The XX, il compromesso è necessario (e il dibattito inevitabile)

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Houston, abbiamo un problema. Gli XX sono tornati, l’album è il terzo, gli anni sono passati e la formula, per quanto vincente, va obbligatoriamente evoluta. Ma loro sono sempre gli XX e non possono di certo rivoluzionare ciò che ha decretato il loro successo e la loro identità. La cosa va fatta, sì, ma in maniera più sottile, cercando di accontentare gli uni (quelli della vecchia guardia che li seguono dal primo, decisivo album) e gli altri (i nuovi ascoltatori e i sostenitori distaccati il giusto, che dopo cinque anni e passa in cui quel sound rarefatto e introspettivo ha prosperato, ora magari cercano il passo successivo). Come dite? Due piedi in una scarpa? Sì, è esattamente questo il dibattito che si è scatenato, da questa e da quell’altra parte dei confini nazionali. Ed è un dibattito accesissimo.

E state attenti, non è un dibattito onesto e rispettoso tra ascoltatori con gusti diversi, che si espongono l’un l’altro le proprie legittime opinioni. È un contrasto ben più accanito e cattivo. Perché coinvolge i fan. I fan degli XX, poi, che da Pitchfork a scendere fino a tutte le webzine hipster venute fuori in questi anni si sono moltiplicati come conigli. E i fan, si sa, non vogliono sentire ragioni. Quindi se arriva un ascoltatore normale (dove per normale si intende uno per cui il legame, il rispetto e l’apprezzamento per gli XX non erano arrivati a livelli di guardia tali da annebbiarne le capacità di giudizio) e dice che I See You, il terzo album degli XX, è disco carino ma nulla più, o peggio ancora se afferma che poco o nulla aggiunge a ciò che i tre di Wansworth avevano detto in passato… beh, apriti cielo. Come minimo sei uno che di musica non capisce nulla, presumibilmente un hater, di sicuro hai la mamma dagli hobby particolari che includono prestazioni sessuali. Magari gratuite.

Tranquilli, non è qualcosa che succede solo nell’ipercritico mondo dei social italiani, dove se pure pubblichi la foto della neve gli utenti se ne escono con un panegirico sulla banalità dilagante che quasi pensi a rimuovere l’account. Questo tipo di dibattito succede anche all’estero, e anche in certi salotti d’élite del giornalismo musicale. Per cui ne viene fuori un Pitchfork che si sbrodola in circonvoluzioni oniriche su come la musica “sappia prendersi un momento prima di prendere ritmo, lasciando che la memoria dell’ascoltatore riempia gli spazi bianchi prima che la canzone cambi passo” (8.4, Best New Music, chettelodicoafare) e dall’altro lato uno Stereogum che, per quanto in maniera rispettosa, te lo dice e te lo ribadisce pure: gli XX sono diventati i Chainsmokers. I nuovi alfieri della house-pop melodica per un pubblico wannabe raffinato.

E il motivo è solo uno: l’ultimo album degli XX è il disco perfetto perché faccia scaturire un dibattito del genere. Perché da un lato è sufficientemente simile ai precedenti da permettere di affermare che, insomma, se conosci i loro album precedenti non hai esattamente un bisogno impellente di amare anche questo (A Violent Noise, la canzone che sta spopolando di più nei forum dedicati, non si è mossa di una virgola dalle tracce del disco del 2009), mentre dall’altro ha cercato di riaggiornare il sound su frequenze più appetibili al pubblico moderno, in un modo che non è compatibile al 100% con lo stile XX (la tanto discussa traccia di apertura Dangerous è una mossa da furbetti per accalappiare i giovani d’oggi, e chi dice che sia figlia del Jamie XX di In Colour per primo commette peccato di forzatura, e per secondo dimentica che gli XX hanno una precisa identità che viene da atmosfere sognanti ed essenziali, e le trombe post-EDM con tutto ciò non c’entrano nulla).

Per cui unitevi anche voi, fate pure dibattito, contestate, indignatevi, aggredite se è il caso. Ma siatene coscienti: se siete fan, l’album lo adorerete perché dà conferme ma anche apprezzati stimoli di cambiamento. Mentre se fan non lo siete, unitevi al club: il disco degli XX è un ascolto cordiale che può dare sensazioni piacevoli, ma suona molto come un compromesso poco disinvolto tra il necessario tentativo di cambiare direzione coinvolgendo un nuovo pubblico e la necessaria priorità di non spostare troppo il proprio asse per non confondere i fedeli. E i compromessi, si sa, non sono la premessa ideale di un prodotto artistico.

Il nuovo album degli XX, I See You, è in streaming integrale su Spotify, qui sotto. Ascoltatelo responsabilmente.

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