L’esperimento della doppia fenditura: la spiegazione del paradosso della materia

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L’esperimento della doppia fenditura consiste in una serie di prove sperimentali eseguite dalla fisica moderna per verificare in campo empirico la natura della materia. In una delle sue varianti, è stato battezzato recentemente come “l’esperimento più bello mai stato eseguito in fisica”, per i risultati sorprendenti che ha fornito e per come sia stato in grado di mostrare gli effetti delle più complesse teorie quantistiche in modo visibile all’occhio della persona comune. È un campo di indagine parecchio complesso, che genera ancora dibattiti e necessità di verifiche nelle comunità scientifiche, in quanto presenta le caratteristiche tipiche della fisica quantistica: i risultati cambiano al cambiare delle condizioni di osservazione ed esecuzione dell’esperimento, spesso contraddicendo i risultati attesi.

Lo sfondo sul quale opera l’esperimento della doppia fenditura è il tentativo di dare una risposta definitiva a una delle domande più antiche della storia della fisica: la luce si comporta come onda o come insieme di particelle fisiche? È una domanda che, nel corso dei secoli, ha avuto diverse risposte da parte dei grandi scienziati della storia. Nel 1600 Newton teorizzò la natura corpuscolare della luce, teoria che fu valida fino ad inizio 1800. Poi venne l’esperimento di Young, nel 1801, il primo genitore dell’esperimento della doppia fenditura, e dimostrò l’esatto contrario, ossia che la luce si comporta come un’onda. Nel 1900, con Einstein e la teoria quantistica, arrivarono nuove contraddizioni e le teorie iniziarono a mostrare sia l’una che l’altra natura, ponendo le basi per quello che oggi è considerato il fondamentale dualismo onda-corpuscolo della luce, e per estensione di tutta la materia. L’esperimento della doppia fenditura, nelle sue ultime varianti eseguite lungo il ‘900, ha offerto la prova visibile di tale dualità, aprendo nuove domande su come è possibile spiegare la materia.

La storia dell’esperimento e di come si arriva alle sue ultime versioni può essere spiegata a stadi successivi. Esiste anche un video animato, divenuto molto popolare all’estero, che spiega in maniera affascinante come si arriva ai risultati differenti ogni volta che l’esperimento viene evoluto. Lo trovate qui sotto.

La fenditura è una fessura posta in un pannello, attraverso il quale viene fatto passare un flusso di particelle o un’onda, osservando poi il comportamento del soggetto osservato. Un secondo pannello posto dopo il primo raccoglie l’informazione su come si accumulano le onde o le particelle una volta oltrepassata la fenditura. Nel caso della doppia fenditura, le fessure sul primo pannello sono due, una parallela all’altra. A seconda che quel che passa attraverso la fenditura sia particella o onda, la distribuzione sul secondo pannello varia secondo un pattern ben preciso.

Se si parla di corpuscoli, quel che accade è che le particelle si accumulano sul secondo pannello disegnando una forma simile alla fessura – o alle due fessure – da cui sono passate. Questo è mostrato in maniera chiara nel video animato da 00:17 a 00:40. Il risultato è intuitivo, e lo si può immaginare pensando di sparare dei proiettili attraverso una o due fessure. Il risultato è quello delle immagini sottostanti: la distribuzione segue la forma delle fessure e non è uniforme, ma presenta punti singoli di impatto dovuto all’arrivo delle singole particelle sul secondo pannello.

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Particelle attraverso la doppia fenditura

Se invece a passare attraverso la fessura è un’onda, il secondo pannello mostra una distribuzione più uniforme ed estesa, in quanto l’onda si propaga a partire dalla fessura in più direzioni, con intensità diverse. In particolare, se la fessura è singola, l’impatto dell’onda sul secondo pannello segue una distribuzione uniforme con un’intensità che è maggiore nell’area corrispondente alla fessura, e poi si va attenuando man mano che ci si allontana da quest’area. La cosa è mostrata nel video sopra da 00:40 a 1:00, e nella figura qui sotto: il secondo pannello mostra un’area più luminosa in corrispondenza della fessura, ma l’effetto delle onde che si propagano dalla fessura arriva anche più lontano dall’area centrale, in intensità minore. È così che si comporta un’onda che passa attraverso una fessura.

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Nel caso in cui le fessure siano due, l’onda passa attraverso entrambe le fessure contemporaneamente, cosa che in caso di particelle è impossibile (ogni particella passerà solo attraverso una delle fessure). A partire da ogni fessura l’onda si estenderà in ogni direzione, e in questo modo al secondo pannello arrivano due distribuzioni ondulatorie che fanno interferenza l’una con l’altra. L’effetto sul secondo pannello sarà dunque una distribuzione alternata tra aree in cui entrambe le onde arrivano in ampiezza massima e aree in cui l’effetto opposto delle due onde si annulla a vicenda. La cosa è mostrata nel video tra 01:05 e 1:30 e nella gif qui sotto: questo è il comportamento di un’onda che passa attraverso due fessure. Ed è esattamente l’esperimento di Young del 1801,  che verificò che facendo passare un fascio di luce attraverso due fessure, si ottiene una distribuzione ondulatoria.

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Nel corso del ventesimo secolo, tale esperimento è stato applicato a un’unità di misura infinitamente più piccola, che rientra nel campo della meccanica quantistica. Ad essere fatto passare attraverso una o due fessure sono stati fasci di elettroni o fotoni, particelle infinitamente piccole di cui sono formate la materia e la luce, con l’obiettivo di verificare se il comportamento della materia e della luce segue quello dell’onda o quello dei corpuscoli (uno dei grandi dubbi messi in contraddizione da Einstein e dalla fisica quantistica). Applicando un fascio di tali particelle lungo una fenditura singola, si è verificata una distribuzione identica a quella delle particelle, lasciando supporre che le particelle (anche quelle piccolissime) si comportino appunto da particelle fisiche. La cosa è mostrata nel video all’inizio da 2:00 a 2:13. E ovviamente lascerebbe supporre che, se ripetuto con due fenditure, il risultato copierebbe quello delle particelle anche in quel caso.

Sparando invece un fascio di elettroni attraverso la doppia fenditura, si verifica un fenomeno del tutto nuovo: la distribuzione non è uniforme ma presenta puntini di concentrazione, come farebbe l’effetto di particelle che arrivano a destinazione sul secondo pannello; nello stesso tempo, però, la distribuzione mostra una concentrazione maggiore o minore seguendo il pattern di distribuzione delle onde, come se le particelle alla fine seguissero una distribuzione di natura ondulatoria. Viene così provata in maniera sperimentale la dualità onda-corpuscolo della materia, ossia la constatazione empirica che a volte la materia si comporta da particella, altre volte da onda. Il video mostra tale risultato da 02:15 a 02:45, con la sorpresa simulata dal simpatico professore animato: com’è possibile che delle particelle (dunque materia) mostrino un pattern di interferenza ondulatorio?

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Elettroni attraverso la doppia fenditura

Potevano esserci due spiegazioni possibili: la prima è dare ragione ad Einstein e convincersi che la massa è energia, che la materia sia onda. O forse poteva esserci una spiegazione più semplice: le varie particelle, sparate insieme nello stesso fascio, potevano scontrarsi l’una con l’altra variando la direzione, e in tal modo formare una distribuzione ondulatoria per ragioni squisitamente fisiche (ossia dovute allo scontro materiale tra particelle).

Dal cercare di dimostrare se la seconda spiegazione poteva essere valida nasce la versione dell’esperimento della doppia fenditura divenuta famosa come l’esperimento più affascinante mai fatto. Ed è stato fatto per la prima volta in Italia, nel 1974 da un team di scienziati del’Università di Bologna composto da Pier Giorgio Merli, Gianfranco Missiroli e Giulio Pozzi. Il modo per dimostrare se c’era davvero scontro tra gli elettroni era semplicissimo: avrebbero mandato un solo elettrone per volta, senza possibilità che ci fosse scontro, e avrebbero monitorato la distribuzione sul secondo panello (una lastra fotografica) a lungo termine.

Il risultato mostrò la ragionevolezza delle teorie di Einstein e quantistiche: anche mandando un solo elettrone per volta, la distribuzione dei punti di impatto seguiva la distribuzione ondulatoria. La materia aveva dunque un comportamento sia da particella che da onda, che non poteva essere spiegato da leggi fisiche classiche. Il cosiddetto esperimento della doppia fenditura a elettrone singolo aveva dimostrato la validità pratica della teoria quantistica applicata alla materia.

Il passo successivo nel metodo scientifico era chiedersi cosa stava davvero succedendo. La differenza sostanziale tra onda e corpuscolo in questo esperimento è che il corpuscolo singolo passa attraverso una e una sola fenditura, mentre l’onda si propaga attraverso entrambe le fenditure contemporaneamente. Nel caso del singolo elettrone, dunque, la vera domanda è: l’elettrone, entità inseparabile, passa attraverso una sola fenditura, o in qualche modo passa “attraverso entrambe” replicando così il comportamento delle onde? È questo uno dei paradossi più affascinanti della meccanica quantistica, ossia il fatto che determinati comportamenti non possano essere spiegati secondo le regole fisiche classiche che siamo abituati ad osservare ad occhio nudo.

Anche questo poteva essere sperimentato. O quantomeno “osservato”: applicando un potente rilevatore alle fessure e sparando nuovamente gli elettroni attraverso la doppia fenditura, era possibile verificare se il singolo elettrone passava da una sola fenditura o (in qualche modo) da entrambe. È questo il principio dietro al cosiddetto esperimento “which way” (“quale via”), che puntava esattamente a scoprire da quale fenditura passasse ogni singolo elettrone. L’esecuzione di quest’esperimento mostra un risultato-shock per le menti non abituate ad avere a che fare con la meccanica quantistica: usando i rilevatori, è possibile scoprire in maniera univoca attraverso quale fessura passa ogni elettrone. Ma nel momento in cui vengono usati i rilevatori, osservando il comportamento dell’elettrone, l’elettrone perde la sua natura ondulatoria: l’esperimento “which way” mostra una distribuzione degli elettroni come se fossero normali particelle. Ed è eseguito nella stessa, identica maniera a quello del team italiano a elettrone singolo. L’unica differenza era la presenza di un dispositivo di osservazione. Come se l’elettrone, una volta che viene osservato, decidesse spontaneamente di cambiare la propria natura. Come se lo stesso atto di osservare la materia cambiasse la materia stessa. È quanto viene mostrato nella parte finale del video all’inizio, da 03:45 a 4:45.

Quella dell’impatto del processo di osservazione e misurazione sui comportamenti del mondo è uno dei punti fondamentali della meccanica quantistica, riassumibile nel noto principio di indeterminazione di Heisenberg (sì, lo stesso che da il nickname a Walter White in Breaking Bad): non è possibile misurare con precisione data tutte le proprietà della materia contemporaneamente. Quanto più precisamente si misura una variabile (ad esempio la posizione), quanto più indefinita diventa la misura di altre variabili (ad esempio la direzione o la velocità). È esattamente quel che succede nell’esperimento “which way”: la stessa misurazione della posizione dell’elettrone ha reso impossibile per l’osservatore misurarne la natura ondulatoria, che era l’oggetto iniziale dell’esperimento stesso.

Le implicazioni dell’esperimento della doppia fenditura sono ancora in discussione. Secondo una teoria più recente, la distribuzione ondulatoria degli elettroni singoli può, ad esempio, essere spiegata col concetto innovativo di entanglement, ossia un legame che resta tra particelle simili provenienti dallo stesso ambiente anche una volta separate, una sorta di “memoria collettiva” della propria natura che le particelle conservano e replicano anche quando vengono osservate separatamente.

Il fisico teorico statunitense Richard Feynman descrisse le implicazioni complete dell’esperimento della doppia fenditura con le seguenti parole, divenute celebri:

“È un fenomeno che è impossibile, assolutamente impossibile spiegare in modo classico e che sta al cuore della meccanica quantistica. In realtà contiene l’unico mistero. Non possiamo eliminare il mistero raccontando come l’esperimento funziona. Nel raccontarvelo dovremmo raccontarvi le caratteristiche fondamentali di tutta la meccanica quantistica”

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