Wim Wenders: lo sguardo oltre

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Il cinema, lavorando per immagini, ha a che fare con quell’esperienza diretta che facciamo quotidianamente; quella attraverso la quale facciamo la conoscenza del mondo, grazie alla quale ci emozioniamo: e cioè lo sguardo. E questo è ciò che effettivamente si presuppone di fare il regista: emozionare attraverso lo sguardo.

Quello di Wenders è un cinema “sperimentale” che mette al centro del suo discorso lo sguardo, o meglio il vedere; oltre l’occhio, oltre la materia, oltre tutto.

Il cineasta tedesco ha sempre amato lavorare su tre diversi medium: cinema, video e fotografia; la sua è infatti una continua sperimentazione, anzitutto dal punto di vista narrativo, perché la sua opera evade dalle regole base del racconto, adottando invece delle soluzioni non lineari e mostrando particolarità stilistiche tutte personali; un autore ispirato alla poesia degli occhi e alla melodia del discorso.

Possiamo affermare quindi che quello di Wenders è un modo di “vedere” che, con la sua saggezza, creatività e sensibilità, ha trasceso i confini del linguaggio e anche della nazionalità. Il tipo stesso di ripresa rispecchia questa visione: riprese per lo più frontali o laterali ad angolo retto, la macchina quasi sempre ferma, con nessun primo piano stretto. Ciò ci restituisce uno sguardo “raffreddato”, un po’ come in Antonioni, e in questa visione cose e persone vengono distanziate, allontanate, vengono lasciate nel loro spazio, rendendole entità figurali straniate, in cui è difficile identificarsi. Ciò di conseguenza fa abbassare la soglia di intensità, permettendo un pensiero per immagini, cioè senza il disturbo delle eccitazioni spettacolari. Il nostro guardare non è concentrato sulla trama, ma sul tempo che passa mentre guardiamo.

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Campino in Palermo Shooting (2008)

Basta prendere, a mo’ di esempio, il film Palermo shooting: in una sequenza posta all’inizio del film, Finn guarda l’alba dal riquadro della finestra, da spettatore, come se fosse una barriera che allontana il personaggio dal mondo circostante; la finestra raddoppia i bordi, le cornici delle immagini, dando un effetto di insormontabilità.

Sembra che il cineasta abbia voglia di dire cose importanti che non possano trascendere il suo amore per il cinema e per le immagini. Perfino nel dialogo tra il protagonista e la Morte, viene dichiarato apertamente l’amore per il cinema; più esattamente, per la natura del cinema, quella dell’immagine come “impressione”, come “sindone”. Non è un caso che i titoli di testa e di coda siano impressi sul negativo di una pellicola.

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