Trans-Europe Express, la mirabile parabola aggregante dei Kraftwerk

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Su quella straordinaria parentesi creativa che i Kraftwerk hanno avuto a metà anni ’70, quando diedero vita ai quattro dischi più acclamati della loro carriera, sono state fatte innumerevoli discettazioni e non di rado ci si è ritrovati a dover scegliere un rappresentare esemplare tra i quattro capolavori di quegli anni, quella serie iniziata con Autobahn e conclusa con The Man-Machine. Trans-Europe Express è stato spesso indicato come il candidato perfetto a riassumere l’apice creativo di quei tempi. Forse per quel suo restare perfettamente in equilibrio tra le due anime sonore emerse in quella mirabile sequenza, quella della struttura estremo-minimalista da cui è partita la produzione elettronica di Autobahn, e quella arricchita dello spirito seminale del technopop che è poi esplosa con The Man-Machine. Trans-Europe Express stava in mezzo, e ne offriva una sintesi così precisa da irrompere frequentemente in cima alle preferenze di critica e pubblico.

Tutti e quattro i dischi rappresentavano la loro assoluta devozione ai principi del futurismo. La macchina, il progresso, la tecnologia erano le nuove divinità da celebrare, portatori di novità, di necessari cambiamenti in uno scenario musicale che non poteva più fare a meno di muoversi. Ognuno di quegli album rappresentava una celebrazione. L’identificazione con i simboli della modernità: prima l’automobile e l’autostrada, affascinante distesa di cemento che tagliava a metà i campi verdi introducendo la velocità al mondo che la aspettava; poi le onde elettromagnetiche, fautrici definitive della comunicazione globale e portatrici indispensabili di idee e teorie propositive, impregnate di ottimismo a patto di tenere sotto controllo la loro Radioactivity; infine, saltando uno step che approfondiremo tra un istante, il robot, l’osmosi estrema tra uomo e macchina, l’essere perfetto, ideato e generato per soddisfare i bisogni e i desideri del mondo. Il passo successivo sarebbe stato l’amore per il computer, ma siamo già nella dimensione post-.

Il Trans-Europe Express è il mezzo capace di collegare l’Europa da un lato all’altro. È dunque prima di tutto simbolo di velocità e connessione, fantastico strumento nato per tenere uniti gli individui e raggiungere posti capaci di nuovi insegnamenti nei tempi più brevi. Ma non solo: il luogo è l’Europa, vera e propria terra promessa dei Kraftwerk, il fascino della “elegance and decadence”, la storia delle infinite ispirazioni che il vecchio continente ha da offrire. È l’identità finale a cui assurgere. Il singolo individuo concretizza la sua massima aspirazione nella sua appartenenza alla maestosità del continente esteso. Europe Endless sarà infatti il brano più positivo di quell’album, un crescendo di ottimismo che accoglie la rinuncia delle individualità singole e nazionali a favore del sogno paneuropeista.

Nel clangore ripetuto di quelle rotaie c’era il sogno dell’elevazione del singolo, nei loop elettronici di quei sintetizzatori c’era la gloria e la sacralità del passaggio. Un messaggio di unione e integrazione purificato da qualsiasi interesse di parte, lontano da ogni teoria politica, economica e sociale. Il futurismo è anche questo: necessità ineluttabile di arricchire la dimensione umana con l’elemento sovrumano. Dio è stato macchina, è stato onda e sarà automa. In quel momento il carattere divino era nel territorio illimitato. E il Trans-Europe Express era la strada per il paradiso.

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