Album: Shit Robot – What Follows

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Avete presente quei ragazzini cocciuti che non si fanno dare consigli da nessuno e puntualmente fanno il contrario di ciò che gli dicono i genitori? Shit Robot è esattamente così. Magari se glielo chiedete, vi risponderà con toni da adulto tipo “è l’ispirazione artistica che mi guida e sacrifico tutto ad essa“, e magari una risposta così piacerebbe un sacco alla stampa. La realtà però è che le espressioni stilistiche del cavallo di razza di casa DFA, disco dopo disco, contestualizzate nel momento in cui vengono fuori, sembrano un continuo capriccio personale.

Per anni ha insistito con quello stile electro-disco ben assortito dalle componenti vocali delle cantanti coinvolte, facendo dischi pieni di collaborazioni anche quando l’hype intorno alla DFA andava scemando e in realtà sarebbe servito un colpo d’autorevolezza. Ora che invece le espressioni elettroniche pop-oriented si vanno moltiplicando e potrebbero avere un bacino d’utenza fertile, lui fa dietrofront e si butta sulle macchine analogiche per creare un disco fatto di loop prossimi alla cosmic disco. Un bambino cocciuto ripiegato esclusivamente sul proprio istinto e incurante di tutto il resto. E meno male che almeno i singoli funzionano, tipo quel bel lavoretto pop con Alexis Taylor degli Hot Chip che sentite qui sopra. Ma è un’eccezione. Il disco gira su altre velocità. Non delude ma nemmeno spicca. E l’orientamento al pubblico è prossimo allo zero, come capita coi lavori dei giocatori solisti.

6 / 10

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