Emanuela Orlandi, una pista alternativa: sulle tracce di un possibile serial killer

Posted by

Quella di Emanuela Orlandi è la più nota vicenda di scomparsa della cronaca nera italiana e senza dubbio anche una delle più misteriose. Tutt’oggi il caso è irrisolto e resta molto dibattuto, in mezzo a tante ipotesi su cosa possa essere successo quel 22 Giugno 1983. Si parla di rapimento a scopo estorsivo, criminalità organizzata, intrighi internazionali, segreti inconfessabili del mondo ecclesiastico.

Ma la verità è davvero così contorta e articolata oppure può essere plausibile anche una pista di altro tipo, più compatibile con la casistica e la vittimologia in questione? A tale proposito, ripercorrendo i passi del libro 12 donne e un solo assassino scritto da Max Parisi e Otello Lupacchini, emerge una tesi che merita di essere presentata e approfondita.

Il “rappresentante della Avon”

22 Giugno 1983. Emanuela Orlandi è una ragazza di 15 anni residente in Vaticano insieme ai genitori e ai quattro fratelli. Ha da poco finito il secondo anno di Liceo e tra le sue passioni spicca la musica, infatti da diverso tempo frequenta l’Accademia Tommaso Ludovico da Victoria, in piazza Sant’Apollinare a Roma.

Quel pomeriggio Emanuela ha in programma di recarsi all’accademia per partecipare a una lezione di flauto, prevista per le ore 17:00. Intorno alle 15:30 un vigile la vede vicino a Palazzo Madama, mentre sta parlando con un uomo, il quale ha parcheggiato la sua auto in zona vietata. Il vigile si avvicina e nota che il soggetto sta facendo vedere alla ragazza un campionario di profumi. L’individuo, esortato a spostare la macchina, risponde “Vado via subito”.

Quello stesso pomeriggio Emanuela, durante l’intervallo della lezione, telefona a casa e riferisce a una delle sorelle di aver ricevuto una proposta di lavoro: le era stato offerto di presentare i profumi della Avon a una sfilata di moda delle sorelle Fontana. La sorella le consigliò di non accettare.

Emanuela esce dall’Accademia dieci minuti prima della fine delle lezioni. Intorno alle 19:00 la ragazza si sta dirigendo alla fermata dell’autobus insieme a un’amica per tornare a casa e confida anche a lei della proposta ricevuta.

Il bus arriva, l’amica sale ma Emanuela decide di restare alla fermata, dicendo che avrebbe aspettato il mezzo successivo in quanto quello era troppo affollato.

Da questo momento in poi si perderanno le sue tracce, nessuno l’ha ufficialmente più vista.

La scomparsa della giovane diventa un caso particolarmente controverso, infarcito da una serie di presunti intrecci che non hanno fatto altro che rendere ancora più confusa la vicenda. Ci sono organizzazioni criminali e presunte tali che hanno comunicato di avere preso la ragazza in ostaggio a scopo di ricatto, tuttavia non è mai stata fornita nessuna prova dello stato di prigionia della giovane da parte di chi sosteneva di averla rapita.

Ma è possibile che in realtà la pista giusta fosse suggerita proprio dallo svolgersi degli eventi di quel pomeriggio del 22 Giugno 1983?

Emanuela viene avvicinata da un soggetto che dice di essere rappresentante della Avon e le offre un lavoro ben retribuito, poco prima che della giovane si perda ogni traccia. In seguito i vertici della Avon faranno sapere di non avere al loro interno rappresentanti di sesso maschile e di non utilizzare questo tipo di tecnica per reclutare personale.

Un elemento che fa scattare dei campanelli d’allarme. Può essere che fosse in realtà la tattica di adescamento di un predatore? Qualcuno che l’aveva individuata e aveva messo in scena questa proposta fasulla per attirarla nella sua rete?

Si indagherà anche in questa direzione, arrivando ad alcuni riscontri interessanti che presenteremo più avanti. Per il momento concentriamoci su un altro aspetto.

Se non escludiamo che Emanuela possa esser rimasta vittima di un maniaco, viene naturale chiedersi se in quella zona e in quel periodo di tempo ci siano stati altri casi di sparizioni e omicidi rimasti irrisolti. Volgendo lo sguardo in questa direzione emergono delle vicende che fanno riflettere.

Una serie di casi irrisolti

Rosa Martucci

7 Aprile 1982. In un prato nelle vicinanze dell’Appia Antica, una coppia di fidanzati fa una scoperta terrificante. Sul terreno giace il cadavere di una donna, sul cui collo sono state strette due cinghie di cuoio. Vicino al corpo è presente un bastone. Gli agenti arrivano sul posto. La vittima viene identificata, si chiama Rosa Martucci, ha 20 anni e una storia difficile alle spalle, tra tossicodipendenza e prostituzione. Un tunnel da cui stava cercando di uscire, infatti negli ultimi tempi aveva smesso di drogarsi e avrebbe cominciato a breve un nuovo lavoro come addetta alle pulizie, se uno psicopatico non avesse deciso di mettere fine alla sua esistenza.

Gli esami rivelano che Rosa è stata prima colpita alla testa da un oggetto contundente, dopodiché l’assassino l’ha strangolata, servendosi del bastone e della cintura per effettuare un garrotamento. La ragazza aveva un figlio di tre anni ed era incinta di un altro bambino che non vedrà mai la luce.

Un delitto terrificante messo in atto da una mente cinica e perversa.

Le indagini si concentrarono sul passato e sulle attività della vittima, ma raggiunsero un punto di stallo e il caso venne archiviato, restando senza colpevole.

Agusta Confaloni

15 Agosto 1982. Nella pineta di Castelfusano viene scoperto il corpo senza vita di Augusta Confaloni, 46 anni, prostituta. La donna è stata colpita alla testa con un corpo contundente e in seguito è stata strozzata a mani nude. Le mani e i piedi sono stati legati, in bocca le è stato infilato un pezzo di carta straccia e delle foglie secche. Nessun segno di violenza sessuale.

Gli inquirenti sospettano di un amante della vittima e arrivano ad arrestarlo, tuttavia i successivi accertamenti dimostrarono che aveva un alibi e quindi non poteva essere lui l’assassino.

Sulla vicenda cala un telo nero che ancora oggi non è stato alzato e l’identità del killer di Augusta resta ignota.

Bruna Vettese

19 Febbraio 1983. Torna a essere protagonista di una tragedia, suo malgrado, la zona dell’Appia Antica.

A poca distanza da dove venne scoperto il cadavere di Rosa Martucci 10 mesi prima, viene trovato un altro corpo. Bruna Vettese, 31 anni, è stata stordita con un colpo al volto e strangolata, probabilmente con il suo stesso foulard.

Le indagini cercano di ricostruire la sua vita, forse si prostituiva o forse no, in ogni caso era stata barbaramente ammazzata una persona e quattro bambini erano rimasti senza madre. La ricerca del colpevole non trovò sbocchi e il caso venne archiviato.

Mirella Gregori

7 Maggio 1983, Roma. Mirella Gregori, ragazza di 15 anni, rientra a casa da scuola alle ore 14:00. Poco dopo qualcuno suona al citofono di casa, la giovane risponde e fissa un appuntamento alle 15:00. Dice alla madre che si trattava di Alessandro, un suo compagno delle scuole medie che non vedeva da tempo. All’orario stabilito esce per andare all’appuntamento. Da questo momento in poi sparisce nel nulla.

Una volta appurata la scomparsa gli inquirenti interrogano Alessandro, l’ex compagno di Mirella, ma in quel periodo si trovava in tutt’altro luogo ed è accertato che non potesse aver citofonato lui all’abitazione dei Gregori. Chi c’era allora sotto la porta di casa in quel frangente? La giovane era stata adescata da qualcuno? Con quale scusa? Domande che fanno pensare. Quesiti che restano in attesa di risposta.

Tea Stroppa

È il 6 Luglio 1983 quando due operai si imbattono nel corpo senza vita di una donna, in via dei Due Ponti. La vittima era stata picchiata, colpita alla testa e infine strozzata a mani nude. Il viso era stato coperto da dei sassi, chissà perché. Si chiamava Tea Stroppa, 50 anni, faceva la prostituta ed era madre di due figli.

Anche stavolta il caso restò insoluto, un’altra morte senza risposte e senza giustizia.

Lucia Rosa

15 Luglio 1983. In un prato nei pressi della via Pontina viene trovato il cadavere di un’altra vittima di omicidio: Lucia Rosa. La donna era stata resa inerme con una serie di colpi alla testa, dopodiché l’assassino l’aveva strangolata con la sua stessa maglia. Non ci sono segni di violenza carnale. Anche in questo caso il volto era stato coperto con delle pietre.

Lucia viveva nel quartiere di Centocelle, aveva una dipendenza dall’eroina ed era stata schedata dalla Polizia. Purtroppo anche il suo delitto andò a riempire il faldone relativo ai casi irrisolti, tristemente sepolto dalla polvere e dal tempo.

Katty Skerl

23 Gennaio 1984. È sera quando la Polizia riceve la segnalazione della scomparsa di Catherine Skerl, ragazza di 17 anni residente a Roma. Il giorno seguente arriva una terribile scoperta: in Via Rocca di Papa viene scoperto un cadavere, con una cinghia attorno al collo. Si tratta proprio di Katty. Riporta delle contusioni sul cuoio capelluto. L’omicida l’aveva strangolata con la cinghia della sua borsa e l’aveva uccisa schiacciandole la testa nella melma del terreno, causando un soffocamento.

Catherine era una ragazza pulita, tranquilla e senza nessuna ombra nel passato. La pista d’indagine più accreditata fu quella del maniaco. Venne indagato Maurizio Giugliano, già condannato per l’omicidio di un’altra donna, Giuliana Meschi, ma risultò estraneo alla vicenda.

L’investigazione andò ad arenarsi e il delitto resta ancora oggi insoluto, lasciandoci con un enorme senso di tristezza per una giovane vita uccisa senza nessuna pietà.

Secondo quanto riportato nel libro 12 donne e un solo assassino il fratello di Caterine avrebbe detto che la sorella parlasse in famiglia dei profumi Avon.

Cinzia Travaglia

28 Giugno 1984. All’interno di un appartamento in Via degli Opimiani viene rinvenuto il corpo di Cinzia Travaglia, 24 anni. La ragazza era stata massacrata dentro la sua dimora. L’assassino aveva tentato di strangolarla, le aveva sbriciolato le dita e l’aveva colpita più volte alla testa, uccidendola.

La vittima giaceva sul letto. L’omicida l’aveva posizionata di traverso, con le gambe tra i supporti di una sedia. In seguito aveva sfilato dai cardini la porta della camera e l’aveva appoggiata sopra al cadavere. Una macabra rappresentazione di cui soltanto lui conosceva il significato.

Cinzia faceva uso di stupefacenti, pare che nella sua abitazione si incontrassero dei ragazzi per consumare hashish. Non emerse però nessuna pista in grado di portare all’individuazione del colpevole. Su questo agghiacciante omicidio scese il silenzio.

Marcella Giannitti

Il 21 Ottobre 1984 viene trovato il corpo di un’altra donna, in un prato nelle vicinanze di Via Tito Labenio. E’ stata strangolata con il suo stesso collant, la testa e il volto fracassati con una pietra.

La vittima si chiama Marcella Giannitti, 26 anni, affetta da una lieve forma di poliomelite alla gamba sinistra. Una difficoltà che nel corso della sua vita era riuscita a superare con grande spirito e forza di volontà: si laureò e riuscì a trovare un lavoro come supplente.

Un periodo di fragilità la spinse a finire nel tunnel delle sostanze stupefacenti: tuttavia riuscì a ripulirsi e trovò un fidanzato con cui andare a convivere. Si lasciarono poco prima del delitto. A scanso di equivoci le indagini appurarono che l’ex-compagno non c’entrava niente con questa vicenda.

Il tempo trascorse e sull’omicidio di Marcella scese una nebbia impenetrabile, una foschia silenziosa che nascose l’identità del suo assassino.

Giuditta Pennino

14 Settembre 1986. Nel quartiere Flaminio, in via Francesco Gai, viene scoperto un cadavere. Giuditta Pennino, 29 anni, faceva la prostituta. Era stata strangolata. Indossava soltanto gli stivali, il resto degli abiti non era presente sul luogo. Gli inquirenti si misero in moto per cercare di dare un volto al mostro che le aveva tolto la vita. Ci furono una serie di arresti, ma nessuno dei sospettati si rivelò colpevole e alla fine anche questo caso venne archiviato.

Al termine di questa sezione si è delineato un quadro di un certo tipo: una catena di delitti rimasti senza colpevole, un modus operandi che si ripete nella maggior parte di essi, dove l’assassino ha prima reso incoscienti le vittime con dei colpi in testa per poi strangolarle. Tutte donne, con caratteristiche fisiche in comune. Magre, capelli scuri. Alcuni omicidi hanno una firma psicologica particolare: il killer compie delle azioni che non sono necessarie per uccidere, ma che evidentemente rappresentano qualcosa nella sua testa. In molti dei delitti sono state sottratte parti degli indumenti alle vittime.

In mezzo a tutto ciò due ragazze scomparse in un breve arco di tempo e in zone limitrofe. Ad almeno una di esse era stata fatta una falsa proposta di lavoro poco prima della sua scomparsa. Torniamo adesso su questa linea d’indagine.

L’investigazione sul “rappresentante”

In un’intervista concessa a Max Parisi da Giulio Gangi, ex agente del Sisde che condusse indagini sul caso di Emanuela Orlandi, si apprende che l’atelier delle sorelle Fontana non aveva mai fatto affari con la Avon. Tuttavia negli ultimi tempi si erano presentate nello studio alcune ragazze a chiedere informazioni sul lavoro di rappresentanti per la suddetta marca di profumi alle loro sfilate. La direzione rispondeva che non era previsto niente di questo tipo.

Dopo qualche tempo Gangi venne richiamato dall’atelier: un’altra ragazza era andata lì a chiedere delucidazioni sul lavoro per la Avon. L’agente si mise in contatto con lei e la giovane confermò di essere stata approcciata da un soggetto che le aveva fatto questa proposta. Gli agenti del Sisde, facendo fissare alla ragazza un appuntamento con la persona in questione, lo rintracciarono e fermarono: si trattava di un uomo sui 30 anni, figlio di un industriale, girava con una Ferrari.

Aveva usato un nome falso per adescare la giovane. Si giustificò con gli agenti dicendo di essere timido e che usava questo sotterfugio per avere l’opportunità di conoscere delle donne. Venne mostrato il suo volto al vigile che aveva visto Emanuela parlare con una persona il giorno della scomparsa, quest’ultimo non lo riconobbe come l’individuo avvistato quel pomeriggio. La pista cadde nel vuoto.

Potrebbe non significare niente ma risulta interessante che qualcuno in quel periodo a Roma utilizzasse lo stesso stratagemma del soggetto che aveva avvicinato Emanuela Orlandi poche ore prima della scomparsa.

Secondo quanto riportato nel libro di Max Parisi e Otello Lupacchini, questa persona possedeva abitazione, uffici, attività e magazzini sparsi in prossimità dei luoghi degli omicidi irrisolti. Ma anche questo non è certamente prova di colpevolezza.

Conclusione

Alla fine di tutto ciò resta aperta la possibilità che in quegli anni nella capitale italiana agisse un assassino seriale mai identificato. Forse c’entrano qualcosa anche le scomparse di Emanuela e Mirella, o forse no. Forse schiacciando i tasti giusti si potrebbe ancora arrivare alla verità. Chi era quella persona che interagì con Emanuela Orlandi il pomeriggio della scomparsa? Perché le fece un’offerta falsa? Trovare le risposte a queste domande potrebbe essere di aiuto per cercare di fare chiarezza su un mistero che dura da quasi quarant’anni. La speranza è che in futuro si possa arrivare a una soluzione per il caso di Emanuela e per tutte le altre vicende irrisolte presentate in questo articolo.

FONTI

Dodici donne un solo assassino: da Emanuela Orlandi a Simonetta Cesaroni – Otello lupacchini e Max Parisi – koinè nuove edizioni
https://archivio.unita.news/