Il tormento oltre l’omicidio: Tsutomu Miyazaki, il killer Otaku

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Se dovessimo stilare una classifica dei serial killer più inquietanti e spaventosi di sempre, probabilmente Tsutomu Miyazaki sarebbe tra i primi posti.

A rendere questo assassino così sinistro sono certamente gli orribili crimini che ha commesso, ma anche tutto quello che ha fatto in seguito ad essi, mettendo in atto una serie di azioni che fanno accapponare la pelle.

Il serial killer di bambine

22 Agosto 1988, Saitama, Giappone. Sono le tre di pomeriggio quando Mari Konno, una bambina di quattro anni, esce di casa per andare a giocare da un’amica.

Le ore passano e, dopo le 18, Mari non risulta essere rientrata dalla famiglia. I genitori, preoccupati, lanciano l’allarme. La Polizia fa partire le ricerche, ma della bambina non c’è traccia. Alcuni testimoni riferiscono di averla vista in compagnia di un uomo dai capelli ricci.

Nel frattempo le giornate trascorrono e di Mari non si hanno notizie. Improvvisamente inizia ad accadere qualcosa di inquietante. La famiglia Konno comincia a ricevere insistentemente delle telefonate ma quando alzano la cornetta per rispondere il chiamante riattacca. Se decidono di ignorare le chiamate, il telefono squilla ininterrottamente fino a 20 minuti. Negli stessi giorni si vedono recapitare un biglietto, su cui è riportata una frase agghiacciante

“Ci sono diavoli in giro.”

3 Ottobre 1988. A Hanno, prefettura di Saitama, sparisce Masami Yoshizawa, una bambina di 7 anni. Sono trascorse 6 settimane dal caso di Mari Konno. Una tempistica che fa pensare che le due vicende siano collegate, tuttavia in mancanza di elementi concreti la Polizia brancola nel buio.

Passeranno poco più di due mesi prima che i sospetti diventino certezze.

Il 12 Dicembre 1988 si perdono le tracce di Erika Namba, 4 anni. L’allarme diventa ufficiale: un rapitore di bambine si aggira per la prefettura di Saitama. Sfortunatamente, le cose saranno destinate a peggiorare.

Il giorno dopo, in una foresta distante circa 50 km dalla sua abitazione, viene scoperto il corpo senza vita di Erika. È stata strangolata. Le mani e i piedi sono legati con una corda di nylon. Uno scenario terrificante che getta un’ombra ancora più oscura sulla vicenda.

Il rapitore aveva ucciso anche le due precedenti vittime? Si trattava a questo punto di dare la caccia a un serial killer?

Nei giorni seguenti la famiglia Namba inizia a ricevere strane telefonate dello stesso tenore di quelle che avevano perseguitato i Konno. Gli venne spedita anche una lettera, scritta con dei ritagli da lettere di riviste, che riportava:

“Erika. Freddo. Tosse. Gola. Riposo. Morte.”

6 Febbraio 1989. Shigeo Konno, il padre della bambina che risulta scomparsa da quasi sei mesi, trova una scatola davanti all’ingresso della sua abitazione. Avverte la Polizia, che una volta giunta sul luogo apre il pacco. Al suo interno sono presenti delle ceneri, alcuni frammenti di ossa, dieci piccoli denti e delle foto che immortalano alcuni vestiti da bambina. A corredare il tutto un’agghiacciante missiva:

“Mari. Ossa. Cremate. Indagare. Dimostrare.”

Gli inquirenti disposero delle analisi del materiale rinvenuto, e a una prima verifica risultò che non appartenevano a Mari.

Tuttavia una nuova lettera venne recapitata alla famiglia Konno

“Ho messo la scatola di cartone con i resti di Mari davanti a casa sua. Ho fatto tutto. Dall’inizio dell’incidente di Mari fino alla fine. Ho visto la conferenza stampa della polizia in cui hanno detto che i resti non erano di Mari. Alla telecamera, sua madre ha detto che il rapporto le ha dato una nuova speranza che Mari potrebbe essere ancora viva. Sapevo allora che dovevo scrivere questa confessione perché la madre di Mari non continuasse a sperare invano. Lo ripeto: i resti sono di Mari.”

L’autore del messaggio si era firmato come Yuko Imada. Vennero disposte nuove analisi, che stavolta dettero ragione a ciò che era stato riportato nella missiva: i resti appartenevano a Mari. La famiglia della vittima ricevette un secondo messaggio, sempre firmato con lo pseudonimo Yuko Imada, ma con un tenore decisamente diverso

“Prima che me ne rendessi conto, il cadavere della bambina si era irrigidito. Avrei voluto incrociare le mani sul seno ma non si sarebbero mossi…. Ben presto, il corpo si era macchiato di rosso dappertutto…. Grandi macchie rosse. Come la bandiera di Hinomaru. O come se avessi coperto tutto il suo corpo con del tampone di inchiostro rosso per timbri…. Dopo un po’, il corpo è coperto di smagliature. Prima era così rigido, ma ora sembra pieno d’acqua . E odora. Come odora. Come niente che tu abbia mai annusato in tutto questo vasto mondo.”

6 Giugno 1989. Ayako Nomoto, una bambina di 5 anni, scompare dopo essersi recata a un parco. Si comincia fin da subito a temere il peggio.

Dopo una settimana di intense ricerche, viene scoperto il suo cadavere. Le condizioni del corpo sono sconvolgenti. L’assassino ha lasciato soltanto il torso della povera vittima, mentre testa, mani e piedi risultano mancanti.

Un omicidio che lascia un profondo senso di terrore nei cittadini. La Polizia ha a che fare con un killer profondamente sadico e perverso, un soggetto privo di umanità e compassione.

Le indagini sembrano non portare da nessuna parte. Qualche settimana dopo però, un particolare evento segnerà la fine della carriera di questo assassino.

23 Luglio 1989. Una bambina avverte il padre di essere riuscita a scappare da un signore che l’ha molestata mentre stava giocando con la sorella in un parco pubblico, e chiede al genitore di intervenire. L’uomo si reca nella zona indicata e sorprende un ragazzo mentre è intento a fotografare le parti intime dell’altra figlia. Si scaglia addosso al soggetto che scappa impaurito. Le autorità vengono immediatamente informate dell’accaduto e in poco tempo riescono a fermare il molestatore.

Si chiama Tsutomu Miyazaki, ha 26 anni e lavora come assistente per una tipografia.

Gli inquirenti sono sicuri di aver appena arrestato il soggetto che stanno cercando da quasi un anno. Dopo una fase iniziale in cui si dichiara innocente, Miyazaki confessa di essere il responsabile di tutti e quattro gli omicidi.

Tsutomu Miyazaki

Il 21 Agosto 1962 a Itsukaichi, città del distretto di Natashima, Tsutomu nasce prematuramente e con un difetto alle articolazioni per cui le sue mani risultano essere saldate insieme ai polsi. Un handicap che gli impedisce di ruotare le mani verso l’alto.

Una malformazione che condizionerà il resto della sua vita.

Quando inizia ad andare a scuola viene presto preso di mira dai compagni di classe, che lo scherniscono per questa sua difficoltà. A causa di questa situazione Tsutomi si rinchiude sempre di più nella solitudine, trovando una sorta di riparo nella lettura di manga e anime, gli unici suoi amici.

Miyazaki compensa le problematiche della vita sociale con un ottimo rendimento scolastico, applicandosi con determinazione nelle materie e dimostrandosi uno studente eccellente. Con il passare degli anni però sembra perdere sempre di più l’interesse per lo studio e, una volta terminate le superiori, fallirà la graduatoria per accedere all’università. Si iscrive così a un’università biennale e una volta conclusa l’esperienza ottiene la laurea in foto-tecnica.

Il rapporto di Tsutomu con i genitori è piuttosto freddo, così come con le due sorelle. L’unico familiare con cui sembra legare è il nonno Shokichi, con il quale sviluppa una certa affinità e sintonia.

La quotidianità di Miyazaki è caratterizzata dalla solitudine, che paradossalmente diventa la sua unica compagna. Non ha amici e le ragazze lo evitano. Una condizione che lo porta a rinchiudersi in maniera sempre più crescente in un universo immaginario, come nel tentativo di sfuggire da un mondo esterno che lo rifiuta e non lo capisce. Passa la maggior parte del tempo leggendo anime, guardando film horror o di azione e i contatti con le persone in carne e ossa sono ridotti al minimo indispensabile.

Quando nel Maggio 1988 suo nonno muore, Tsutomu perderà le poche certezze e probabilmente anche l’ultimo barlume di ragionevolezza che gli era rimasto, spalancando le porte alla sua natura perversa e senza scrupoli. Dopo tre mesi compirà il suo primo delitto ai danni di Mari Konno.

Il suo metodo di azione consisteva nell’adescare delle bambine attirandole a sé con delle scuse, dopodiché le conduceva in zone isolate dove le strangolava a morte. Una volta uccise abusava sessualmente dei corpi. In alcune occasioni mutilava le vittime, mangiando parte dei loro resti e bevendone il sangue.

La condanna

Il processo a carico di Miyazaki inizia il 30 Marzo 1990.

L’imputato si dimostra fin da subito totalmente privo di rimorsi e dice di aver compiuto i suoi delitti sotto l’influenza di “Rat-Man”, un uomo-ratto suo alter-ego che lo aveva costretto a uccidere. Le perizie psichiatriche gli riscontrarono dei disturbi dissociativi dell’identità e una forma di schizofrenia, tuttavia il tribunale lo ritiene capace di intendere e di volere, quindi pienamente responsabile delle sue azioni.

Alla fine delle udienze Tsutomu Miyazaki viene condannato a morte.

Durante la permanenza in carcere prosegue il suo stile di vita isolato e solitario, dedicando molto tempo alla lettura.

Il 17 Giugno 2008 viene eseguita la pena capitale tramite impiccagione.

Miyazaki rappresenta un agglomerato delle peggiori devianze presenti nel mondo. Un soggetto che si è macchiato di crimini abominevoli e che si è spinto ai livelli massimi di sadismo, arrivando anche a torturare psicologicamente le famiglie delle vittime.

Senza dubbio un personaggio spregevole, cinico, privo di qualsiasi sentimento di benevolenza verso il prossimo e che rimane ad oggi uno degli assassini più meschini e vili di sempre.

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Fonte:

serialkillercalendar.com – Tsutomu Miyazaki : The Otaku Murderer