Il suo fraseggio, vocale o strumentale, ed il suo impeto sono le cose che amo di più di Lucio Dalla.
Ché forse racchiudono le qualità che più apprezzo di questo gigante. Un fraseggio ironico, leggero che si è stagliato lì, tra gli Dei. La sua vita sembra provenire da uno di quei romanzi di Dickens, dove lui, da buon figlio di modista senza padre, si è cucito il suo vestito dal quale però, volente o nolente, si vedeva il suo folto pelo.
“Voglio un chilo di pane ed un fiasco di vino” la semplicità -senza mai essere semplicistico- e la vitalità di Lucio Dalla che si notavano per poi “sparire di colpo” come un pilota di formula 1 capace di andare sulle nuvole per depistarci.
In questo Domenico Sputo, aka Lucio Dalla, è stato sempre formidabile, per poi ritornare più rapido e rampante che mai.
Mi sarebbe piaciuto vivere gli anni in cui realizzò quel tris di album imparregiabili per qualità, canzoni, musicisti coinvolti ecc. “Come è profondo il mare”, “Lucio Dalla” e “Dalla”. Penso a lui come ad un grande pantone di sentimenti illustrati in ogni dove e sfaccettatura: “Mambo”, “La Sera dei miracoli”, “Disperato erotico stomp”. Sempre con quel suo fraseggio universale perché tutti noi, in un modo o l’altro ci lanciamo in uno SCATto fraseggiato dibididudererorirà, tutti in one way or another pensiamo al futuro, magari canticchiando Cosa Sarà.
Lucio Dalla è stato Musica in ogni dove, in ogni luogo, soprattutto sì, a Bologna, Roma, ma Sorrento, dove da un naufragio approdò in “Caruso”.
Il mare, i mari che ha solcato sono stati tanti, e lui da pirata unico nel suo genere li ha navigati in ogni dove, scandagliandolo nella sua profondità e infinitezza.
Meraviglioso nelle sue contraddizioni, nelle sue dichiarazioni, ma soprattutto, per il suo fraseggio unico ed inconfondibile.