Diabolich e l’omicidio di Mario Giliberti: il caso dello “Zodiac italiano”

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Forse non tutti sanno che in Italia, alla fine degli anni 50, un caso di omicidio ha visto protagonista un misterioso assassino che, firmandosi con uno pseudonimo, ha inviato lettere di sfida alla città e agli inquirenti. Una vicenda che ricorda per alcuni versi le gesta del noto Zodiac negli Stati Uniti.

Torino. 24 Febbraio 1958. Al quotidiano La Stampa Sera arriva una telefonata anonima. Una voce camuffata confessa di aver ucciso una persona.

Alla redazione giunge anche una lettera, scritta a mano, che riporta :

«Sono venuto da lontano per via
di compiere il mio delitto, da non confon–
dersi con uno qualsiasi. Ho studiato la cosa perfetta
in modo da non lasciare traccia ne–
anche di un ago. Con il delitto è cessato insi–
eme l’odio per lui. Questa sera parto alle ore 20»

«Un tempo io e la vittima eravamo molto amici e portavamo la divisa insieme. Poi lui mi tradì come fossi un cane. Oggi stava bene, e così la mia vendetta lo ha raggiunto. Spero che scoprirete il suo cadavere prima che diventi marcio. Leggendo con attenzione la lettera troverete con precisione dove è stato compiuto il mio delitto perfetto».

La lettera era firmata con uno strano pseudonimo, Diabolich.

Nel frattempo Mario Giliberti, un operaio ventisettenne della Fiat di Torino, risulta scomparso da diversi giorni.

I suoi responsabili e colleghi di lavoro sono preoccupati, così il 25 Febbraio uno dei suoi capi decide di andare a cercarlo nella sua abitazione. Giliberti viveva nel retrobottega di un negozio in disuso, nel quartiere della Vanghiglia, in Via Fontanesi 20.

L’uomo non immagina quello che si troverà davanti : il cadavere di Giliberti è riverso nel letto, ucciso da 18 coltellate, in mezzo ad un bagno di sangue.

Viene così avvertita la polizia. Dall’appartamento risultano sparite trentamila lire. Sul luogo viene anche rinvenuto un biglietto con scritto “La Polizia riuscirà a trovare l’Assassino?”

Appena comincia a circolare la notizia, alla sede della Stampa Sera viene automatico il collegamento con la lettera ricevuta.

Proprio in quella missiva l’assassino aveva evidenziato le ultime parole alla fine di ogni paragrafo, e unendole insieme si otteneva l’indicazione esatta del luogo dove venne rinvenuto il cadavere : Via Fontanesi 20.

Cominciano le indagini. L’ultima volta in cui Mario Giliberti era stato visto risale al 14 Febbraio. Aveva ordinato due tazze di caffè, le stesse tazze che verranno ritrovate nel suo appartamento.

Si arriva anche ad un altro importante elemento: nel 1957 venne pubblicato un romanzo dal titolo Uccidevano di Notte, nel quale si narra la storia di un assassino che dopo ogni delitto invia lettere di sfida agli inquirenti. Sempre nello stesso romanzo l’omicida si firma con uno pseudonimo inequivocabile: Diabolic.

Le analogie sono evidenti e appare dunque chiaro che il responsabile del delitto abbia tratto ispirazione dal libro uscito l’anno prima.

Le indagini proseguono e si comincia ad indagare tra le conoscenze della vittima.

A questo punto viene individuato un sospetto: Aldo Cugini, ventisette anni, residente a Bergamo.

Cugini è stato compagno di Giliberti durante il servizio militare e i due appaiono insieme in diverse foto. Esaminando poi la scrittura delle lettere di Diabolich sembra emergere una certa somiglianza con la sua calligrafia.

Il ragazzo viene così arrestato, e in molti sono convinti della sua colpevolezza.

Proprio in questo momento però Diabolich si rifà vivo, scardinando le certezze degli inquirenti con una nuova lettera anonima :

“Sono arrivato. Vi do la traccia. Cento Saluti e pazienza. DIABOLICH“

Appare chiaro che anche in questo caso viene fornito un indizio. Infatti unendo le parole evidenziate esce un indicazione geografica: Vicenza.

I periti dichiarano con certezza che si tratta della stessa calligrafia della missiva precedente. A questo punto la presunta colpevolezza di Aldo Cugini comincia a scricchiolare, e difatti verrà in seguito scarcerato, dopo quasi cinque mesi di detenzione.

C’è forse un’altra pista da seguire : risulta infatti che Giliberti e Cugini durante il servizio militare fossero sempre in compagnia anche di un terzo personaggio, con il quale avevano formato un bel rapporto. Si comincia a cercare in questa direzione, ma il nome di questa persona non salta fuori. La pista viene a questo punto abbandonata.

La città e in preda al panico, tutti temono che Diabolich possa ricominciare a colpire da un momento all’altro.

Il 16 Marzo arriva la sua ultima lettera:

“Il mio delitto non è un gioco da ripetersi”

L’assassino sembra voler garantire che non colpirà di nuovo. E infatti è proprio quello che succede: dopo questo evento non arriveranno più lettere.

L’anonimo omicida di Mario Giliberti non si farà più vivo, e non si riuscirà mai a risalire alla sua identità.

La vicenda ha influenzato talmente tanto l’opinione pubblica che nel 1962 le sorelle Giussani decidono di ispirarsi a questo evento per dare il nome al protagonista del loro fumetto, il celebre Diabolik.

Il caso rimane tutt’oggi avvolto dal mistero. Chi ha ucciso Mario Giliberti? Chi si nasconde dietro le lettere di Diabolich? Ancora oggi, come nel 1958, le risposte a queste domande rimangono aperte.

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