dei più importanti live della musica rock.

I brani  furono registrati in due giornate di concerto,  il 31 dicembre del 1969 e il 1º gennaio del 1970 Fillmore East di New York

L’idea dell’album nacque inizialmente per necessità legali, in quanto andava realizzato entro un certo tempo a causa  di un impegno contrattuale con la sua casa discografica  Capitol. Hendrix dopo aver lasciato il suo vecchio gruppo The Jimi Hendrix Experience, voleva cercare comunque nuove strade.

Da molti definito, il più grande chitarrista rock di tutti i tempi, abbandona le sonorità psichedeliche e acide e si concentra solo sulla qualità acustica dei suoi assoli ed arrangiamenti.

L’invito all’ascolto è ai tre brani: Who knows, Message to Love, Changes

Essenziali e perfetti nei tempi, senza dilungarsi nei passaggi, tutto il contenuto creativo dei brani è espresso in una forma chiara e pulita.

Con una base ritmica più semplice rispetto ai precedenti album, Jimi Hendrix si concentra sulla potenza espressiva della sua chitarra, del suo suono, con riff che modifica in crescendi e diminuendi, percorsi fitti di richiami ed evoluzioni. Talvolta meravigliando con temi e controcanti il pubblico ed i suoi stessi compagni della band.

“Jimi usò tutti gli effetti del suo repertorio: il Fuzz Face (pedale per il controllo dei toni), il Wah-wah, l’Uni-Vibe e l’Octavia, ed era davvero incredibile… c’erano spettatori che rimasero a bocca aperta. Durante gli show, a volte rimanevo fermo suonando e guardandolo, e mi immedesimavo nel pubblico. Era davvero ispirato.” 

Billy Cox
Who Knows (Live At Fillmore East, 1970 / 50th Anniversary)

Jimi Hendrix mostra così una creatività che potremmo definire “ classica”, tutto concentrato sull’emozione della nota, sull’enfasi attesa e ricercata, costruita sin dall’inizio di ogni brano, innervata da subito di ritmo ed espressione.  

Miles Davis, grande estimatore di Jimi Hendrix e soprattutto, più di tutti  di questo album  in particolare, disse  che Jimi Hendrix : era un grande musicista naturale, suonava quello che sentiva. 

In questo album c’è un senso di estemporaneità, di spontaneità, quasi un afflato “classicamente romantico”, sulla forza di ogni singola nota, sulla sua ripetizione.

Questo album fu pubblicato nel 1970, anno dello scioglimento dei Beatles e Jimi Hendrix era un loro  grande fan. 

L’album rappresenta una risposta, un passaggio nella Storia della Musica, un nuovo filone, una discontinuità necessaria rispetto a questi ultimi.

I Beatles erano la creatività e la perfezione degli arrangiamenti e seppure sembrassero talvolta semplici e leggeri, avevano un’attenzione maniacale ad ogni singola nota fino alla costruzione di ogni brano, di ogni armonia. La dimostrazione della loro genialità era far sembrare semplice la complessità.

I fantastici quattro di Liverpool  erano attenti ad ogni genere musicale di ogni epoca, dal repertorio classico: Vivaldi, Bach, al blues, al rock, al country fino alla musica sperimentale e contemporanea. Inserivano così nelle loro composizioni ogni tipo di strumento. 

Con le loro sensibilità ripulivano ogni genere andando all’elemento più puro che lo caratterizzava,  enfatizzando le loro geniali melodie con arrangiamenti che meravigliano ancora oggi ad ogni ascolto.

Loro erano la perfezione creativa ed espressiva, paragonabile a quella di Mozart per la sua epoca.

Ma dopo la perfezione di Mozart arrivò Beethoven. E per scrivere qualcosa di nuovo doveva necessariamente riportare all’essenza, alla nota, alla sua assolutezza, alla sua tensione emotiva.

Questo album sembra rinverdire allora un ricorso storico. Dopo la perfezione, la sintesi, l’equilibrio dei Beatles, la rottura, quasi un ritorno all’ origine del suono e dei suoi significati più primitivi, il ritorno la forza primaria della nota.

D’altra parte Beethoven, è stato spesso definito l’artista classico più rock, sia per la sua indole, la sua visione anticonformista del mondo, ma anche per la sua musicalità, così vicina alle origini, al suono, alla Natura. Alla sua espressività vigorosa, energica, romantica.

Si dice che questo gruppo di Jimi Hendrix, fosse stato formato con tutti musicisti di colore, per accontentare i Black Panter, che lo esigevano. Per Miles Davis ciò fu determinante per la riuscita di questo album, per evitare qualsiasi contaminazione estetica commerciale e trovare nuovi filoni. Lui  avvertiva i pregiudizi sociali dell’epoca sulla musica colta, prodotta dai soli musicisti di colore.

Ma come vediamo da questa disamina la musica pur nella sua particolarità è universale nello spazio e nel tempo, nel prima e nel dopo. 

Tutto dipende dall’intuito dell’artista che riesce a cogliere lo Spirito del suo Tempo ed a volte anticiparlo.

Articolo pubblicato originariamente su arturosanninoblog.it e concesso ad Auralcrave per la ripubblicazione.