Macklemore, Wings: testo e significato del brano

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Il rap è quel genere che abbiamo capito funzionare, che è diventato popolare anche nel Belpaese dopo aver attraversato l’oceano, e che ci piace soprattutto se non dice cose scomode, se ci culla con una serie di luoghi comuni spacciati per non banali, se non ci fa pensare ma ballare si.

E cosi ci siamo trovati a sorbirci testi contro una società non ben definita, un sistema politico corrotto in generale (aridaje), i nostri coetanei che non capiscono niente, il mondo che ci vuole male ecc.ecc. senza che mai ci restasse in mano un’idea nuova, chiara.

E così pensando di ascoltare rap a volte sentiamo solo la parte meno interessante.

Prendiamo Macklemore. Quello che si veste come sua nonna e sembra incredibile. Rapper bianco, ma non si chiama Marshall, niente che ci faccia segnare il nome sulle note.

Macklemore x Ryan Lewis "WINGS" Official Music Video

Lui, proprio lui, ha scritto pezzi interessantissimi. Ho iniziato ad ascoltarlo dopo aver sentito Wings dietro suggerimento.

E ho pensato: finalmente.

Benjamin Haggerty, questo il suo vero nome, è interessante almeno per tre motivi.

Il primo è che da anni ha lo stesso migliore amico e la stessa ragazza, che poi ha sposato, e se li è tenuti stretti anche quando è diventato famoso (uno è stato l’altro rapper del duo Macklemore&lewis, attivo fino al 2016 e lei la sua manager) e da loro si è lasciato portare in una clinica per disintossicarsi dall’alcool. E ci è rimasto tre anni.

Il secondo è che hanno raggiunto il successo senza appoggiarsi a nessuna grande etichetta, solo con la collaborazione Alternative Distribution Alliance, “a subsidiary of Warner Bros. Records, to distribute their music”. “Non abbiamo nessun accordo con la Warner, non c’è nessun contratto. Siamo 100%indipendenti, e questo è una novità” dichiarò Lewis nel 2013.

Il terzo è un brano come Wings. Tutto incentrato su un paio di scarpe idealizzato da bambino.
Gli obbiettivi che abbiamo non possono esserci venduti da altri. Dove vogliamo andare possiamo capirlo solo noi, e non ci sono standard o vie facili che ci possano essere regalate.

L’ intento era analizzare la nostra infatuazione e attaccamento a marche, etichette e ad una felicità effimera, collegata intrinsecamente al potere d’acquisto, come dichiarato dall’autore. Aggiunse: “ho scelto il soggetto delle scarpe,ma l’obiettivo è dipingere un quadro generale dell’essere consumatore, partendo dai miei primi ricordi di un desiderio infuso di acquistare quel paio di scarpe”

perchè volevo essere come Mike, ok?
volevo essere lui,
volevo essere quel ragazzo, volevo toccare il bordo,
volevo essere figo e volevo essere adatto al contesto
volevo quello che aveva lui, America, tutto inizia
ho comprato questi sogni e tutti si sono infranti

Un immagine semplice, immediata: ho desiderato tanto quell’oggetto perché volevo diventare ciò che rappresentava. Mike è Michael Jordan, il cestista per eccellenza: “Be like mike” era lo slogan delle pubblicita Gatorade negli anni 90 e il riferimento nel testo sottolinea ancora di piu quanto quel modello rappresentasse un sogno da raggiungere ad ogni costo.

Il paio di scarpe diventa nel corso della canzone una metafora della disillusione del bambino costretto a crescere in fretta. Del resto, il passaggio all’età adulta comporta la morte di sogni che, messi alla prova dalla realtà, si dimostrano non realizzabili.

L’autore va oltre: perché ho lasciato che fosse qualcun altro a dirmi chi devo diventare?
Chi ha deciso per me che essere perfetto significava diventare come l’uomo della pubblicità -chi ha deciso che se non fossi stato così non sarebbe andato bene?

Noi vogliamo sempre quel che non possiamo avere i prodotti fanno in modo che li vogliamo

guardami, guardami, sono un ragazzino figo
sono un individuo, sì, ma sono parte di un movimento
il mio movimento mi ha detto di essere un consumatore e l’ho fatto
mi hanno detto di farlo e basta
ho ascoltato a quello che mi ha sussurrato quel fruscio

Guarda cos’ha fatto quel fruscio vedi, ha consumato i miei pensieri
sei matto? non sgualcirle!
lasciale nella scatola strozzato da quei lacci, a malapena riesco a parlare
è la mia bolla d’aria e sono perso, se scoppietta
siamo quel che indossiamo, indossiamo quel che siamo
ma vedi, io mi guardo allo specchio
e penso che il cavaliere Phil ci ha ingannato tutti
riuscirò a cambiare? o resterò nella mia scatola?
queste Nike mi aiutano a definirmi e sto cercando di prendere le mie

Un paradosso: non indossare le scarpe per non rovinarle, perché sia perfetto io quando le indosso. Io non sono abbastanza me se non indosso un simbolo, quel simbolo già fatto proprio da altri.
È un sogno confezionato a definirmi, da solo non potrei dimostrare di essere abbastanza.

Hanno iniziato con cosa indossare a scuola
quel primo giorno, come se sarebbero state quelle scarpe a rendermi figo
e questo paio, sarà il mio paracadute
sono molto di più di un semplice paio di scarpe loro simboleggiano quello che sono io
quello che ho indossato in passato era la fonte della mia giovinezza
questo sogno che ti hanno venduto
per un centinaio di dollari e qualche cambiamento
il consumo è nelle vene e adesso vedo che si tratta di un altro paio di scarpe

Perché lasciamo preparare agli altri i nostri sogni, i nostri obbiettivi e poi li compriamo, senza stimarci abbastanza da pensare di poter dimostrare qualcosa agli altri.
Non possiamo comprare chi vogliamo essere ma finché continuiamo a provarci, diamo ragione a chi ce lo fa credere.
Quanto costa iniziare ad avere fiducia in noi stessi, a darci valore senza spenderli per uno status symbol?

L’incitamento a non omologarsi è un tema caro al rapper, che già in Otherside, scrivendo della propria dipendenza dall’alcool, affermava:

Segui la formula: violenza, droga e sesso a pagamento
così proviamo ad assomigliare a qualcun altro.
Nonostante il modo in cui vive Lil Wayne
questo non porta ad essere creativi
e lo so, perchè lui è il mio preferito
e lo so, perchè ho lasciato quella stessa vita

Come se assomigliare a un altro fosse un modo per dimostrare a noi stessi che andiamo bene. É difficilissimo accettarsi e seguire se stessi, abbracciare la propria individualità, e su quella investire: forse per questo lasciamo che sia qualcun altro a dirci chi essere.

Mi ha colpito come scrivesse questo in un momenti di difficoltà. Credo si sentisse molto orgoglioso di star combattendo la sua battaglia e si sentisse abbastanza autorizzato da questo a incitare ad apprezzarsi senza dover seguire nessuno.

Sono le nostre ferite e difficoltà a renderci forti, sono le nostre battaglie a farci capire che possiamo volare alto. Dovremmo lasciar da parte sogni irraggiungibili e puntare a qualcosa di concreto, di realizzabile, nostro. Altrimenti ci rimane solo un paio di scarpe.