In 25 anni di attività, dal 1994, quando in quel di Pisa Andrea Appino decise di metter su un gruppo punk-rock, ad oggi, in cui la band, dal nome ispirato dagli album degli Husker Du, è una delle massime rappresentanze del miglior indie-rock italiano, gli Zen Circus si sono davvero rivoluzionati: a cominciare dalla formazione, la quale ha visto diversi cambiamenti e che ad oggi vede ancora Andrea Appino alla voce e alla chitarra, oltre che ai testi, Massimiliano “Ufo” Schiavelli al basso, Karim “Qqru” alla batteria e l’ultimo arrivato Francesco “Il maestro” Pellegrini alla chitarra; e poi il sound, evoluto dal primo grezzo punk fino ad un più modellato indie-rock alternativo che mantiene, con un collaudo più efficace, proprio quelle influenze punk-rock unite a ricorrenti elementi folk.
Ma, soprattutto, è cambiato il modo di scrivere: i primi album sono tutti in inglese, ma è proprio quando Appino comincia a scrivere in italiano che gli Zen cominciano a ricevere l’attenzione di critica e pubblico: in particolare dall’album Andate tutti affanculo (2009), la band crea quella forma di indie capace di abbracciare sonorità rock e folk e a mischiarle sapientemente a testi arrabbiati, sdegnati ed impegnati ad affrontare i temi dell’Italia contemporanea, in cui figura ricorrente è l’uomo che lotta contro la sua incapacità di stare a suo agio nella società, suggerendo sempre degli spunti riflessivi per analizzare i problemi d’integrazione di quelli che, come dice il titolo di un loro album, sembrano esser Nati per subire. Grazie a questi elementi, gli Zen Circus si sono affermati come gruppo che riesce a trasmettere ideali e quel pizzico di rabbia che va ad inneggiare le rivoluzioni personali che stanno alla base di ogni loro canzone.
Queste le canzoni indispensabili per (ri)scoprirli.
Vent’anni (da Villa inferno, 2008)
Fugace sguardo alla giovane generazione vista con gli occhi della maturità, capaci di svestire le illusioni e stupidaggini che durante i vent’anni sembravano, invece, ragione assoluta.
E credevo al momento come a babbo natale
Andate tutti affanculo (da Andate tutti affanculo, 2009)
La canzone che ha lanciato la band alle orecchie attente del pubblico e che è massima rappresentazione della critica degli Zen al tipico qualunquismo moderno, messo alla forca sotto un ritornello che, come contraddizione, suona allegro e spensierato.
Esser stronzi è dono di pochi, farlo apposta è roba da idioti
I qualunquisti (da Nati per subire, 2011)
Un brano che unisce ska, reggae e punk-rock, sulla base di un testo che analizza e fa a pezzi la mentalità consumista e, ancora una volta, qualunquista dell’italiano medio.
Pensa poco e ridi scemo che la vita è un baleno
Viva (da Canzoni contro la paura, 2014)
Appino se la prende un po’ con tutti: con le difficoltà di sopravvivenza, contro i facili populismi e perbenismi, con la tristezza, la politica, le parole sputate a caso, in un pessimismo mascherato da realismo in cui, alla fine, se la prende anche con sé stesso.
Viva la guerra, tanto vivi si muore
Ilenia (da La terza guerra mondiale, 2016)
Come dicono gli stessi Zen: Ilenia è una lettera (vera) fra noi Zen ed una giovane ragazza che cerca un posto dove stare nel suo tempo, nel suo corpo e fra i suoi simili. Una ragazza nella quale ci riconosciamo ed alla quale rispondiamo con il cuore in mano le poche cose che sappiamo di questo mondo impazzito.
La mia adolescenza è stata la prima a fuggire
Non voglio ballare (da La terza guerra mondiale, 2016)
Crisi esistenziale al sapore di necessità di una rivoluzione personale che passa tra le note di una ballata, ed un testo, tra i più amarcord della discografia della band.
La rivolta ormai è un fatto personale
L’anima non conta (da La terza guerra mondiale, 2016)
Raccontano gli stessi Appino e band: Suggestioni relazionali, presa di coscienza del fatto che bisogna tuffarsi da molto in alto ed essere pronti a nuotare a lungo, senza preoccuparsi troppo dell’anima. Per approfondire, c’è il nostro articolo dedicato.
Tu libera e felice vai, mi ritrovi dove sai
Catene (da Il fuoco in una stanza, 2018)
Appino su questo brano: Le catene che ci uniscono con persone e famigliari ma non soltanto: anche nella collettività vista dall’intimo. E’ un brano molto Zen. Video bellissimo pieno di citazioni: da Karma Police dei Radiohead al film A spasso con Daisy.
Se l’amore non so darlo, se non ne so parlare, dentro la chitarra l’ho provato a immaginare
Il fuoco in una stanza (da Il fuoco in una stanza, 2018)
La band su album e omonima canzone: Se nella celebre stanza di Gino Paoli si intravedeva il cielo, nelle stanze di questo disco si vedono fuochi più o meno benevoli, fiamme o veri e propri incendi di vita.
Non basta una città intera per sentirti meno sola
L’amore è una dittatura (da Vivi si muore 1999-2019, 2019)
Inedito della raccolta per il ventennale della band, portato a Sanremo con la partecipazione di Brunori SAS, detta dagli Zen è una canzone che racconta del mancato senso di comunità umana, una fotografia di quel che succede oggi in Italia, che cerca e parla di unione.
E speri ancora che qualcuno sia lì fuori ad aspettarti
Bonus track: Canta che ti passa (2019)
Singolo che incarna tante delle ideologie della band, spiegato da Appino : “Canta che ti passa” è una frase stupida. Che sia suonando, ballando, dipingendo o semplicemente vivendo non passa e non deve passare proprio niente. Tutto rimane e deve rimanere nel cuore, nel sangue e nella testa, per ricordarci quello che siamo: una bellissima inquietudine, per noi sinonimo di amore, vita ed imperfezione.
La verità è che non mi basta, lo voglio tutto questo dolore, che mi fa bene
Per conoscerli ed ascoltarli più a fondo, ecco una playlist temporale della loro longeva carriera.