Panopticom di Peter Gabriel: un brano che chiede coscienza

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Diciamocela tutta, spesso gli artisti ci hanno deluso, ma anche abituato bene con album capaci di andare Oltre ogni nostra immaginazione. Sicché quando Peter Gabriel ritorna con un nuovo singolo, “Panopticom”  la prima anticipazione di I/O, il suo primo album d’inediti dopo Up uscito ventuno anni fa, le aspettative sono alte, altissime, per l’appunto oltre ogni immaginazione.

Sarebbe meglio non averle, ma inevitabilmente -chi più chi meno- ci caschiamo tutti, ma è controproducente e poi, già una canzone nota non si finisce mai di scoprirla, figuriamoci una appena uscita, come “Panopticom” di Peter Gabriel.

Dal dizionario online della Treccani:

panòttico2 s. m. e agg. [dall’ingl. panopticon, comp. di pan- e del gr. ὀπτικός «visivo»] (pl. m. -ci). – In architettura, tipo di edificio adibito a carcere (ideato dal filosofo e giurista ingl. J. Bentham alla fine del sec. 18°), di forma circolare, con un vano centrale che prende luce dal tetto in vetro e dal quale è possibile controllare tutte le celle, disposte lungo il perimetro.

“Basta allora mettere un sorvegliante nella torre centrale… Per effetto del controluce, si possono cogliere dalla torre, ben stagliate, le piccole silhouettes prigioniere nelle celle della periferia. Tante gabbie, altrettanti piccoli teatri, in cui ogni attore è solo, perfettamente individuabile e costantemente visibile”.

Michel Focault “Sorvegliare e punire”.

“La prima canzone dell’album è costruita su un’idea alla quale sto lavorando: l’inizio della creazione di un globo di dati accessibili infinitamente espandibile, il Panopticom. Stiamo cominciando a mettere in connessione un gruppo di persone con la stessa idea che potrebbero riuscire a realizzarlo, per permettere alla gente del mondo di avere una maggiore autocoscienza e capire meglio ciò che sta davvero accadendo”.

Panopticom (Bright Side Mix)

Sono passati 42 anni dalla pubblicazione di “Wallflower”, e dai carcerati rinchiusi in celle “six by six” ma la sensibilità di Gabriel di fronte ai più deboli è sempre la stessa, ché in questo caso i detenuti costantemente sorvegliati, -senza averne le prove di questo occhio che ci sta guardando- siamo tutti noi.

Il concept dietro al suo comeback single è notevole, ci ricorda come siamo nel mezzo della mareggiata, ma  ciò nonostante la speranza di uscirne prima che sia troppo tardi, c’è.

A proposito di maree, Peter Gabriel pubblicherà i brani di I/O ogni giorno di luna piena, poi come scritto sul suo sito seguiranno ulteriori dettagli sulla release dell’album.

Lo stesso è accaduto per “Panopticom” pubblicata il 6 gennaio e come dicevo all’inizio del mio pezzo, forse l’abbiamo atteso con troppe aspettative, ma quando ti chiami Peter Gabriel, hai fondato i Genesis, hai realizzato album al di là di ogni immaginazione, tutto questo è prevedibile.

Anche “Panopticom” è prevedibile, ma non nell’accezione negativa del termine, è un brano “semplice”, anche se per arrivare a questo tipo di levigatezza ci vuole tanto lavoro.

Peter si è avvalso dei suoi collaboratori più fidati: on the drums Manu Katché, on the bass guitar Mr Tony Levin, on the guitar David Rhodes, Brian Eno alla zona synth/elettronica e infine ai cori Ríoghnach Connolly dei The Breath.

Musicalmente riflette il testo, nella strofa c’è quell’oscurità -cara ad “Up” e “Darkness” che si sta addensando come un cumulo di nembi e la voce di Peter, poi il ritornello arioso, la sezione ritmica -inconfondibile- di Katché/Levin e le chitarre acustiche e chirurgice di David Rhodes spazzano via ogni nube.

E così via discorrendo ma crescendo di intensità ed ampliando la tavolozza dei suoni elettronici utilizzati da Eno.

No, Panopticom, scritta e prodotta da Peter Gabriel, registrata ai “Real World studios” di Bath e ai “The Beehive” non ha niente di eclatante, ma realizzare una canzone del genere: leggera, senza essere pietrificata dall’argomento trattato, non è da tutti e in questo senso Italo Calvino ne sapeva qualcosa.

Stavolta Peter non ha avuto bisogno di andare “oltre le colonne d’Ercole”, ci è andato comunque con “Panopticom” che richiede qualcosa di cui non “vogliamo avere più nulla a che fare”: tempo.