Alla scoperta delle sette meraviglie del mondo moderno

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Dopo la trattazione delle sette meraviglie del mondo antico, è opportuno individuare le sette meraviglie del mondo moderno, evidenziando, in via preliminare, un aspetto indispensabile per chiarire qualsiasi tipo di equivoco. La classificazione di “meraviglia del mondo antico” o “del mondo moderno” si riferisce solo in parte al periodo in cui l’opera è stata compiuta, ma soprattutto all’epoca di attribuzione del titolo. Ci sono “meraviglie”, infatti, molto datate, che sono state ritenute tali soltanto in epoca recente.

L’iniziativa di stilare la lista delle sette meraviglie del mondo moderno è stata lanciata dallo svizzero-canadese Bernard Weber, durante le olimpiadi di Sidney del 2000, che propose un referendum mondiale via internet per eleggere le nuove meraviglie del mondo moderno. A partire dal 2004, durante le Olimpiadi di Atene, è cominciata la nuova fase dell’iniziativa, che si è conclusa il 24 dicembre 2005. Le prime 77 opere sono state vagliate da sette giudici internazionali (tra cui l’ex presidente dell’UNESCO Mayor), che il 1 gennaio 2006 hanno comunicato le 21 località finaliste. La scelta ufficiale delle sette meraviglie del mondo moderno è avvenuta a Lisbona il 7/7/2007, data altamente simbolica per la ricorsività del numero 7. Esse sono risultate, stilando un elenco in base alla presunta datazione dell’opera: Petra (Giordania); Grande Muraglia (Cina); Colosseo (Italia); Chichen-Itza (Messico); Machu Picchu (Perù); Taj-Mahal (India); Cristo Redentore (Brasile). È da notare come il Colosseo sia l’unica opera europea ad essere stata inserita nel prestigioso elenco, superando di poco la Torre di Pisa.

Cercheremo di descrivere sinteticamente i precitati capolavori, cominciando dall’opera più antica, la mitica città di Petra.


Petra

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La città di Petra (roccia, in lingua greca) si trova in Giordania, a 250 km dalla capitale Amman e, più precisamente, in una posizione impervia, tra le montagne ad est del Wadi Araba, la grande valle che si estende dal Mar Morto fino al golfo di Aqaba nel Mar Rosso. Molto suggestivo è il suo nome semitico, che è stato rinvenuto anche nei manoscritti di Qmran, “Reqem” o “Raqmu”, che vuol dire “la variopinta”.

Nell’antichità, Petra fu una città edomita e successivamente divenne la capitale dei Nabatei, che formavano un popolo di valenti guerrieri e di ottimi commercianti. La posizione strategica di Petra consentiva a questo popolo di mettere in comunicazione il sud della penisola arabica con il Mar Mediterraneo. La città, che era stata fiorente per secoli, fu abbandonata nell’VIII secolo d.C. a causa della decadenza dei commerci e per alcune catastrofi naturali, a parte l’insistenza di famiglie di beduini fino ad epoca recente.

Il complesso archeologico di Petra venne alla luce nel 1882, grazie all’avventuriero svizzero Barckerlt, ma il remoto passato di Petra è ancora avvolto dal mistero.

Alcuni ritrovamenti, nelle sue vicinanze, hanno evidenziato l’esistenza di insediamenti umani addirittura databili tra il X e l’VIII millennio a.C.. Secondo alcuni studiosi, i primi insediamenti, accertabili storicamente, da parte degli Edomiti, il popolo che, secondo la Bibbia, avrebbe ostacolato il passaggio di Mosè nel corso dell’Esodo, risalirebbero al VII sec. a.C.. Di seguito, i Nabatei vi si sarebbero stanziati a partire dal VI sec. a.C, anche se, per lungo tempo, Petra cadde sotto il dominio di Nabucodonosor II, re di Babilonia e poi di Ciro il grande, imperatore della Persia.

Petra si presenta come la “città rosa”, scolpita fiabescamente nella roccia. Di solito la si raggiunge alle prime luci dell’alba, il momento più suggestivo per il gioco di colori che si viene creare, per godere della splendida visione che si scorge alla fine del “siq”, la stretta gola lunga più di 4 km e fiancheggiata da ripide pareti rocciose alte circa 80 metri.

Al termine della gola, si staglia il celebre “Tesoro del faraone”, che, in realtà, è un nome di fantasia attribuito dai beduini, per rendere ancora più prestigiosa l’origine di quel sito incantevole.

La città, scolpita nella roccia, unica al mondo con tali caratteristiche, affascina per la singolarità della sua posizione, tra montagne, deserto e i misteri lasciati da antiche civiltà, ancora, in gran parte, da scoprire.


Grande Muraglia

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La Grande Muraglia cinese costituisce una lunghissima serie di mura, situata nell’odierno stato cinese. La costruzione iniziò nel 215 a.C. per volere dell’imperatore Quin Shin Huang, lo stesso sovrano che ideò il cosiddetto “esercito di terracotta”. La misura reale della Muraglia Cinese è stata sempre abbastanza controversa, in quanto, fino ad alcuni anni fa, si considerava di 6.350 km e di altezza variabile. Tuttavia, con alcune misurazioni sofisticate, effettuate a partire dal 2009, tramite raggi infrarossi e GPS, l’imponente cinta muraria risulterebbe lunga 8.850 km, addirittura circa 2500 in più rispetto a quelli stimati in precedenza. L’odierno appellativo di “Muraglia cinese” è stato attribuito dai viaggiatori europei nel XIX secolo. In cinese è conosciuta come “Changcheng” (lungo muro), denominazione che si era già diffusa nel I sec. a.C., con riferimento alle mura costruite dagli stati combattenti della dinastia Qin. A ciò si aggiunse l’aggettivo “wauli”, che significa “senza fine”. Ma l’intera espressione “Wauli Changcheng” non fu più usata dopo la caduta della dinastia Qin, perchè si riteneva che evocasse la tirannia di quei sovrani. Alcuni documenti storici la indicano come “frontiera”, “barriera”, “bastione” e, perfino, con un’immagine poetica “drago della terra”.

Lo scopo della Grande Muraglia, dopo l’unificazione del territorio cinese ad opera della dinastia Qin, fu quello di imporre il dominio centralizzato e di impedire il riemergere del potere dei signori feudali. L’immensa opera fu fortificata e potenziata sotto la dinastia Ming nel XIV sec., contribuendo, in seguito, a difendere l’impero dall’invasione del pericoloso popolo dei Manciù.

La Grande Muraglia è spesso indicata come l’unica opera umana visibile dallo spazio e, in particolare, dalla luna. Si tratta di un’affermazione molto suggestiva ma priva di riscontro effettivo, anche perché, essendo larga soltanto meno di dieci metri, è difficilmente distinguibile dall’occhio umano da distanze siderali. Alcuni astronauti hanno affermato di non aver mai notato la costruzione, se non utilizzando il telescopio. A tal proposito, è anche controversa l’ipotesi che la Grande Muraglia possa essere visibile dall’orbita terrestre bassa, cioè ad un’altitudine di minimo 160 km, così come sostenuto da alcuni autorevoli esponenti della NASA, ma soltanto in presenza di condizioni atmosferiche perfette.


Colosseo

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Il nome originario del Colosseo era “Amphitheatrum Flavium”, o semplicemente “Amphitehatrum”. Esso costituisce il più grande anfiteatro del mondo, edificato allo scopo di contenere un numero di spettatori tra le 70.000 e le 75.000 unità. È il monumento più imponente dell’antica Roma che sia arrivato ai nostri giorni, rappresentando, non solo la città di Roma nel mondo, ma l’Italia e l’intera civiltà europea.

La storia dell’anfiteatro comincia in epoca Flavia, in un’area al limite orientale del Foro romano, per iniziativa dell’imperatore Vespasiano nel 72 d.C., poi inaugurato da Tito nell’80, con numerose modificazioni volute successivamente da Domiziano nel 90. La struttura si presenta di forma ovale, con ben 527 metri di perimetro e con assi che misurano 187,5 e 156,5 metri. L’arena, al suo interno, si estende per 86*54 metri, arrivando a formare una superficie di quasi 3360 metri.

Il Colosseo rappresenta la sintesi delle concezioni architettoniche romane della prima età imperiale, che si ispirano soprattutto alla linea curva e avvolgente della pianta ovale, con archi e volte collegati serratamente fra loro.

La denominazione “Colosseo” si diffuse soltanto nel Medioevo, derivando dalla deformazione popolare dell’aggettivo latino “colosseum”, sia per la mole impressionante, sia per la vicinanza all’imponente statua di Nerone che sorgeva nei pressi dell’edificio. Pertanto, il Colosseo diventò il simbolo della città imperiale, di uno stile di vita dedicato allo svago e al divertimento del popolo. Infatti, l’arena anticamente era utilizzata per lo spettacolo dei gladiatori e per altre manifestazioni pubbliche, come ad esempio le rievocazioni di battaglie famose, spettacoli di caccia o per la rappresentazione di drammi basati sulla mitologia. Una certa tradizione, peraltro non ben documentata, rende il Colosseo anche sede del martirio di alcuni membri della primitiva comunità cristiana della città di Roma.


Chichen Itza

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Per vedere Chichen Itza bisogna spostarsi in Messico, nella regione storica dello Yucatan, dove una vegetazione lussureggiante ci parla della raffinata ed evoluta civiltà Maya.

Chichen Itza è senza dubbio uno dei siti archeologici più misteriosi e rinomati al mondo, testimonianza di inestimabile importanza dello stile di vita e del livello scientifico e culturale raggiunto dalla civiltà Maya. In realtà, si tratta di una vera e propria città che, secondo gli archeologi, fu fondata nell’epoca del nostro Medioevo, all’incirca verso il 600 d.C., in una zona altamente strategica per posizionare un insediamento umano, per la vicinanza di pozzi d’acqua naturali, tuttora meta di numerose visite turistiche, conosciuti con il nome di “cenotes”.

Come città importante e centro culturale dei Maya, Chichen-Itza rimase in auge fino al 1200 circa, quando cominciò la sua decadenza a causa di rivoluzioni interne. Il suo completo declino avvenne nel sedicesimo secolo, a causa delle occupazioni violente e sanguinarie dei popoli europei. Il sito rappresenta uno degli esempi di architettura maya meglio conservati dell’intera America centrale, offrendoci la possibilià di analizzare e conoscere le abitudini più importanti di quel popolo.

Notevole è il “campo di pelota”, il più grande ed imponente di tutto il Messico, dove si praticava uno sport antesignano del nostro calcio. Le partite duravano molto tempo e terminavano soltanto con la morte dei vinti. Ma l’edificio predominante è il cosiddetto “Castillo”, chiamato anche “piramide di Kukulcan”, che rappresenta un vero e proprio calendario, costituito da 91 gradini per ciascuno dei quattro lati, in aggiunta alla piattaforma in cima, con lo straordinario risutato di ottenere il numero di 365 elementi, un calcolo sicuramente non casuale.

Ammirando il “Castillo”, durante gli equinozi di primavera e di autunno, è possibile assistere al verificarsi di un particolarissimo fenomeno: sulla scalinata si forma un’ombra che ricorda il serpente piumato, una delle più antiche divinità mesoamericane. Come spiega il romanzo Le tenebre dell’anima (ed. Cavinato 2017), il serpente, come simbolo e mito gnostico, è presente in tutte le civiltà antiche.

Per i Maya, il serpente piumato era il mitico apportatore di civiltà, ma anche il primo maestro spirituale di conoscenza, che superava il peccato e trascendeva la materia, per ridiventare Luce. Non a caso il serpente, già in ambito greco-romano, era il simbolo dei curatori e dei medici, rivelando, con il recente progresso scientifico, la struttura ad elica del dna, l’essenza stessa della vita.

Chichen-Itza appare come un luogo mistico, capace di evocare quel senso di antico mistero e di futura ricerca, che potrebbe rivelare l’esistenza di una civiltà supermondiale, più remota di quelle storicamente accertate.


Machu Picchu

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Lo straordinario complesso monumentale del Machu Picchu (dai termini quechua “macchu”, che vuol dire “vecchio”, e “picchu”, che significa “montagna”) costituisce un importantissimo sito archeologico della civiltà Inca del Perù, situato ad un’altezza addirittura di circa 2430 metri sul livello del mare.

La località conserva le vestigia di un’antica ed affascinante città perduta, famosa sia per le sue imponenti ed enigmatiche forme, sia per la suggestiva vista sulla sottostante valle dell’Umbamba, circa 400 metri più in basso. Si tratta del sito archeologico più grande del mondo, dopo Pompei ed Ostia antica.

Le notizie più attendibili su Macchu Picchu risalgono alla metà del quindicesimo secolo, quando fiorì nel periodo di splendore dell’impero Inca. Si ritiene che la sua popolazione fosse mobile e che oscillasse tra i 300 e i 1000 abitanti, mentre la manodopera agricola era composta da coloni provenienti dai luoghi più disparati dell’impero. L’elitè dell’insediamento, probabilmente, era costituita dalla “panaca” del re Pechacotes, alla cui morte, come da tipica usanza della civiltà inca, le sue proprietà personali sarebbero state trasferite all’amministrazione della panaca, per destinare tutte le entrate al culto della mummia del defunto.

Durante la successiva occupazione spagnola, quel luogo incantato rimase disabitato e riscoperto soltanto alla fine del diciannovesimo secolo.

Il sito archeologico è davvero imponente, con un enorme muro che divide l’ampia zona urbana da quella agricola. I terrazzamenti appaiono simmetrici ed avveniristici, per l’epoca in cui erano stati formati, in quanto costituiti da materiale ben dosato, in grado di consentire numerosi tipi di coltivazione, con una tecnica di equilibrato e sapiente drenaggio dell’acqua.


Taj Mahal

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Il bianco e luminoso mausoleo Taj Mahal è un monumento fatto costruire nel 1632 dall’imperatore moghul Shah Jaha, in memoria della moglie preferita, Arjumand Bam Bajun.

La paternità dell’elaborazione del progetto è alquanto controversa, anche se generalmente si riconosce Ahmad Lahauri, come l’autore dell’opera. I lavori cominciarono nel 1632 e furono ultimati nel 1654, utilizzando materiali provenienti da ogni parte dell’India e dell’intera Asia. Si narra che furono impiegati 1000 tra elefanti e bufali, durante il trasporto delle materie prime. Il marmo bianco giunse dalla regione di Makrana, il diaspro dal Punjab, la giada e il cristallo dalla Cina, i turchesi dal Tibet, i lapislazzuli dall’Afghanistan, gli zaffiri dallo Sri Lanka e la corniola dall’Arabia. Si ritiene che furono incastonati ben 28 diversi tipi di pietre preziose e semi-preziose, nel marmo bianco che costituisce la struttura del Mausoleo, con un costo totale di circa 32 milioni di rupie. Il solo materiale locale, che fu adoperato nella costruzione del colossale monumento, fu l’arenaria rossa, che servì a decorare il marmo bianco del mausoleo.

La costruzione seguì uno schema logico: fu edificato prima il plinto, poi il vero e proprio mausoleo, quindi i minareti, la moschea ed infine il portale di ingresso.

Questo capolavoro, tuttavia, visse un periodo di decadenza, già appena dopo la costruzione, quando il gran mogol Shah Jahan fu deposto ed imprigionato dal figlio, che spostò la capitale a Delhi. I lavori di restauro cominciarono nel 1899, molto tempo dopo, e terminarono nel 1908.

Negli ultimi anni, il nemico più pericoloso del Taj Mahal è l’inquinamento, che sta rendendo giallo il candido marmo del complesso monumentale, richiedendo continui e costosi lavori di manutenzione.


Cristo Redentore

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La celebre ed imponente statua dedicata al “Cristo Redentore”, è ispirata allo stile “Art Decò” ed è situata sulla sommità della montagna del Corcarado, a 700 metri dal livello del mare, in una straordinaria posizione che domina la città di Rio de Janeiro. Si tratta di una statua veramente colossale, che misura 38 metri di altezza, dei quali ben 8 metri fanno parte del basamento. Per costruire il Redentore, tra il 1922 ed il 1931, destinato poi a diventare il simbolo della città di Rio e dell’intero Brasile, fu utilizzato sia il calcestruzzo che la pietra saponaria.

L’impressionante monumento fu progettato dallo scultore francese Paul Laudonski, mentre come supervisore fu scelto l’ingegnere brasiliano Hector de Silva Costa.

All’inizio si era pensato all’utilizzo dell’acciaio, ma l’ipotesi fu scartata, poiché tale materiale non si sarebbe adattato bene a formare una struttura a croce.  Al volto della statua si dedicò lo scultore romeno Gheorghe Leonida.

Il monumento, con una sontuosa cerimonia, fu inaugurato nel 1931, ma le sorprese non finirono qui. Nel 2009, in occasione del 78° anniversario della statua, l’arcivescovo di Rio de Janeiro consacrò una cappella sotto la base della statua, conferendo al luogo un carattere di spiritualità ancora più sacrale.

La posizione della statua è davvero suggestiva, come molto pittoresca è la linea ferroviaria che la collega alla metropoli. E’ possibile accedere al “Redentore” direttamente dal terminale della stazione ferroviaria, mediante tre ascensori panoramici e moderne scale mobili.

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Alla nostra breve dissertazione sulle sette meraviglie del mondo moderno aggiungiamo una curiosità che riguarda la Piramide di Cheope, che è la più datata delle sette meraviglie del mondo antico ed anche l’unica ancora intatta. Ebbene, arrivata in finale, anche tra le sette meraviglie del mondo moderno, si guadagnò il titolo di “meraviglia onoraria”, in quanto già insignita del titolo di meraviglia del mondo antico.

Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, tra le 77 finaliste, a parte il Colosseo, che risultò al quarto posto della classifica generale, la Torre pendente di Pisa si posizionò inizialmente al 7° posto, mentre il Palazzo ducale di Venezia al 26°. Nella classifica figurarono anche la basilica di San Pietro e la Cappella Sistina, rispettivamente al 61° ed al 69° posto, anche se giuridicamente situate, non in territorio italiano, ma in quello della Città del Vaticano.

Con ogni ragionevole probabilità, la Torre di Pisa non fu scelta dai sette giudici internazionali, altrimenti l’Italia avrebbe annoverato ben 2 meraviglie, nell’ottica di rendere più esteso ed universale il giudizio della commissione. Per l’ingiustizia arrecata al celebre monumento della città toscana, molti preferiscono parlare di “otto meraviglie del mondo moderno”, includendo appunto anche la Torre pendente.

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