Capire la società di internet con Umberto Eco

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“Il professore che tutti avremmo voluto avere per gli argomenti che tratta e per la chiarezza con cui lo fa”: così il professor Giovanni Turchetta presenta agli studenti dell’Università degli studi di Milano un ospite di eccezione: Umberto Eco. E come dare torto a Turchetta: Eco è stato forse l’unico intellettuale italiano degli ultimi sessant’anni capace di unire saggistica accademica e divulgazione scientifica, muovendosi con una flessibilità e competenza disarmanti dalla semiotica all’analisi dei mass media, dalla linguistica alla scrittura di romanzi di enorme successo, dalla filosofia alla teoria del fumetto.

Capace di teorizzare ed attuare, di fatto, la rottura contemporanea di ogni distinzione tra cultura alta e cultura di massa (è stato tra i fondatori del rivoluzionario DAMS di Bologna), Eco è sempre stato apertissimo al dialogo di ogni sorta, per questo non stupisce che nel 2014 (appena due anni prima della propria morte), egli sia ancora pronto a dialogare con giovani ragazzi e ragazze sugli argomenti più disparati.

Per tutti questi motivi, un’ora passata a guardare ed ascoltare le sue riflessioni di questa conferenza universitaria sulla nuova società di internet, in un momento storico in cui possiamo sentirci vicini tra di noi solamente online e non fisicamente, è un’ora molto ben spesa del proprio tempo.

La prima domanda posta all’ospite da Turchetta ha per oggetto l’ibridazione della nostra vita con la tecnologia e di conseguenza le potenzialità e gli aspetti negativi della società della rete.

Eco risponde analizzando le differenze tra l’Italia del presente e quella di cinquant’anni fa, e dunque tra internet e la televisione. Lo specchio del cambiamento dei tempi per lo studioso è evidente se si guarda a quanto è superato il suo stesso libro Apocalittici e integrati (1964), in quanto negli anni ‘60 si poteva ancora parlare di divisione tra cultura alta e cultura di massa, cosa che a suo modo di vedere oggi è impossibile, in quanto l’incrocio tra le due (incominciato con la Pop Art) è andato sempre più complicandosi.

Eco oppone la televisione e internet nella seguente modalità: all’epoca la televisione faceva bene ai poveri e male ai ricchi (nel senso di possibilità di accesso alla cultura), in quanto ha insegnato difatti la lingua italiana a grandi fette della popolazione; oggi internet invece, ai suoi occhi, fa bene ai ricchi e male ai poveri, perché mentre i ricchi sanno come identificare buona e cattiva informazione, i poveri si trovano totalmente e passivamente assorbiti dalla quantità di informazioni ricevute. Per Umberto Eco l’abbondanza dell’informazione rende nulla la stessa, per questo nella situazione presente la scuola dovrebbe insegnare a selezionare le notizie, producendo un atteggiamento critico nello studente.

La seconda domanda di Turchetta è relativa al passaggio dalla carta al digitale: egli chiede all’ospite come vede il futuro del libro in questo contesto.

La risposta di Eco è incentrata sui concetti di disponibilità della cultura e di memoria. Se infatti per lo studioso la digitalizzazione è sicuramente un vantaggio per la disponibilità e la facilità di reperimento di libri e di informazioni (vedi le enciclopedie), dall’altro lato la memoria digitale ha il grande inconveniente di scomparire ciclicamente: il problema della conservazione dell’informazione, più di un’insostituibilità sentimentale del libro, è per lui centrale in questo dibattito.

Dopo questo iniziale scambio, si passa alle domande dell’uditorio, composto interamente da giovani studenti, e in quest’ottica è quasi commovente notare come sia lo stesso Eco a dare la parola agli studenti (l’intervistatore infatti quasi li ignora per la smania di porre delle domande al grande studioso). La prima domanda è di una studentessa: facendo riferimento a una riflessione sul pubblico presente in Apocalittici e integrati, la ragazza chiede ad Eco se e quanto sia cambiata la concezione che il pubblico ha di se stesso.

Per il relatore il discorso è ancora molto aperto e in divenire, ma a suo modo di vedere sicuramente le modalità di produzione e di ricezione delle informazioni sono mutate: se in passato l’emittente era unico e riconosciuto (mamma Rai), oggi esso può essere costituito da chiunque, questo non solo rende difficoltoso filtrare le informazioni, ma non permette una reale identificazione di appartenenza del singolo al gruppo, a cui manca così la coscienza della propria comunità.

La seconda domanda proveniente dall’uditorio è riferita al nuovo approccio degli scrittori alla letteratura nell’epoca del digitale.

Umberto Eco afferma di non credere che lo scrittore sia interessato ad essere letto su carta o meno, rispetto al passato il grande cambiamento è relativo alla possibilità di pubblicare gratuitamente su internet tramite dei blog o altri generi di piatteforme, questo avvenimento, se da un lato ha secondo Eco avuto il grande merito di aver ridotto sensibilmente le produzioni della Vanity press (le pubblicazioni a pagamento), ha dato però anche a tutti l’opportunità di scrivere, generando il pericolo di un’educazione del pubblico sul trash e non sulla qualità.

Inizia da questo momento un dialogo tra il professor Turchetta ed Eco meno caratterizzato da una dinamica di domanda e risposta. Turchetta espone quella che presenta come una propria personale teoria: egli intravede un momento di cambiamento presente, dato dalla reazione di molti scrittori emergenti che sembrano credere fortemente nella specificità della letteratura in contrasto all’omogeneizzazione della cultura. Eco è d’accordo con Turchetta e analizza come la reazione del culto della letteratura in un momento di crisi è alquanto paradigmatica: la letteratura a suo modo di vedere è sentita come una sorta di ancora di salvezza dall’anonimato, è per questo che molta più gente è impegnata nell’ambito della cultura.

In questo panorama Turchetta sposta il discorso sul versante dei critici e dell’università: la sua impressione è che oggi sia difficile individuare una figura di critico militante e che nella stessa teoria della letteratura la critica si sia indebolita, lasciando spazio ad approcci maggiormente approssimativi. Eco, dal canto suo, è d’accordo circa la crisi della critica militante (che egli non connota come fattore necessariamente negativo) che per lui è data dal mutamento dell’apparato critico-editoriale, in quanto oggi il giornale esce praticamente in contemporanea con il libro, preferendo interviste a recensioni. Inversamente, Eco non sembra d’accordo circa l’indebolimento della critica universitaria che a suo parare prosegue nello stesso modo.

Dopo delle ultime domande da parte del pubblico, a cui Eco risponde sempre prontamente, Turchetta congeda lo studioso, ringraziandolo per le sue enormi flessibilità e disponibilità, e mai come in questo caso possiamo affermare che questo non è un congedo di convenienza: Eco alla sua età e dopo una incredibile carriera è straordinariamente lucido ed aperto sulla nuova società della rete. Le sue riflessioni, oggi più che mai, ci appaiono davvero necessarie, perché mai come oggi la nostra vita sociale, mentre siamo chiusi nelle nostre case, si svolge difatti su internet.

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