Album: Baauer – Aa

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Tutto ma proprio tutto lo spirito guida del primo album di Baauer si spiega con queste sue dichiarazioni recenti circa un certo pezzo uscito anni prima, che ha segnato fortemente la sua crescita artistica: già, perché come largamente prevedibile, l’esplosione virale dell’Harlem Shake che abbiamo vissuto nel 2013 gli ha dato l’orticaria, e possiamo immaginarcelo ripetere scocciato tra sé e sé “questo non è il mio meglio, ho decine di altre tracce che meriterebbero più attenzione di quella“. E quindi è naturale ritrovarcelo nell’ultimo album con tutte le buone intenzioni di mostrare la sua intelligenza di producer, facendo tracce che sono sí orientate al eccitazione giovane, ma senza eccessi. Tutto gestito col dovuto controllo. E col contributo di gente come Novelist, Rustie, Future e M.I.A. ad ampliare lo spettro d’ascolto.

 

Alla fine il disco è bello e dignitoso, i pezzi esaltano ma mostrano anche autorevolezza e magari, chissà, adesso qualcuno considererà Baauer un produttore serio come può esserlo un Hudson Mohawke o un Flume. Perché in fondo è vero, tra lui e gli altri non c’è grosso divario in termini di fantasia e appeal, e se questa fastidiosa etichetta di artista web per bangers da adolescenti è tutta dovuta a quanto successo nel 2013 (che insomma, non è nemmeno colpa sua), beh, allora un album così va spinto un pizzico più del necessario. Quello sopra è il singolo uscito questa settimana e con l’Harlem Shake non ha proprio nulla a che fare. Tanto per essere chiari.

7 / 10

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