Della proverbiale malvagità di Gala, la musa di Salvador Dalí

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Il senso di adorazione e dipendenza di Salvador Dalí per la sua musa Gala è sempre stato qualcosa di plateale e riconosciuto da tutti. La conobbe quando aveva 25 anni e visse con lei finché Gala morì, cinquantatré anni dopo. La depressione in cui cadde Dalí dopo la morte di lei ha del leggendario: dal giorno dopo il funerale, andò a chiudersi nel Castello di Púbol, che aveva acquistato e sistemato come rifugio e regno di Gala, e rifiutò ogni contatto con l’esterno. Due anni dopo ci fu un incendio in camera da letto e Dalí finì in ospedale per gravi ustioni: lo trovarono terribilmente malnutrito, effetto di mesi di abbandono e autolesionismo. Quando lei era ancora in vita, una volta le confessò: “È soprattutto col tuo sangue, Gala, che dipingo i miei quadri”. E di quadri dedicati a lei, o ispirati da lei, Dalí ne fece un’infinità. Alcuni più noti, altri più ricercati, ma non v’è dubbio che Gala fu la fonte d’ispirazione più ricca e costante della produzione artistica del genio surrealista.

Verrebbe da immaginarla come una moglie fedele e devota, un po’ com’era Alma Reville per Alfred Hitchcock. D’altronde Gala rinunciò praticamente a tutto per stare con Dalí: nonostante apprezzasse la ricchezza e il lusso, rinunciò a condizioni economiche benestanti per andare a vivere in una capanna sulla spiaggia, senza elettricità né acqua.

Prima di conoscere Salvador Dalí, Gala era sposata al ricco poeta surrealista Paul Èluard, in una relazione aperta che per tre anni coinvolse anche Max Ernst. Gala e Dalí si incontrarono in un ricevimento a Cadaqués e i presenti raccontano di un Dalí in preda a una specie di crisi isterica, incapace di relazionarsi con gli altri. Quando arrivò Gala, si calmò subito. Fu un segno per tutti, che incoraggiarono attivamente l’inizio di una relazione tra loro. Cinque anni piu tardi si sposarono, e Gala fu per Dalí musa, modella, agente, compagna, amante (secondo la leggenda Dalí era ancora vergine quando la conobbe). Per molti se ne prese cura come una madre, aspetto che diventa oscuro se si pensa che lei abbandonò il suo stesso figlio per dedicare la sua vita a Salvador Dalí.

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Salvador Dalí, Galatea delle Sfere, 1952

Eppure, sono innumerevoli le testimonianze del carattere insopportabile di Gala, ai limiti della sociopatia. Gala non aveva amici, non aveva contatti con la famiglia e odiava praticamente tutti. Nessuno la sopportava. Era sua abitudine sputare in faccia a chi non le andava a genio, e quando voleva che qualcuno smettesse di parlare, gli spegneva una sigaretta sul braccio. Veniva descritta come una donna crudele e feroce, e anche come sessualmente insaziabile, senza alcun scrupolo a iniziare relazioni carnali con uomini già impegnati. A Parigi le affibbiarono il soprannome “La Gale”, che in francese indica sia una donna maligna che la rogna. Quando Luis Buñuel lavorò con Dalí per Un Chien Andalou, era così esasperato dagli insulti di lei che tentò di strozzarla.

C’è un libro uscito nel 1989, Wicked Lady (“La donna malvagia”), dedicato alla figura di Gala Dalí. Tra testimonianze dell’epoca e fatti di cronaca, mostra bene anche come le cose peggiorarono man mano che invecchiasse. Nell’ultima fase della sua vita, Gala aveva un suo harem personale, al quale nessuno aveva accesso e nel quale Salvador poteva entrare solo previo invito scritto. A quanto pare era un accordo che soddisfaceva entrambi. Verso la fine, iniziò a curare Dalí con un misto di droghe sconosciute, secondo molti la vera causa del morbo di Parkinson che colpì il pittore nell’ultima fase della sua vita. Quando Dalí non poté più dipingere, Gala era solita fargli firmare tele in bianco, che poi venivano completate da pittori sconosciuti e rivendute a prezzi esorbitanti, per continuare a vivere nell’agiatezza. È per questo che i critici sono sempre scettici sulla vera attribuzione dei dipinti firmati da Dalí dopo i suoi 65 anni.

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Salvador Dalí, Mia moglie, nuda, guarda il suo corpo diventare gradini, tre vertebre di una colonna, cielo e architettura, 1945

I motivi per cui Salvador Dalí fosse così perdutamente innamorato di Gala rimangono quindi oscuri a molti, e non sono pochi quelli che pensano che lei abbia fatto una sorta di incantesimo malvagio sul pittore. Per un periodo della sua vita, Dalí firmava i suoi quadri anche con il nome di Gala, sebbene lei non avesse mai preso in mano un pennello. L’influsso di Gala su Salvador era totalizzante, e se questo potrebbe essere stato un grosso problema nella sua vita personale, restava però una benedizione dal punto di vista della produzione artistica: senza Gala, il genio di Dalí praticamente non esisteva. Per ogni dipinto realizzato da Dalí, dalla Persistenza della Memoria a tutti gli altri, dobbiamo rendere grazie anche a colei che definirono la sua “demoniaca dominatrice”.

La vita privata degli artisti è spesso il loro intimo terreno di guerra in cui creare le condizioni ideali per la loro produzione artistica, incluse eventuali sofferenze che possano stimolare la creatività. Gli esempi sono molteplici, quello di Dalí è forse uno dei più plateali: un bisogno irrefrenabile di accedere alla dimensione del sogno e a qualsiasi cosa trascendesse la realtà. Come se la sua vita reale, di fatto, non gli appartenesse. Eppure la dimensione surreale si intrecciava continuamente con la realtà, e spesso Gala era l’unico portale d’accesso possibile tra le due dimensioni.

Quando si erano appena conosciuti, Gala soffriva di fibromi, che presto l’avrebbero condotta all’isterectomia e alla rimozione dell’utero. In quel periodo Dalí realizzò uno dei suoi dipinti visivamente più forti: Le Rose Sanguinanti, raffigurante Gala in tratti astratti, con un gruppo di rose sul ventre e gocce di sangue che le scorrono addosso. Per Dalí, l’unica via d’accesso al mondo della sua fantasia, alla possibilità di trasportare le sue visioni su tela, era Gala.

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Salvador Dalí, Le Rose Sanguinanti, 1930

In 50 Segreti Magici per Dipingere (1948), nel capitolo terzo, Salvador Dalí spiega che ogni pittore deve avere una moglie e un’amante. La moglie è Pittura, l’amore per lei non sempre è corrisposto ma la relazione con lei è continua e dura una vita, dai dodici anni fino al letto di morte. L’amante invece è Gala, e sarà colei con la quale il pittore contrae il matrimonio terreno, sebbene esso sia di fatto solo una fuga ricorrente dalla moglie Pittura, che non può soddisfare la tua libido. In quel passaggio si comprende bene come Gala è per Dalí colei che capitalizza il rapporto tra il pittore e la sua arte. “Adorerà la tua Pittura più di te stesso, consigliandoti senza orgoglio, quando se ne presenta l’occasione.” Starà dunque in una posizione subalterna rispetto alla vera dominatrice di Dalí, che è la Pittura e alla quale tutto si prostra.

Non sembra dunque esserci una devozione di Gala per Dalí, ma c’è una devozione totale di entrambi per l’Arte. Ed è forse questo il tacito accordo tra i due, in nome del quale ogni cosa è sacrificabile. La felicità terrena non è importante, come non lo sono la fedeltà reciproca o le buone maniere. Come spiega Dalí stesso, sempre in quel passaggio:

Poiché mi rendo conto che stai proprio chiedendoti cosa può mai far Gala per rendersi così preziosa per ogni pittore, la mia risposta sarà semplice: non fa nulla, lascia che quanto è in potenza, processi e affinità, continui il suo corso, ossia posa. E posare significa rendere architettonico lo spazio. Ma non solo: con la sua posa “calma” smaterializza, spegne la tua ansia, allontana l’angoscia. E anche quando passeggi come un sonnanbulo, quando il tuo spirito vaga mille miglia lontano, perdendosi nei nebbiosi confini delle sue ossessionanti congetture, lei ti mostra un fiore sul sentiero, riportando il tuo spirito alla gustosa realtà.

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Salvador Dalí, Madonna di Port Lligat, 1950

Forse Gala era terribile con tutti, e magari anche irrispettosa verso la dimensione umana di Dalì (che nemmeno lui stesso di fatto aveva a cuore, visto che ogni angolo della sua vita era stata elevata ad elemento artistico, lasciando nulla alla sfera privata). Ma, finché il suo influsso era efficace, aveva dedicato con devozione ogni parte di sé alla creatività di Dalí, offrendogli tutto ciò che le serviva. Chissà che tutto il resto, che il suo lato maledetto, non sia solo un’inevitabile egoismo di compensazione, che serviva a riequilibrare il sacrificio di entrambi.

Cover Image: Salvador Dalí, Ritratto di Galarina (dettaglio), 1944-45

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